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sabato 30 novembre 2019

Lo Sapevate Che: Nel 1954 La Prima persona colpita da un meteorite

È successo nel 1954, ed è l'unico caso documentato: la protagonista se la cavò con una ferita, ma quell'evento eccezionale non le portò fortuna.
Pare che sia l’unica persona, almeno in epoche documentate, a essere stata colpita direttamente da una pietra proveniente dallo spazio: Ann Hodges aveva 34 anni quando, il 30 di novembre del 1954, un meteorite di poco meno di 4 chili chili sfondò il tetto della sua casa a Sylacauga, in Alabama, Stati Uniti, rimbalzò su una grossa radio nella stanza e colpì al fianco la donna, che stava facendo un sonnellino sul divano.

Per la Hodges ne risultò un gigantesco ematoma, come riporta questo articolo dello Smithsonian che rievoca la storia partendo dall'articolo di Life del 13 dicembre 1954, con l’assalto di decine di giornalisti e la dura battaglia legale che seguì l'evento.

A COLPI DI AVVOCATO. Proprio questa è la parte della storia meno nota. Subito dopo l'incidente nacque una disputa sulla proprietà del prezioso sasso.

Per un anno si sfidarono in tribunale il padrone di casa della Hodges, che sosteneva di essere il legittimo proprietario della pietra, appunto perché caduta nella sua proprietà, e la Hodges e il marito, gli inquilini in affitto dell’appartamento.

La causa si trscinò per un po' di tempo, finché il proprietario rinunciò a reclamare il possesso del meteorite. Nel frattempo, però, anche l’interesse intorno all'oggetto spaziale - spasmodico, all’inizio - era scemato quasi del tutto. E con esso il suo valore sul mercato.

Nessuno era più interessato ad acquistarlo, e la stessa Hodges finì per usarlo come fermaporta (prima di donarlo all’Alabama Museum of Natural History, dove è ancora oggi conservato).

Con meno clamore, un vicino di casa era invece riuscito a fare del meteorite una piccola fortuna: con il ricavato della vendita di un frammento più piccolo, caduto in una proprietà poco distante, aveva comprato casa e auto.

FINALE AMARO. La storia finisce ancora più tristemente per la Hodges. Pare che i problemi legali e la delusione per non aver potuto sfruttare in qualche modo l’evento eccezionale che le era capitato siano stati causa di problemi fisici e psicologici: divorziò poco dopo dal marito e morì nel 1972 di insufficienza renale.

INCREDIBILE, MA VERO. Che la sua vicenda sia una rarità non si può mettere in dubbio. Le probabilità di essere colpiti da un meteorite, e più ancora di sopravviverne, sono davvero minime: 1 su 1.600.000, peraltro più alte che fare sei al Superenalotto. Però, per la legge dei grandi numeri, del tutto impossibile non è.

Si parla di un incidente in India, nel 1825, in cui sarebbe rimasto ucciso un uomo e ferita una donna, ma non c’è mai stato modo di confermare la veridicità della storia. E anche senza uccidere o ferire persone, capita che le pietre cadano in zone popolate.

Nel 1992, nello stato di New York, un meteorite si è abbattuto su una macchina parcheggiata. Nel 2003, un altro è piombato su una casa a New Orleans (senza ferire nessuno). In Perù, nel 2007, sei persone sono rimaste intossicate dai fumi di arsenico rilasciati dal terreno dopo l’impatto. Infine, in Russia, nel 2013 l’onda d’urto di un meteorite esploso a bassa quota in prossimità di Chelyabinsk ha causato milioni di dollari di danni e ferito indirettamente un migliaio di persone.

Speciale: Sabato in cucina! ...☺♥


Krapfen al Parmigiano
Per 4 persone

Ingredienti:

260 gr di farina, 40 gr di burro, 1 uovo, 1 cubetto di lievito di birra, 90 gr di parmigiano grattugiato, olio, zucchero, sale, pepe.

Fare ammorbidire il burro a temperatura ambiente. In un bicchiere con 2 cucchiai d’acqua tiepida e un pizzico di zucchero, sciogliere il lievito. In una terrina versare 250 gr di farina a fontana. Unire nell’incavo l’uovo leggermente battuto, 40 gr di parmigiano, il burro, il lievito sciolto, un pizzico di sale e pepe. Lavorare per 10 minuti gli ingredienti amalgamando bene fino ad ottenere un impasto omogeneo e liscio. Formare una palla, coprirla con un canovaccio e lasciare lievitare per 2 ore. Appoggiare la pasta su di un piano infarinato e ricavarne tante sfere grandi come una pallina da ping pong. Lasciate sul piano, coperte da canovaccio a lievitare ancora per mezz’ora. Mettere abbondante olio in una padella media e fare friggere due krapfen per volta, facendoli dorare da tutte le parti. Scolarli e passarli subito sul piatto dove sarà stato messo il parmigiano grattugiato, rotolandoli da tutte le parti. Servirli subito accompagnati con salse di vostro gradimento.

