Una bomba, inizialmente si pensa a una
caldaia, esplode e devasta lo scalo ferroviario. Nel terribile attentato
muoiono 85 persone e altre 200 restano ferite. Commemorazione in corso: il
messaggio di Mattarella e l'intervento di Bonafede e Merola
"Le istituzioni, grazie all'opera meritoria dei suoi uomini,
sono riuscite a definire una verità giudiziaria, giungendo alla condanna degli
esecutori e portando alla luce la matrice neofascista dei terroristi. L'impegno
profuso non è riuscito, tuttavia, a eliminare le zone d'ombra che persistono
sugli ideatori dell'attentato. È una verità che dovrà essere interamente
conquistata, per rendere completa l'affermazione della giustizia". Così
Sergio Mattarella in occasione dell'anniversario della strage di Bologna,
l'attentato del 2 agosto 1980 che uccise 85 persone e ne ferì 200. " La
disumana ferocia della strage alla stazione di Bologna è parte incancellabile
della memoria del popolo italiano e della storia della Repubblica. Il trentanovesimo
anniversario dell'attentato terroristico ci richiama, anzitutto, a un
rispettoso raccoglimento dinanzi alle vite crudelmente spezzate", scrive
inoltre il presidente della Repubblica nel suo messaggio. Le democrazie si
nutrono dei sentimenti più profondi di umanità. È questa condivisione che ha
consentito di unire le forze per sconfiggere la barbarie degli assassini, di
fare prevalere il tessuto sociale che si voleva strappare, di cercare sempre e
ostinatamente la verità, anche quando errori, colpevoli inerzie e ignobili
complicità hanno ostacolato il percorso della giustizia". "Ogni anno
aumenta la partecipazione alla cerimonia" per la commemorazione della
strage del 2 agosto e "questo dà a noi la forza per continuare a chiedere
verità e giustizia. Ringrazio l'associazione delle vittime perché la ricerca
della verità, insieme al lavoro della magistratura, deve molto a questa
associazione e alla sua tenacia nel presentare ulteriori elementi che possano
portare ad accertamento della verità". Così il sindaco di Bologna Virginio
Merola è intervenuto in Consiglio comunale. Il ministro della Giustizia,
Alfonso Bonafede, ha dichiarato che "Il diritto di sapere è un
diritto inalienabile di civiltà" e ha parlato di una sensibilità
nuova "rinnovata che intende restituire fiducia a persone dilaniate"
dalla strage di 39 anni fa. "Il tempo del silenzio è finito, ci stiamo
muovendo finalmente tutti nella stessa direzione. La magistratura è al lavoro,
un lavoro delicato dopo i processi sui depistaggi, che ci costringe ancora a
una attesa ma che che ci dà la speranza di far luce finalmente su quanto
accaduto senza zone d'ombra. "La ricerca dei colpevoli, dei mandanti, non
è finita".
La Cronaca di una strage terribile: Un
afoso sabato di esodo, con le foto e le immagini delle code in autostrada
pronte, come da 'copione' del periodo, per diventare l'argomento del giorno di
quotidiani e tg. Alle 10.25 del 2 agosto 1980, invece, un'esplosione alla
stazione centrale di Bologna spezza nel sangue la tranquilla routine del rito delle
vacanze: 85 morti e 200 feriti il bilancio finale della strage più sanguinaria
nella storia italiana.
Il boato squarcia l'ala sinistra dell'edificio su piazza Medaglie d'Oro: la sala d'aspetto di seconda classe, il ristorante, gli uffici del primo piano vengono disintegrati. Anche il treno Adria Express 13534 Ancona-Basilea, fermo sul primo binario e in ritardo di un'ora sulla tabella di marcia, è colpito dalla valanga di macerie e detriti che in pochi istanti schiacciano e soffocano inermi viaggiatori di ogni età e provenienza. Nel ristorante-bar-self service perdono la vita sei lavoratrici, tra le vittime anche due tassisti in attesa di clienti. Ovunque lacrime, urla straziate, polvere che entra in gola e soffoca il piano disperato di passeggeri sotto choc che cercano di individuare amici e parenti. La vittima più piccola è Angela Fresu, appena 3 anni, e poi Luca Mauri, di 6, Sonia Burri, di 7, fino a Maria Idria Avati, ottantenne, e ad Antonio Montanari, 86 anni.
In pochi minuti arrivano decine di mezzi dei vigili del fuoco, polizia, carabinieri, vigili urbani, ambulanze, l'Esercito. Saltano le linee telefoniche e i primi cronisti giunti sul posto, per poter raccontare l'inferno di quei momenti, 'espropriano' la cabina dei controllori degli autobus sul piazzale, dove il telefono invece funziona. Cellulari e internet non esistono ancora. Anche il contributo degli autisti si fa determinante, quando di lì a poco un bus giallo e rosso della linea 37, la vettura 4030, nell'emergenza si trasforma in un improvvisato carro funebre per trasportare le salme alla Medicina legale, nella vicina via Irnerio. Alla guida si mette l'imolese Agide Melloni, autista trentunenne: "Mi chiesero di portare via i cadaveri con il bus. Dal mattino alle tre di notte, con i lenzuoli bianchi appesi ai finestrini. In ogni viaggio c'era con me qualche soccorritore, per sostenermi". Le ambulanze servono invece per i vivi, distribuiti in tutti gli ospedali, dove rientrano in servizio medici e infermieri.
