Galileo pubblica il Sidereus Nuncius: «Grandi cose per
verità in questo breve trattato propongo all'osservazione e alla contemplazione
di quanti studiano la natura». Esordisce così il Sidereus Nuncius,
uno dei trattati più importanti della storia dell'astronomia, per molti il più
prezioso per la portata rivoluzionaria dei suoi contenuti rispetto alla cultura
del tempo. Chi lo lesse allora si trovò di fronte a una nuova dimensione da
esplorare: l'Universo!
A monte delle scoperte scientifiche fatte da Galileo Galilei durante il suo soggiorno padovano (1592-1610), c'era l'invenzione del cannocchiale o telescopio rifrattore, che egli ebbe il merito di perfezionare adattandola all'utilizzo astronomico. Lo strumento esisteva già e il primo a fabbricarlo era stato l'artigiano olandese Hans Lippershey, all'inizio del XVII secolo. Su questo prototipo si trovò a lavorare lo scienziato pisano che fece in modo di aumentarne la capacità di ingrandimento.
Dopo averne mostrato il funzionamento al cospetto del Senato Veneziano (agosto 1609), dal suo studio di Padova iniziò a scrutare da vicino lo spazio, appuntandosi di volta in volta le sensazionali scoperte: dalla Luna ai satelliti di Giove fino alle macchie solari. Un'attività che, per la natura empirica e il rigore scientifico che la distinguevano, può essere fatta coincidere con la nascita dell'astronomia moderna. I tempi erano maturi perché tutto fosse messo nero su bianco e offerto alla conoscenza del mondo.
Fino a questo momento Galileo, dotato di spiccate capacità scrittorie, aveva scritto due trattati: La bilancetta (pubblicato dopo la sua morte nel 1644) e Le operazioni del compasso geometrico et militare, edito nel 1606. Letture interessanti ed istruttive ma niente in confronto a ciò che stava per dare alle stampe. Il Sidereus Nuncius venne pubblicato a Venezia dall'editore Baglioni, il 12 marzo del 1610.
Già dal titolo, traducibile come "avviso siderale", si preannunciava ai lettori qualcosa di rivoluzionario, che superava i confini del cielo. In quest'ottica ritenne opportuno utilizzare il latino, la lingua ufficiale della scienza e del sapere in generale. Strutturato come un unico discorso, in linea con la forma classica del trattato scientifico, il volume può essere suddiviso, dal punto di vista tematico, in quattro parti.
Nella prima Galilei spiega come sia arrivato a conoscere l’esistenza del cannocchiale e come ne abbia realizzato uno che ingrandisce gli oggetti più di mille volte e li avvicina più di trenta. Nella seconda prende in esame la Luna, la cui superficie descrive, con il corredo di illustrazioni, come un insieme di montagne e avvallamenti (e quindi non levigata come si pensava all'epoca). Nelle ultime due tratta rispettivamente della composizione stellare della Via Lattea (formata da una miriade di corpi celesti invisibili a occhio nudo) e dei quattro pianeti (satelliti) che ruotano attorno a Giove.
Quest'ultima, in particolare, costituiva una verità destabilizzante per il sistema tolemaico, adottato dalla cultura ufficiale, che indicava nella Terra l'unico centro di moto dell'universo. Le conclusioni di Galileo, mettendo in relazione le leggi fisiche della Terra con quelle della Luna e degli altri pianeti, fornivano una conferma alla teoria eliocentrica di Copernico. Come scrisse l'ambasciatore inglese a Venezia, sir Henry Wotton, in una lettera indirizzata al re Giacomo I, quel trattato rischiava di far diventare lo scienziato pisano «o eccezionalmente famoso o eccezionalmente ridicolo».
Prevalse nell'immediato la prima impressione, con le 550 copie della prima edizione del libro che andarono a ruba in una sola settimana. Dopo una seconda edizione illegale uscita a Francoforte nello stesso anno, si dovette aspettare il 1653 (undici anni dopo la morte dell'autore) per vederne una nuova e più curata nelle illustrazioni. Questo ritardo è in parte ascrivibile al clima di ostilità che più tardi si venne formando attorno alla figura dell'autore.
Dopo i primi commenti favorevoli (tra i quali il più significativo arrivò da Keplero), il mondo accademico, composto in gran parte da aristotelici e quindi difensore del sistema tolemaico, cominciò a mettere in dubbio le sue scoperte e a screditarne la fama di scienziato. Parallelamente Galileo entrò nel mirino dell'Inquisizione cattolica che vent'anni dopo lo processò per eresia, condannandolo all'abiura delle sue concezioni astronomiche.