P.S. Volendo fare dei krapfen meno grassi, si possono fare cuocere nel forno, foderando la placca del forno con carta da forno, appoggiandovi le palline, ben distanziate una dall’altra, e facendole cuocere in forno preriscaldato a 180° per 25 minuti.


Tajarin delle Langhe, ricetta Piemontese
Per 8 persone


Ingredienti:

Per la pasta: 1 kg di farina tipo 00, 15 uova fresche, sale, 2 cucchiai di olio
Per il sugo: 150 gr di polpa tritata di vitello, 150 gr di polpa tritata di maiale, 1 cipolla, 1 carota, 1 spicchio d’aglio, un rametto di rosmarino, 1 bicchiere di olio, un bicchiere e mezzo di passata di pomodoro, sale e pepe.

Disponete la farina a fontana su una spianatoia, unitevi cinque uova intere e dieci tuorli, l’olio e un pizzico di sale. Impastate con cura e tirate una sfoglia molto sottile, si dovrebbe usare il mattarello, ma si può comunque usare anche la macchina per le tagliatelle! Fate riposare, quindi spruzzate di farina e arrotolate la sfoglia, tagliatela con un coltello affilato in modo da ricavarne tagliatelle (tajarin) molto sottili. Fatele riposare e cuocetele in acqua bollente salata, per pochi minuti. Separatele dal liquido di cottura con la schiumarola e conditele. Nella tradizione piemontese, si condiscono sia con sugo di carne, o con sugo di fegatini di pollo, o semplicemente con burro fuso e qualche fogliolina di salvia e un’abbondante spolverata di parmigiano.

Il sugo di carne si prepara così: tritate finemente le verdure e gli aromi e rosolateli a fuoco dolce nell’olio. Unite le carni di vitello e maiale e continuate la rosolatura. Dopo una ventina di minuti, aggiungete la passata di pomodoro, salate e pepate. Cuocete per un’ora a fuoco dolcissimo, bagnando eventualmente con poco brodo di carne.


Lonza all'Arancia e Patatine al forno
Per 4 persone

Un pezzo di lonza di maiale di circa 800 gr, 1 rametto di rosmarino, 1 spicchio d’aglio, 5 foglie di salvia, pepe rosa, una grossa arancia bionda, un bicchierino di Gran Marnier, olio, pepe e sale.

Mettete in un tegame 5 cucchiai d’olio, unitevi il pezzo di lonza, lo spicchio d’aglio, le foglie di salvia e il rametto di rosmarino, una manciata di pepe rosa e una generosa manciata di sale su tutta la carne. Fate rosolare la carne da tutte le parti a fuoco vico per 8 minuti, bagnate con il bicchierino di liquore, fate evaporare e abbassate un po’ il fuoco, coprendo il tegame. Con un rigalimoni, togliete la scorza dell’arancia e spremetela. In un pentolino con due dita d’acqua, fate bollire per 5 minuti le scorzette e aggiungetele alla lonza, scolandole dal liquido di cottura. Unite anche il succo d’arancia e continuate a cuocere, girando ogni tanto la lonza, per 30 minuti. Prima di fine cottura, pepatela su tutta la superficie. Servitela su un piatto di portata, irrorata da tutto il suo sugo di cotture e le scorzette. Accompagnare con una morbida purea di patate.


Bignè alla Panna
Per 4 persone

Ingredienti:

150 gr di farina, 70 gr di burro, 4 uova, 300 gr di panna per dolci, ½ cucchiaino di lievito, 1 cucchiaio di zucchero, zucchero a velo, sale.

In una casseruola, portare a bollore ¼ di lt di acqua con il burro e con una presa di sale. Togliere il recipiente dal fuoco e incorporare la farina, mescolando energicamente. Rimettere sul fuoco, mescolando con un cucchiaio di legno, sino a quando la pasta si stacca dalle pareti della casseruola. Incorporatevi subito un uovo, lavorando a lungo la pasta. Mettete la pasta in una terrina e fatela raffreddare, unite le altre uova, uno alla volta, usando una frusta elettrica. Con l’ultimo uovo aggiungere anche il lievito. Su una placca del forno, imburrata e infarinata, disporre a mucchietti  ben distanziati, l’impasto. Fare cuocere i bignè a 200 gr per 15-20 minuti. Quando saranno cotti e raffreddati, si potranno farcire, praticando un taglio trasversale o verticale, o dividendoli provvisoriamente a metà, e riempirli con una bocchetta da pasticcere ripiena di panna o di ciò che si desidera.

venerdì 29 novembre 2019

Lo Sapevate Che: 93 anni fa moriva Eduardo Scarpetta. I funerali raccontati dai figli Vincenzino e Maria