Le prime ipotesi investigative prendono in considerazione lo scoppio di una caldaia, ma nel punto dell'esplosione non ce ne sono. Lo si capisce presto, mentre i lavori di scavo procedono a rilento perché si continuano a cercare persone vive tra le macerie. In poco tempo, accantonata l'improbabile fuga di gas, la causa della strage si fa drammaticamente chiara: una bomba ad alto potenziale. In stazione arriva, commosso e angosciato, il presidente della Repubblica Sandro Pertini, mentre tutt'intorno una catena umana continua a spostare detriti e il silenzio irreale del centro città è squarciato dalle sirene. La sera piazza Maggiore si riempie: Bologna, attonita e sgomenta, non chiede vendetta ma giustizia, mentre il ricordo torna a un'altra strage, quella dell'Italicus, la notte del 4 agosto di sei anni prima a San Benedetto Val di Sambro, sull'Appennino, con 12 morti e 44 feriti. "La stessa città, lo stesso nodo ferroviario, gli stessi giorni delle vacanze, forse lo stesso proposito - commenterà il giorno dei funerali il sindaco Renato Zangheri - di recitare il crimine anche sul corpo di viaggiatori stranieri, e quindi di dimostrare ad altri popoli e governi la debolezza della nostra democrazia". Intanto in quelle stesse ore, all'obitorio, un maresciallo continua a tentare di dare un nome alle vittime: un'identità più volte affidata a brandelli di indumenti, un anello, i resti di una catenina o un documento. Trentanove anni dopo i familiari delle vittime e Bologna chiedono ancora di conoscere tutta la verità sulla strage e sui suoi mandanti. Redazione Roma
Il boato squarcia l'ala sinistra dell'edificio su piazza Medaglie d'Oro: la sala d'aspetto di seconda classe, il ristorante, gli uffici del primo piano vengono disintegrati. Anche il treno Adria Express 13534 Ancona-Basilea, fermo sul primo binario e in ritardo di un'ora sulla tabella di marcia, è colpito dalla valanga di macerie e detriti che in pochi istanti schiacciano e soffocano inermi viaggiatori di ogni età e provenienza. Nel ristorante-bar-self service perdono la vita sei lavoratrici, tra le vittime anche due tassisti in attesa di clienti. Ovunque lacrime, urla straziate, polvere che entra in gola e soffoca il piano disperato di passeggeri sotto choc che cercano di individuare amici e parenti. La vittima più piccola è Angela Fresu, appena 3 anni, e poi Luca Mauri, di 6, Sonia Burri, di 7, fino a Maria Idria Avati, ottantenne, e ad Antonio Montanari, 86 anni.
In pochi minuti arrivano decine di mezzi dei vigili del fuoco, polizia, carabinieri, vigili urbani, ambulanze, l'Esercito. Saltano le linee telefoniche e i primi cronisti giunti sul posto, per poter raccontare l'inferno di quei momenti, 'espropriano' la cabina dei controllori degli autobus sul piazzale, dove il telefono invece funziona. Cellulari e internet non esistono ancora. Anche il contributo degli autisti si fa determinante, quando di lì a poco un bus giallo e rosso della linea 37, la vettura 4030, nell'emergenza si trasforma in un improvvisato carro funebre per trasportare le salme alla Medicina legale, nella vicina via Irnerio. Alla guida si mette l'imolese Agide Melloni, autista trentunenne: "Mi chiesero di portare via i cadaveri con il bus. Dal mattino alle tre di notte, con i lenzuoli bianchi appesi ai finestrini. In ogni viaggio c'era con me qualche soccorritore, per sostenermi". Le ambulanze servono invece per i vivi, distribuiti in tutti gli ospedali, dove rientrano in servizio medici e infermieri.
Le prime ipotesi investigative prendono in considerazione lo scoppio di una caldaia, ma nel punto dell'esplosione non ce ne sono. Lo si capisce presto, mentre i lavori di scavo procedono a rilento perché si continuano a cercare persone vive tra le macerie. In poco tempo, accantonata l'improbabile fuga di gas, la causa della strage si fa drammaticamente chiara: una bomba ad alto potenziale. In stazione arriva, commosso e angosciato, il presidente della Repubblica Sandro Pertini, mentre tutt'intorno una catena umana continua a spostare detriti e il silenzio irreale del centro città è squarciato dalle sirene. La sera piazza Maggiore si riempie: Bologna, attonita e sgomenta, non chiede vendetta ma giustizia, mentre il ricordo torna a un'altra strage, quella dell'Italicus, la notte del 4 agosto di sei anni prima a San Benedetto Val di Sambro, sull'Appennino, con 12 morti e 44 feriti. "La stessa città, lo stesso nodo ferroviario, gli stessi giorni delle vacanze, forse lo stesso proposito - commenterà il giorno dei funerali il sindaco Renato Zangheri - di recitare il crimine anche sul corpo di viaggiatori stranieri, e quindi di dimostrare ad altri popoli e governi la debolezza della nostra democrazia". Intanto in quelle stesse ore, all'obitorio, un maresciallo continua a tentare di dare un nome alle vittime: un'identità più volte affidata a brandelli di indumenti, un anello, i resti di una catenina o un documento. Trentanove anni dopo i familiari delle vittime e Bologna chiedono ancora di conoscere tutta la verità sulla strage e sui suoi mandanti. Redazione Roma
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