La
sera del 20 luglio di 40 anni fa, il più grande attore di arti marziali di
sempre morì per una reazione allergica
La sera del 20 luglio
1973, intorno alle 7.30, Bruce Lee morì nel sonno per una reazione allergica a
un farmaco analgesico. Aveva 32 anni. Era stato un attore e un maestro di arti
marziali e, in poche parole, con cinque film e una serie televisiva contribuì a
portare la moda delle arti marziali in Occidente: nel 1999 TIME lo proclamò una delle
persone più influenti del Ventesimo secolo.
Lee nacque con il nome di Lee
Jun Fan il 27 novembre del 1940 nella Chinatown di San Francisco, ma i suoi
genitori si trasferirono ad Hong Kong, all’epoca un territorio controllato dal
Regno Unito, quando aveva appena tre mesi. Il padre di Lee era un attore
d’opera cantonese e dopo la guerra divenne molto famoso ad Hong Kong. Grazie al
padre, Lee cominciò a recitare molto giovane: girò il suo primo film a 11 anni.
A diciott’anni, quando la famiglia lo mandò negli Stati Uniti a studiare –
anche perché aveva la pessima abitudine di finire spesso in mezzo a risse di
strada – aveva già girato una ventina di film ad Hong Kong.
Negli Stati Uniti Lee abbandonò
temporaneamente la carriera di attore, ma praticò molto le arti marziali. La
sua prima formazione, in Cina, era stata nell’arte marziale del Wing Chun,
nella scuola fondata dal leggendario maestro Yip Man – negli ultimi anni sono
stati girati in Cina cinque film biografici su di lui – ma nel corso del tempo
preferì non rimanere legato a una sola arte marziale e unì diverse tecniche in
una disciplina di sua invenzione, il Jeet Kune Do (“la via che intercetta il
pugno”). La disciplina univa tecniche di combattimento a una precisa filosofia
di vita, che lo stesso Lee espose in diverse occasioni.
Dopo aver lavorato come
cameriere a Seattle e aver studiato alla University of Washington nella città,
si trasferì in California dove cominciò ad insegnare arti marziali. Esistono
diversi racconti e aneddoti su questo periodo, molti dei quali probabilmente
apocrifi. Ad esempio, si racconta che la comunità cinese californiana gli
intimò di smettere di insegnare i segreti delle arti marziali agli occidentali.
Lee rifiutò e così venne sfidato da un altro maestro di kung fu che Lee,
secondo il racconto, batté facilmente dopo tre minuti.
Lee era effettivamente molto
abile, veloce e forte: il suo straordinario atletismo è uno dei motivi del suo
successo. Era in grado di compiere acrobazie spericolate – tra cui i suoi
famosi calci volanti – e a differenza di molti altri praticanti di arti marziali
curava molto la sua forma fisica. Seguiva diete particolari e praticava il body
building. Negli anni ’60 si fece notare nel corso di diversi campionati di arti
marziali: oltre che per il suo stile, anche per i suoi modi da sbruffone.
Durante gli scontri derideva l’avversario, lo provocava o gli girava di
proposito le spalle.
Nel 1964 venne notato da un
produttore durante un campionato internazionale di karate a Long Beach, in
California. Dopo una serie di provini, Lee venne scelto per interpretare Kato,
l’autista e guardia del corpo nella serie Il Calabrone Verde (il
protagonista è un celebre giustiziere su cui è stato girato un film anche nel
2011). Grazie al successo della serie, Lee viene scelto per interpretare un
ruolo simile a quello di Kato nel film L’investigatore Marlowe del 1969. Dopo qualche altra apparizione in
televisione, Lee decise di accettare le offerte per tornare a Hong Kong, visto
quanto era difficile per un cinese ottenere un ruolo che non fosse quello
dell’autista o del servitore: mentre nel suo paese d’origine era già una star,
grazie all’arrivo in televisione del Calabrone verde.
Nel 1971 Lee era uno degli attori
più famosi di Hong Kong e della sua movimentata scena di cinema d’azione: Il
Calabrone Verde veniva trasmesso con il titolo The Kato Show.
Girò in due anni tre film da protagonista, che vennero esportati in tutto il
mondo. Il terzo, L’urlo di Chen terrorizza anche l’occidente – uno dei primi film in cui compare Chuck
Norris, tra l’altro – ebbe un tale successo che Lee tornò ad Hollywood per
girare un film di produzione americana, questa volta da protagonista. Come
attore, Lee aveva un grande carisma e grazie al suo successo divenne un eroe
prima di tutto presso il pubblico asiatico e le comunità orientali in tutto il
mondo.
Nel 1973 finì di girare I
Tre dell’Operazione Drago e
fu un altro successo enorme: costato soltanto un milione di dollari, ne incassò
negli anni successivi più di 200. Lee però non riuscì mai a vederlo. Il 20
luglio del 1973, mentre lavorava con il suo produttore a una sceneggiatura, si
addormentò dopo aver preso un analgesico. Non si svegliò più e poche ore dopo
venne dichiarato morto prima di arrivare in ospedale.
L’incertezza che i medici ebbero
inizialmente nel determinare le cause della morte contribuì a creare numerose
leggende. Ad esempio si disse che era stato avvelenato da una sua amante,
pagata da una casa di produzione rivale, oppure che era stato ucciso dalla
mafia cinese. Ma la storia che ebbe probabilmente più successo – anche perché
più in linea con il personaggio – era quella secondo cui Lee era morto dopo
essersi scontrato con un maestro di una scuola rivale. Secondo questo racconto
piuttosto fantastico, Lee perse lo scontro perché subì una mossa segreta, un
particolare tipo di pressione sui suoi organi vitali, che gli causò la morte
dieci giorni dopo aver subito il colpo.
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