Esattamente 93 anni fa, il 29 novembre 1925, moriva Eduardo Scarpetta. “In un giorno di novembre del 1925 – racconta la figlia Maria nella bellissima biografia Felice Sciosciammocca, mio padre (Morano Editore, 1949) – alla solita ora della colazione, Pasquale, il fedele cocchiere di Eduardo Scarpetta, lo trasportò a casa nel coupé, moribondo. Si era sentito male per istrada e i medici accorsi diagnosticarono un attacco di arteriosclerosi. Resistette otto giorni, arrivò persino con la sua fibra di acciaio a superare la crisi, riprese quasi conoscenza e non perdette l’occasione di balbettare che i medici erano “na mappata ‘e fessi!”. Lottò con la morte disperatamente, come aveva lottato con tanti nemici forti nella sua vita, ma questa volta non la spuntò: una polmonite inattesa (egli già soffriva di enfisema polmonare) la sera del 29 gli troncò definitivamente il respiro”.
Tutta Napoli per l’ultimo saluto a Scarpetta
A Napoli non si capì nulla. Tutta la città affollò via Colonna e Rione Amedeo per dare a Scarpetta l’ultimo saluto.
“Fu imbalsamato – continua Maria – ed esposto nel salone di casa. Davanti al suo corpo sfilarono per due giorni buona parte dei napoletani. Era tale la ressa che fu indispensabile un servizio d’ordine nella strada, nel cortile e per le scale. I funerali furono catalogati tra quelli memorabili che ricordava la città: il cardinale Sanfelice, Crispi, Gainturco. Parlò di lui Libero Bovio e l’intervento ufficiale del Comune e della Provincia fece rilevare a qualcuno che il governo centrale non si era in alcun modo fatto vivo. Ma come poteva accadere che un governo, insensibile all’umorismo, alla risata o alla gioia di vivere, sentisse il bisogno di onorare un artista, creatore della risata che è libertà? Lungo le strade di Napoli, fra le mostre illuminate dei negozi, in un piano assurdamente leggero e giocondo, passò la sua bara nel carro che poi si chiamò carro Scarpetta. Passò trionfale, quasi vivo, come passano i veri poeti e i grandi musicisti che sanno dare un’eccitazione entusiastica ed elettrizzante allo spirito umano”.

La versione di Vincenzino nel libro della Cozzi-Scarpetta
In “Vincenzo Scarpetta – Teatro (1920 – 1930). La vita artistica tra Rivista, Piedigrotta e Sciosciammocca. Volume III” di Maria Beatrice (Mariolina) Cozzi Scarpetta, edito da Liguori quest’anno, si racconta così la vicenda: “Questa stagione teatrale, una delle più fortunate per Vincenzo, si chiude in modo tragico: il 29 novembre 1925 muore il padre Eduardo. Così annota Vincenzo nella sua agenda: Domenica 29. Cammerera nova (la commedia che si dava quella sera al Manzoni di Roma, ndr). Arrivo a Roma ore 15.43 (n.b. arrivo a Roma perché dal 24 novembre Vincenzino era stato al capezzale del padre, a Napoli ed era ripartito proprio il giorno della morte ndr) . Recito io, giorno e sera. Alle 22,45 ho ricevuto la telefonata da Napoli. È Amelia che mi informa che papà si è aggravato. Ma non può proseguire. M’accorgo dal telefono che singhiozza. Ho capito!… La catastrofe è avvenuta!… continua a parlare il dottore Corrado De Rose, nostro caro amico e medico curante del povero papà. Mi dice: “Appena terminato lo spettacolo parti subito di nuovo.” Alle 24 e 20 riparto per Napoli. Arrivo alle ore 6 e 30. Trovo alla stazione Eugenio Mangini che mi attende con l’automobile. Corriamo a casa. Il mio povero papà era morto alle 22 e 20 del 29!… Povero grande papà mio! Quanto è morto in Lui!!…”

Il racconto – fantasioso – di Peppino
La descrizione che ci fa Vincenzo di quella tragica notte, differisce da quanto riportato da Peppino De Filippo in “Una famiglia difficile”: «Durante la sua agonia, suo figlio Vincenzino giunse da Roma partendo dalla capitale dopo la recita con un treno della mezzanotte e minuti, in tempo per raccogliere le ultime parole del suo grande padre che aveva trovato giacente, ansimante e livido. Gli si accostò e trattenendo a stenti le lacrime che gli gonfiavano gli occhi, gli disse: – Papà me siente? Me ricunusce? So’ Vincenzino… me siente? Me vide? – Don Eduardo sollevando appena le palpebre, guardandolo per un attimo mormorò: – Sì… te ricunosco… te veco… tu si’ Vincenzino… ’o figlio mio faticatore! – E da lì a poco spirò.» 