Un grave torto verso una mente eccelsa, cui la Chiesa tentò di porre rimedio soltanto tre secoli e mezzo più tardi, riconoscendo in parte le sue colpe (nell'ottobre del 1992). (www.mondi.it)
Curiosita'
dall'Universita'
Il Sidereus Nuncius Galileo pubblica il Sidereus Nuncius il 12 marzo 1610 presso la stamperia di Tommaso Baglioni a Venezia. Lo scritto fu composto in tutta fretta a Padova subito dopo la notte del 7 gennaio 1610 in cui Galileo poté vedere per la prima volta "Giove accompagnato da tre stelle fisse, totalmente invisibili per la loro picciolezza". La storia del Sidereus Nuncius s'intreccia con quella dell'invenzione del cannocchiale, con quella delle prima scoperte celesti realizzate mediante il suo uso astronomico e con la prima enunciazione dei caratteri costitutivi della nuova scienza. In questa opera Galileo presenta le prime scoperte da lui realizzate: mostra che la superficie lunare non è liscia ed omogenea ma, come quella terrestre, solcata da valli e increspata da monti, evidenzia l'esistenza di numerose stelle invisibili ad occhio nudo, e soprattutto scopre i satelliti di Giove. Frontespizio del Sidereus Nuncius [...] Narra dunque Galileo che addì 7 gennaio 1610, all'ora prima di notte, puntando su Giove un cannocchiale di recente costruzione, più perfetto degli altri, fu colpito dallo strano aspetto di tre stelle, disposte lungo una linea parallela all'eclittica, due a oriente ed una ad occidente del pianeta. La sera dopo, avendo ancora osservato Giove, notò con stupore che la posizione relativa del pianeta e delle tre stelle era mutata, nel senso che tutte e tre apparivano allineate ad occidente di Giove. V'era qualcosa di strano in tutto ciò. Con trepidazione Galileo attese la notte seguente, il cielo però si mantenne ostinatamente coperto. Ma nelle notti successive ogni dubbio scomparve: il pianeta aveva quattro satelliti che gli si muovevano attorno, come la Luna attorno alla Terra, come i pianeti attorno al Sole. Fin dal 13 gennaio egli aveva infatti scorto il quarto satellite, insieme con gli altri tre. La scoperta dei satelliti di Giove (chiamati da Galileo Medicea Sidera o Pianeti Medicei, in onore di Cosimo II de' Medici) indusse Galileo a rompere il silenzio ed a comunicare al mondo le sue scoperte. La Terra perdeva il privilegio assegnatole dai peripatetici d'essere unico centro di ogni moto celeste, mentre le asperità della Luna, toglievano ogni credito alla credenza che i corpi celesti fossero incorruttibili ed assolutamente lisci. Galileo decise di render pubblici i risultati delle sue prime osservazioni al telescopio, esponendoli in un libriccino di mole modesta ma denso di contenuto, intitolato Sidereus Nuncius, l'Avviso Siderale. Il Sidereus Nuncius, che Galileo volle scrivere in latino per assicurargli una più larga diffusione, venne edito dall'editore Baglioni di Venezia il 12 marzo 1610, in una tiratura di 550 esemplari, presto esauriti. L'opera, che univa al rigore scientifico il pregio di una esposizione chiara e convincente, suscitò al suo apparire una vera e propria ondata di entusiasmo. [...] Tratto da: Il Sidereus Nuncius e le scoperte astronomiche di Galileo a Padova di L. Rosino Stralcio manoscritto di Galileo Stralcio dagli appunti manoscritti di Galileo sulle osservazioni astronomiche compiute nei giorni 7-11 gennaio 1610 con l'uso del cannocchiale. Si tratta della scoperta dei quattro satelliti di Giove da lui chiamati pianeti medicei. Gli acquerelli di Galileo Nel marzo del 2007 sono stati scoperti e presentati a Padova cinque acquerelli di Galileo di cui da secoli si erano perse le tracce. La scoperta è stata comunicata dal prof. Horst Bredekamp, direttore dell'Istituto di Storia dell'Arte della Humboldt Universität di Berlino in collaborazione con il prof. William Shea, uno più noti studiosi moderni di Galileo, titolare della Cattedra Galileiana di Storia della Scienza dell'Università di Padova. Gli acquerelli, disegnati e colorati da Galileo Galilei direttamente negli spazi liberi di alcune pagine della prima copia del Sidereus Nuncius, mostrano la luna con i suoi crateri, con velature ocra e marroncino che ne rendono viva l'immagine. Il Sidereus Nuncius, era corredato da incisioni ma una sola copia è stata ritrovata, con i disegni della luna acquerellati direttamente sulla superficie delle pagine. Le analisi sulla carta e sul colore di origine vegetale utilizzati confermano l'autenticità degli acquerelli oltre alla analogia con disegni giovanili di Galileo. (www.unipd.it)