L’elogio di Bovio e la vendetta di Eduardo De Filippo

Nella biografia di Eduardo De Filippo a firma di Maurizio Giammusso infine si racconta che alle 10,30 del mercoledì in cui si svolsero i funerali, il portone di via Colonna fu chiuso per gli ultimi preparativi del corteo, fissato per le 11 di una giornata dove piangeva anche il cielo. “I muri di via Colonna e di molte altre strade erano stati tappezzati di manifesti listati a lutto, erano arrivate almeno 100 corone (…). La bara era portata a spalla da Vincenzino, da Mimì e dal cognato Mario Mangini (nella foto in alto Vincenzino e Mimì portano a spalla la bara del padre, da www.eduardoscarpetta.it, ndr).  Scendendo le scale del palazzo pareva che ondeggiasse sulla folla come una barchetta su un mare di teste, tanta era la gente che premeva intorno. Via Vittoria Colonna e via dei Mille, a poco a poco, si affollarono all’inverosimile”. Non cita, stranamente, Giammusso, Eduardo stesso che secondo le cronache del Roma  del  30 novembre 1925, portava anche lui a spalla la bara del padre, insieme ai fratelli… Giammusso ricorda invece la cronaca del Mattino di quel giorno: Libero Bovio prima che il corteo si muovesse fermò tutto con un gesto plateale per tessere l’elogio funebre di Scarpetta e per indicare, pubblicamente, in Vincenzino l’erede designato. Eppure Bovio aveva polemizzato con  Scarpetta, cui rimproverava la predilezione per un repertorio di chiara derivazione francese e assieme a numerosi critici e scrittori napoletani, prese parte attiva alla battaglia sostenuta per la creazione di un teatro napoletano originale non contaminato dalle riduzioni di pièces pochades d’Oltralpe. L’elogio di Bovio suonò talmente falso a Eduardo De Filippo che ne “Gli esami non finiscono mai” Eduardo si vendica e fa pronunciare l’elogio funebre per Guglielmo Speranza da parte di Furio La Spina usando parole apparentemente amorevoli ma in realtà denigratorie proprio ispirandosi a Bovio nel giorno dei funerali di Scarpetta… ma questa è, ancora, un’altra storia…

Speciale: Il pesce nel piatto! ...☺♥


Sogliole alla Mugnaia e patate à la maître d’Hotel
Per 4 persone

Ingredienti:

4 sogliole da 200 gr l’una, 50 gr di burro, 50 gr di olio, 1 etto di farina bianca, 2 cucchiai di prezzemolo tritato, il succo di un limone, sale. Per le patate à la maître d’Hotel: 900 gr di patate, 40 gr di burro, 4 dl di latte, due cucchiai di prezzemolo tritato finemente, un pizzico di noce moscata, sale e pepe.


Fatevi spellare la sogliola dal pescivendolo, poi tagliando circolarmente dietro la testa delle sogliole, togliete i visceri.
Versate la farina in un piatto e infarinate dai due lati singolarmente le sogliole. In una padella fate spumeggiare 25 gr di burro con 50 gr di olio, poi adagiatevi le sogliole, senza sovrapporle. Abbassate la fiamma e lasciatele dorare per 5 minuti. Poi voltatele con molta delicatezza e fatele friggere per altri4 minuti.
Trasferitele sul piatto di portata. Salatele, fate sciogliere il burro rimasto nella padella. Unite il succo del limone e il prezzemolo tritato. Mescolate velocemente e distribuite sulle sogliole, che dovrete servire caldissime accompagnate da patate à la maître d’Hotel (segue ricetta)


Patate à la maître d’Hotel 
Per 4 persone

900 gr di patate, 40 gr di burro, 4 dl di latte, due cucchiai di prezzemolo tritato finemente, un pizzico di noce moscata, sale e pepe.


Fare lessare le patate per 20 minuti, con la buccia, in una pentola con abbondante acqua leggermente salata.
Versare il latte in una pentola con la noce moscata e poco pepe e portare lentamente a ebollizione. Togliere dal fuoco e tenere al caldo.
Controllare che le patate siano cotte: sbucciarle, ridurle a fette e aggiungerle nella casseruola con il latte caldo.
Aggiungere il burro ridotto a tocchettini e rimettere a fuoco basso, continuando la cottura sino a che il latte sia quasi tutto evaporato.
Regolare di sale. Sistemare le patate in un piatto da portata, cospargerle con il prezzemolo tritato.


Focaccia con pesce Spada
Per 4 persone

Ingredienti:

150 gr di pesce spada a fette sottili, 300 gr di pasta di pane, un limone, 10 olive verdi snocciolate, 8 pomodorini, un cucchiaio di capperi, rosmarini, salsa Worcester, olio, sale e pepe.

Stendete in un largo piatto il pesce spada. Preparate una citronnette con un cucchiaio di rosmarino tritato, la scorza del limone lavato e asciugato, il suo succo, 5 cucchiai d’olio, pepe, salsa Worcester e versatela sul pesce e lasciate insaporire almeno per un’ora.
Stendete la pasta di pane molto sottile e adagiatela in una teglia foderata con carta da forno. Lungo il bordo disponete i pomodorini tagliati a metà e conditi con un po’ di sale e un filo d’olio.
Mettete la focaccia in forno preriscaldato a 220° per 10 minuti. Poi distribuitevi al centro il pesce spada e la sua marinata, i capperi sciacquati e le olive a filettini. Salate e fate ancora cuocere per 5 minuti. Servite caldo.


Insalata di Baccalà
Per 6 persone


Ingredienti:

1 kg di baccalà ammollato, 700 gr di patate, alloro, un ciuffo di prezzemolo, 12 olive verdi denocciolate, 1 spicchio d’aglio, olio, sale e pepe.

Mettere le patate lavate e con la buccia in una casseruola con acqua fredda salata. Portare a ebollizione e fare cuocere per 30 minuti.
Nel mentre pulire il pesce, togliere la pelle e le lische, lavarlo e metterlo in una casseruola coperto con abbondante acqua salata, 1 foglia di alloro e sale. Fare bollire per 15 minuti.
Tritare finemente il prezzemolo e l’aglio. Mescolare il trito in una ciotolina con 5 cucchiai d’olio, un pizzico di sale e pepe. Scolare il baccalà ormai cotto, spezzettarlo e adagiarlo in un largo piatto di portata, condirlo con un poco della salsina preparata. Scolare anche le patate, raffreddarle un poco sotto l’acqua corrente, pelarle e tagliarle a fettine, condirle con la salsina residua e unirle nel piatto col baccalà con le olive verdi.

giovedì 28 novembre 2019

Lo Sapevate Che: 338 anni fa moriva Gian Lorenzo Bernini


Biografia  L'arte e la perfetta tecnica dell'immagine

Dominatore del secolo in cui visse, con la sua personalità, il suo genio, le sue imprese artistiche, Gian Lorenzo Bernini è stato per Roma e per il Seicento quello che Michelangelo Buonarroti è stato per il secolo precedente.
Gian Lorenzo Bernini nasce a Napoli il 7 dicembre 1598 dove il padre Pietro, sculture, e la madre Angelica Galante si erano da poco trasferiti. Nel 1606 la famiglia fa ritorno a Roma: Pietro ottiene la protezione del cardinale Scipione Borghes. In questo contesto ci sarà occasione per il giovane Bernini di mostrare il suo precoce talento.
Gian Lorenzo si forma alla bottega del padre e con lui realizza i suoi primi lavori. Tra le sue opere principali di questo periodo vi sono il "Ratto di Proserpina" (1620-23), "Apollo e Dafne" (1624-25) e  il "David": a differenza dei David di Michelangelo e Donatello, Bernini s'interessa al momento di massimo dinamismo, quando l'energia esplode e si fa manifesta nel tendersi dei muscoli, nella violenta torsione a spirale del busto e nella fierezza del volto.
Le opere del Bernini definiscono la sua personalità, forte degli insegnamenti del padre ma nello stesso tempo innovatore dello spirito di tutta una generazione.
E' ancora giovanissimo quando papa Urbano VIII Barberini, con il quale l'artista stabilirà un durevole e proficuo rapporto di lavoro, gli commissiona il "Baldacchino di S. Pietro" (1624-1633), un colosso bronzeo di quasi trenta metri. L'opera si erige sulla tomba di Pietro ed è sostenuto da quattro colonne che colmano lo spazio sotto la cupola della Basilica, che s'attorcigliano sul loro fusto come enormi rampicanti, e che sono raccordate in alto da una incastellatura di volute a "dorso di delfino". Questo'opera non può considerarsi un'architettura, nè una scultura, nè una pittura, ma centra perfettamente lo scopo.
Nel 1629 Papa Urbano VIII nomina Bernini architetto sovrintendente alla Fabbrica di S. Pietro. Le fontane sono un prodotto tipico del gusto barocco; Bernini inaugura una nuova tipologia, quella a vasca ribassata: sempre per il papa esegue la "Fontana del Tritone" in Piazza Barberini e la "Fontana della Barcaccia" in Piazza di Spagna, a Roma.
Tra il 1628 ed il 1647 realizza la "Tomba di Urbano VIII" nella Basilica di San Pietro. Sempre in questo periodo realizza due dei suoi busti-ritratto più famosi: quelli di Scipione Borghese e Costanza Buonarelli, visi senza segreti che si mostrano in tutte le loro sfumature caratteriali.
Nel 1644 muore papa Urbano VIII e si scatenarono le gelosie rivali tra Bernini e Borromini, con il quale ci ebbe ripetuti attacchi e polemiche in occasione dei lavori per la facciata di Palazzo Barberini, sin dal 1630.
In seguito Gian Lorenzo Bernini trova l'appoggio di Papa Innocenzo X per il quale esegue la decorazione del braccio lungo di S.Pietro e realizza la "Fontana dei Quattro Fiumi" (1644) a Piazza Navona a Roma. In seguito realizza la "Verità", i busti di Innocenzo X Pamphili e il busto di Francesco I D'Este.
Durante il pontificato di Alessandro VII Chigi, Bernini ottiene l'incarico di dare una configurazione confacente per significati e funzioni, alla piazza antistante la Basilica di San Pietro.
Nel 1656 Bernini progetta il colonnato di San Pietro, compiuto nel 1665 con le novantasei statue del coronamento. L'artista riprende lo spirito dell'architettura dell'impero, dandole vita con le colonne e aggiungendo dei particolari scultorei.
Sempre nel 1665 si reca in Francia per eseguire il busto di Luigi XIV. Pur destando ammirazione a Versailles, la fama di Bernini genera nell'ambiente accademico un clima di diffidenza che fa naufragare ogni sua aspettativa, compreso il grandioso progetto per il Louvre di Parigi.
Rientrato in Italia porta a compimento i lavori in San Pietro e si dedica, tra altre attività, al Monumento funebre di Alessandro VII.
Clemente IX Rospigli succede ad Alessandro VII nel 1667: questi affida al Bernini la sistemazione del ponte davanti a Castel Sant'Angelo. Bernini esegue due dei dieci angeli che devono decorare il ponte: vengono giudicati talmente belli che si decide di collocarli nella chiesa di Sant'Andrea delle Fratte per proteggerli dalle intemperie.
L'attività dell'artista si conclude sotto il pontificato di Innocenzo XI Odescalchi. L'ultima sua scultura è il "Salvatore" che si trova custodita nel Museo Chrysler di Norfolk in Virginia.
Dopo una lunghissima vita dedicata all'arte, dopo aver imposto il suo stile a tutta un'epoca, Gian Lorenzo Bernini muore a Roma il 28 novembre 1680, all'età di 82 anni.
A lui è intitolato il cratere Bernini presente sul pianeta Mercurio. La sua effigie è stata presente sulla banconota da 50.000 Lire italiane. – https://biografieonline.it/biografia-gian-lorenzo-bernini
Alcune opere significative del Bernini
Il David (1621-1625)