Il Sidereus Nuncius Galileo pubblica il Sidereus Nuncius il 12 marzo 1610 presso la stamperia di Tommaso Baglioni a Venezia. Lo scritto fu composto in tutta fretta a Padova subito dopo la notte del 7 gennaio 1610 in cui Galileo poté vedere per la prima volta "Giove accompagnato da tre stelle fisse, totalmente invisibili per la loro picciolezza". La storia del Sidereus Nuncius s'intreccia con quella dell'invenzione del cannocchiale, con quella delle prima scoperte celesti realizzate mediante il suo uso astronomico e con la prima enunciazione dei caratteri costitutivi della nuova scienza. In questa opera Galileo presenta le prime scoperte da lui realizzate: mostra che la superficie lunare non è liscia ed omogenea ma, come quella terrestre, solcata da valli e increspata da monti, evidenzia l'esistenza di numerose stelle invisibili ad occhio nudo, e soprattutto scopre i satelliti di Giove. Frontespizio del Sidereus Nuncius [...] Narra dunque Galileo che addì 7 gennaio 1610, all'ora prima di notte, puntando su Giove un cannocchiale di recente costruzione, più perfetto degli altri, fu colpito dallo strano aspetto di tre stelle, disposte lungo una linea parallela all'eclittica, due a oriente ed una ad occidente del pianeta. La sera dopo, avendo ancora osservato Giove, notò con stupore che la posizione relativa del pianeta e delle tre stelle era mutata, nel senso che tutte e tre apparivano allineate ad occidente di Giove. V'era qualcosa di strano in tutto ciò. Con trepidazione Galileo attese la notte seguente, il cielo però si mantenne ostinatamente coperto. Ma nelle notti successive ogni dubbio scomparve: il pianeta aveva quattro satelliti che gli si muovevano attorno, come la Luna attorno alla Terra, come i pianeti attorno al Sole. Fin dal 13 gennaio egli aveva infatti scorto il quarto satellite, insieme con gli altri tre. La scoperta dei satelliti di Giove (chiamati da Galileo Medicea Sidera o Pianeti Medicei, in onore di Cosimo II de' Medici) indusse Galileo a rompere il silenzio ed a comunicare al mondo le sue scoperte. La Terra perdeva il privilegio assegnatole dai peripatetici d'essere unico centro di ogni moto celeste, mentre le asperità della Luna, toglievano ogni credito alla credenza che i corpi celesti fossero incorruttibili ed assolutamente lisci. Galileo decise di render pubblici i risultati delle sue prime osservazioni al telescopio, esponendoli in un libriccino di mole modesta ma denso di contenuto, intitolato Sidereus Nuncius, l'Avviso Siderale. Il Sidereus Nuncius, che Galileo volle scrivere in latino per assicurargli una più larga diffusione, venne edito dall'editore Baglioni di Venezia il 12 marzo 1610, in una tiratura di 550 esemplari, presto esauriti. L'opera, che univa al rigore scientifico il pregio di una esposizione chiara e convincente, suscitò al suo apparire una vera e propria ondata di entusiasmo. [...] Tratto da: Il Sidereus Nuncius e le scoperte astronomiche di Galileo a Padova di L. Rosino Stralcio manoscritto di Galileo Stralcio dagli appunti manoscritti di Galileo sulle osservazioni astronomiche compiute nei giorni 7-11 gennaio 1610 con l'uso del cannocchiale. Si tratta della scoperta dei quattro satelliti di Giove da lui chiamati pianeti medicei. Gli acquerelli di Galileo Nel marzo del 2007 sono stati scoperti e presentati a Padova cinque acquerelli di Galileo di cui da secoli si erano perse le tracce. La scoperta è stata comunicata dal prof. Horst Bredekamp, direttore dell'Istituto di Storia dell'Arte della Humboldt Universität di Berlino in collaborazione con il prof. William Shea, uno più noti studiosi moderni di Galileo, titolare della Cattedra Galileiana di Storia della Scienza dell'Università di Padova. Gli acquerelli, disegnati e colorati da Galileo Galilei direttamente negli spazi liberi di alcune pagine della prima copia del Sidereus Nuncius, mostrano la luna con i suoi crateri, con velature ocra e marroncino che ne rendono viva l'immagine. Il Sidereus Nuncius, era corredato da incisioni ma una sola copia è stata ritrovata, con i disegni della luna acquerellati direttamente sulla superficie delle pagine. Le analisi sulla carta e sul colore di origine vegetale utilizzati confermano l'autenticità degli acquerelli oltre alla analogia con disegni giovanili di Galileo. (www.unipd.it)
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