Speciale: Verdure alla riscossa…e non solo! ...☺♥


Zuppa semplice di Cavolo Nero della Nonna
Per 4 persone


Ingredienti:

600 gr di cavolo nero, 8 fette spesse di pane toscano non salato, 2 spicchi d’aglio, olio evo, sale, pepe nero.

Pulire e lavare accuratamente le foglie del cavolo, cercando di eliminare la costola dura e lavarle.
Portare ad ebollizione in una pentola abbondante acqua salata e far cuocere le foglie di cavolo per 5 minuti dall’ebollizione. Scolare le foglie (conservando l’acqua di cottura) e tagliarle grossolanamente.
Fare abbrustolire le fette di pane e ancora calde strofinarle con lo spicchio d’aglio. Preparare le fondine che dovranno contenere la zuppa individuale e strofinarle il loro interno con l’aglio.
Immergere due fette di pane nell’acqua tiepida del cavolo e sistemarle nella fondina. Ripetere l’operazione per le residue fondine.
Appoggiare su ciascuna un po’ di cavolo e condire con olio evo, sale e pepe: lasciare insaporire la preparazione qualche minuto prima di servire. Una semplicissima delizia!


Purè di Lenticchie rosse decorticate con Braciole di Maiale al latte
Per 4 persone

400 gr di lenticchie decorticate, 1 cipolla, 50 gr di burro, ½ lt di latte, sale, pepe.

In una pentola far soffriggere a cipolla affettata sottilmente in 3 cucchiai d’olio. Unire le lenticchie decorticate, coprirle di acqua fredda, portare a bollore e farle cuocere per mezz’ora dall’ebollizione. Devono rimanere quasi asciutte.
Passare al passaverdura le lenticchie decorticate, già cotte, metterle in un tegame, aggiungere ½ lt di latte, portare bollore, rimestandole dolcemente, aggiungere il burro, sale e pepe.
Servirle calde per accompagnare le braciole di maiale al latte (segue ricetta)


Braciole di Maiale al Latte
Per 4 persone

Ingredienti:

8 braciole di maiale, ½ lt di latte, 1 cucchiaio di maizena, 1 cucchiaino di timo e 1 cucchiaino di rosmarino, olio, sale, pepe.

Scaldare in una larga padella 3 cucchiai d’olio e far rosolare le braciole per 3 minuti da ciascuna delle parti. Salare, pepare.
Eliminare il fondo di cottura dalla padella, aggiungere il latte, il timo, il rosmarino e portare a bollore a fiamma alta. Abbassare la fiamma al minino, girare la carne e fare cuocere ancora per 3 minuti.
Togliere dalla padella, ben scolate le braciole e posarle sul piatto di portata. Aggiungere al fondo di cottura nella padella poca acqua tiepida in cui avrete stemperata la maizena. Fare addensare la salsa sempre mescolando. Servire subito le braciole accompagnandole con la purea di lenticchie rosse.


Frittelle rustiche con Farina di Castagne
Per 4 persone

Ingredienti:

500 gr di farina di castagne, gr 50 di uva passa, gr 50 di zucchero vanigliato, gr 50 di zucchero a velo, olio per friggere.

Fate rinvenire l’uva passa in acqua tiepida. Versate a fontana la farina di castagne in una terrina e mettetevi al centro 3 cucchiai d’olio e l’uva passa, strizzata, lo zucchero vanigliato, 60 gr di acqua.
Lavorate l’impasto in modo da amalgamare bene gli ingredienti. Raccoglietelo a palla e fatelo riposare per alcune ore coperto da un canovaccio.
Ponete l’impasto a cucchiaiate in una padella con abbondante olio in ebollizione e appena le frittelle saranno rigonfiate un poco e saranno leggermente croccanti, scolatele e fatele sgocciolare su carta assorbente da cucina.
Ponetele su un piatto e spolverizzatele di zucchero a velo.

mercoledì 27 novembre 2019

Lo Sapevate Che: La morte di Bruce Lee il 20 luglio 1973


La sera del 20 luglio di 40 anni fa, il più grande attore di arti marziali di sempre morì per una reazione allergica

La sera del 20 luglio 1973, intorno alle 7.30, Bruce Lee morì nel sonno per una reazione allergica a un farmaco analgesico. Aveva 32 anni. Era stato un attore e un maestro di arti marziali e, in poche parole, con cinque film e una serie televisiva contribuì a portare la moda delle arti marziali in Occidente: nel 1999 TIME lo proclamò una delle persone più influenti del Ventesimo secolo.

Lee nacque con il nome di Lee Jun Fan il 27 novembre del 1940 nella Chinatown di San Francisco, ma i suoi genitori si trasferirono ad Hong Kong, all’epoca un territorio controllato dal Regno Unito, quando aveva appena tre mesi. Il padre di Lee era un attore d’opera cantonese e dopo la guerra divenne molto famoso ad Hong Kong. Grazie al padre, Lee cominciò a recitare molto giovane: girò il suo primo film a 11 anni. A diciott’anni, quando la famiglia lo mandò negli Stati Uniti a studiare – anche perché aveva la pessima abitudine di finire spesso in mezzo a risse di strada – aveva già girato una ventina di film ad Hong Kong.

Negli Stati Uniti Lee abbandonò temporaneamente la carriera di attore, ma praticò molto le arti marziali. La sua prima formazione, in Cina, era stata nell’arte marziale del Wing Chun, nella scuola fondata dal leggendario maestro Yip Man – negli ultimi anni sono stati girati in Cina cinque film biografici su di lui – ma nel corso del tempo preferì non rimanere legato a una sola arte marziale e unì diverse tecniche in una disciplina di sua invenzione, il Jeet Kune Do (“la via che intercetta il pugno”). La disciplina univa tecniche di combattimento a una precisa filosofia di vita, che lo stesso Lee espose in diverse occasioni.
Dopo aver lavorato come cameriere a Seattle e aver studiato alla University of Washington nella città, si trasferì in California dove cominciò ad insegnare arti marziali. Esistono diversi racconti e aneddoti su questo periodo, molti dei quali probabilmente apocrifi. Ad esempio, si racconta che la comunità cinese californiana gli intimò di smettere di insegnare i segreti delle arti marziali agli occidentali. Lee rifiutò e così venne sfidato da un altro maestro di kung fu che Lee, secondo il racconto, batté facilmente dopo tre minuti.
Lee era effettivamente molto abile, veloce e forte: il suo straordinario atletismo è uno dei motivi del suo successo. Era in grado di compiere acrobazie spericolate – tra cui i suoi famosi calci volanti – e a differenza di molti altri praticanti di arti marziali curava molto la sua forma fisica. Seguiva diete particolari e praticava il body building. Negli anni ’60 si fece notare nel corso di diversi campionati di arti marziali: oltre che per il suo stile, anche per i suoi modi da sbruffone. Durante gli scontri derideva l’avversario, lo provocava o gli girava di proposito le spalle.

Nel 1964 venne notato da un produttore durante un campionato internazionale di karate a Long Beach, in California. Dopo una serie di provini, Lee venne scelto per interpretare Kato, l’autista e guardia del corpo nella serie Il Calabrone Verde (il protagonista è un celebre giustiziere su cui è stato girato un film anche nel 2011). Grazie al successo della serie, Lee viene scelto per interpretare un ruolo simile a quello di Kato nel film L’investigatore Marlowe del 1969. Dopo qualche altra apparizione in televisione, Lee decise di accettare le offerte per tornare a Hong Kong, visto quanto era difficile per un cinese ottenere un ruolo che non fosse quello dell’autista o del servitore: mentre nel suo paese d’origine era già una star, grazie all’arrivo in televisione del Calabrone verde.
Nel 1971 Lee era uno degli attori più famosi di Hong Kong e della sua movimentata scena di cinema d’azione: Il Calabrone Verde veniva trasmesso con il titolo The Kato Show. Girò in due anni tre film da protagonista, che vennero esportati in tutto il mondo. Il terzo, L’urlo di Chen terrorizza anche l’occidente – uno dei primi film in cui compare Chuck Norris, tra l’altro – ebbe un tale successo che Lee tornò ad Hollywood per girare un film di produzione americana, questa volta da protagonista. Come attore, Lee aveva un grande carisma e grazie al suo successo divenne un eroe prima di tutto presso il pubblico asiatico e le comunità orientali in tutto il mondo.

Nel 1973 finì di girare I Tre dell’Operazione Drago e fu un altro successo enorme: costato soltanto un milione di dollari, ne incassò negli anni successivi più di 200. Lee però non riuscì mai a vederlo. Il 20 luglio del 1973, mentre lavorava con il suo produttore a una sceneggiatura, si addormentò dopo aver preso un analgesico. Non si svegliò più e poche ore dopo venne dichiarato morto prima di arrivare in ospedale.
L’incertezza che i medici ebbero inizialmente nel determinare le cause della morte contribuì a creare numerose leggende. Ad esempio si disse che era stato avvelenato da una sua amante, pagata da una casa di produzione rivale, oppure che era stato ucciso dalla mafia cinese. Ma la storia che ebbe probabilmente più successo – anche perché più in linea con il personaggio – era quella secondo cui Lee era morto dopo essersi scontrato con un maestro di una scuola rivale. Secondo questo racconto piuttosto fantastico, Lee perse lo scontro perché subì una mossa segreta, un particolare tipo di pressione sui suoi organi vitali, che gli causò la morte dieci giorni dopo aver subito il colpo.

Speciale: Di tutto un po'! ...☺♥


Primo piatto a scelta:

Vellutata di Ceci e Gamberi e crostini di pane
Per 6 persone

Ingredienti:

800 gr di ceci, 700 gr di code di gambero, 3 spicchi d’aglio, 1 scalogno, 3 rametti di rosmarino, dado vegetale, olio evo, sale e pepe. Piccoli crostini di pane.

La sera prima della preparazione, lavare i ceci sotto l’acqua corrente e lasciarli tutta la notte a bagno in acqua tiepida salata.
Il giorno dopo, sciacquare i ceci e metterli in una casseruola coperti abbondantemente con acqua fredda, 1 spicchio d’aglio non pelato e un rametto di rosmarino vestito con refe da cucina. Farli cuocere sino a quando saranno tenerissimi (circa 3 ore di cottura). Nel frattempo pulire i gamberi dal filino nero intestinale, lavarli e asciugarli.
In una padella con 3 cucchiai d’olio, far soffriggere i gamberi con uno spicchio d’aglio e un rametto di rosmarino per circa 8 minuti. Toglierli dal fuoco, estrarre i gamberi dal carapace. Dividere la metà dei gamberi a metà e tenerli tutti insieme da parte.
Passare i ceci dal passaverdura, aiutandovi ogni tanto, con l’aggiunta di un po’ d’acqua della loro cottura. Tenere l’acqua avanzata da parte.
In un tegame soffriggere in 4 cucchiai d’olio lo scalogno tritato finemente, lo spicchio d’aglio non pelato e un rametto di rosmarino vestito. Quando lo scalogno sarà rosolato, togliere il rosmarino e l’aglio, aggiungere il passato di ceci e l’acqua necessaria perché la crema risulti morbida. Portare a bollore dolcemente, mescolando con un cucchiaio di legno e quando avrà raggiunto il bollore, aggiungere tutti i gamberi. Mescolare e cuocere per 2 minuti. Portare subito in tavola, servendo la zuppa in ciotola, accompagnata da crostini di pane.


Tajarin con pollo e sedano verde
Per 4 persone


Ingredienti:

400 gr di pasta Tajarin, ½ petto di pollo, 250 gr di polpa di pomodoro a dadini, una costa di sedano verde, 2 carote novelle, 1 scalogno, 1 foglia d’alloro, 2 foglie di salvia, 50 gr di parmigiano, olio, sale e pepe.

Pulire le verdure e lavarle. Tritare una carota e tagliarle l’altra a julienne. Tagliare a tocchettini il sedano e tritare lo scalogno.
Lavare e asciugare il petto di pollo. Ridurlo a listerelle.
In un tegame con 2 cucchiai d’olio, far rosolare le listerelle di pollo, salare e pepare. Prelevarle con un mestolo forato e tenerle da parte. Nello stesso tegame aggiungere i gusti e tutte le verdure, i cubetti di pomodoro, salare, pepare e fare cuocere per 10 minuti. Unire anche le listarelle di pollo e fare insaporire ancora per 5 minuti.
Nel mentre in una casseruola con abbondante acqua in ebollizione, salare e fare cuocere la pasta al dente. Scolarla e versarla nel tegame con il condimento preparato. Mescolare velocemente, servire subito accompagnando con il parmigiano grattugiato.


Bocconcini di Tacchino al Curry e insalata di Radicchio rosso
Per 4 persone


Ingredienti:
500 gr di fesa di tacchino, 60 gr di pangrattato, un cucchiaio di curry in polvere, sale.

Tagliate la carne a dadi di 1,5 cm di lato.
In una terrina, mescolate il pangrattato con un pizzico di sale e il curry. Passate i pezzi di tacchino pochi alla volta nella ciotola e scuotete fino a quando saranno interamente ricoperti del composto.
Sistemate i bocconcini distanziati fra di loro, su una placca del forno foderata con carta da forno e metteteli in forno preriscaldato a 200° per 15 minuti. Serviteli caldissimi accompagnati da insalata di radicchio rosso.