Eduardo Scarpetta, all’anagrafe Odoardo Lucio Facisso Vincenzo Scarpetta, attore e commediografo italiano, nasceva 166
anni fa. Fu il più importante attore e autore del teatro napoletano tra la fine dell’Ottocento e i primi
del Novecento, capostipite della dinastia teatrale degli Scarpetta-De Filippo. Creò il teatro dialettale moderno, ancora
oggi in uso, e si specializzò nell’adattare la lingua napoletana in
moltissime pochade francesi; la sua commedia più celebre, Miseria e nobiltà, fu però una creazione
originale del suo repertorio. Vanta una carriera lunghissima di commediografo (dal 1875), interrotta bruscamente da una celebre
causa intentatagli da Gabriele D’Annunzio nel 1904. Scarpetta fu anche attore cinematografico agli albori della “settima arte”. Egli girò alcuni film
per una casa di produzione milanese, la “Musical Film” di Renzo Sonzogno,
tratti dalle sue commedie: Miseria e nobiltà (1914, diretto
da Enrico Guazzoni), La nutrice (1914, diretto da Alessandro Boutet), Un
antico caffè napoletano (1914), Tre pecore viziose (1915)
e Lo scaldaletto (1915) diretti da Gino Rossetti. Di questi
film ci rimangono solo alcune foto di scena di Scarpetta e di altri interpreti.
Padre di numerosi figli, ben nove (riconosciuti e no): oltre a Vincenzo, Domenico, Maria Scarpetta, vi sono i
celebri Eduardo, Peppino e Titina De Filippo, il poeta Ernesto Murolo (padre del
cantante Roberto Murolo), Eduardo (De Filippo) in arte Passarelli e suo fratello Pasquale De Filippo.
Figlio di un funzionario
statale, Domenico Scarpetta (che tentò più volte di avviarlo agli studi e alla
sua carriera) e di Emilia Rendina, il suo nome di battesimo fu Odoardo Lucio
Facisso Vincenzo. Nel 1868, all’età di quindici anni decise di entrare in una compagnia teatrale: in
primo luogo per seguire la sua ambizione, ma anche per poter aiutare la
famiglia trovatasi in gravi condizioni economiche per il cattivo stato di
salute del padre. Riuscì così a farsi presentare dall’attore Andrea Natale
all’impresario Alfonso Ventura, il quale lo scrittura come generico nella
compagnia di Antonio Petito di cui divenne capocomico nel 1879.
Dal 1870 comincia il suo successo personale
con l’interpretazione di Felice Sciosciammocca. Lo stesso Antonio Petito scritturò Scarpetta
conformando su di lui il personaggio di Felice Sciosciammocca che accompagnava
Pulcinella nelle sue farse. Petito scrisse infatti
per Scarpetta alcune farse fra cui le più note sono: Feliciello
mariuolo de ‘na pizza e Felice Sciosciammocca creduto
guaglione ‘e n’anno. che Scarpetta porterà in scena insieme ad alcuni copioni
che lui stesso, ormai esperto, aveva approntato. Dopo la morte di Petito,
sostituito da De Martino, lascia il San Carlino. Ambizioso, arrivista, mira ad emergere ad ogni costo, preferendo patire
la fame piuttosto che sottostare a Davide Petito, nuovo capo della
compagnia. Dopo un brevissimo periodo trascorso a Roma, nella compagnia di Raffaele Vitale (uno dei più
celebri Pulcinelladell’epoca)
prende in affitto con alcuni comici del San Carlino un baraccone sul Molo, il
Metastasio, dove rappresenta alcuni suoi lavori. Nel 1878 accetta di far ritorno al San
Carlino, sapendo che al suo fianco avrebbe recitato in sottordine il
pulcinella Cesare Teodoro; qui ottiene un grande
successo con la commedia Don Felice maestro di calligrafia meglio conosciuta
come Lu curaggio de nu pompiere napulitano. L’anno successivo
viene scritturato per una tournée a livello nazionale.
Nel 1880 ottenne un prestito di 5.000 lire
dall’avvocato Severo e, grazie alla sua tenacia, riesce a riaprire e rinnovare
il vecchio e glorioso teatro San Carlino, dove debutta il 1º settembre con la
commedia Presentazione di una
Compagnia Comica. Egli stesso, nelle sue Memorie racconta che «Il pubblico
sorpreso e ammirato dall’affiatamento della compagnia, dalla naturalezza della
recitazione, dalla inappuntabile proprietà del vestiario, rise e applaudì
fragorosamente». Iniziò così una stagione di grandi successi, che lo portano
ben presto a diventare un idolo. Diventato ormai un capocomico di successo,
nato da una famiglia modesta, possiede ora un palazzo in Via Dei Mille,
costruito dallo stesso architetto del Teatro Bellini, Vincenzo Salvietti, carrozze e cavalli.
Sposato dal 1876 con Rosa De Filippo (la quale, da
giovane, era stata amata dal re Vittorio Emanuele II e si mostra spesso con diademi e brillanti degni
di una regina) aveva poi intrecciato una relazione con la nipote di
costei, Luisa De Filippo.
Il 15 maggio 1889 ottenne un memorabile successo
con ‘Na Santarella al Teatro Sannazzaro di via Chiaia.
Tutta Napoli, elegante e mondana, accorre al piccolo teatro, e con gli incassi
della commedia, che gli apre definitivamente le porte della capitale, si fece
costruire una villa sulla collina del Vomero, chiamata appunto Villa La Santarella, dove sulla facciata principale campeggiava la
scritta «Qui rido io!» che qualche anno dopo vendette perché la moglie aveva
paura di abitarci da sola quando il marito era in tournée. Il suo successo più
grande, Miseria e nobiltà, che in seguito ebbe
tre trasposizioni cinematografiche (memorabile fu quella del 1954 con Totò), fu scritto unicamente
per permettere la partecipazione alla commedia del figlio dodicenne Vincenzo,
che nella prima rappresentazione recitò nel ruolo di Peppiniello.
La fondazione del Teatro Salone Margherita, il primo grande
varietà napoletano, costruito nei sotterranei della nuova Galleria Umberto I, cominciò a minare le fortune del commediografo, che
in risposta alla nuova moda si ripresentò al pubblico con un suo Cafè-chantant, ma il colpo di grazia gli arrivò
nel 1904, quando fu protagonista
suo malgrado di una delle più clamorose vicende teatrali dell’epoca: quella
riguardante la parodia de La figlia di Iorio di Gabriele d’Annunzio, che gli procurò un cocente insuccesso (D’Annunzio
addirittura lo trascinò in tribunale per una memorabile causa durata tre anni,
dal 1906 al 1908, che comunque Scarpetta vinse) e tante
amarezze. Moltissime sono le critiche di questi anni, soprattutto da parte
di Salvatore Di Giacomo e Roberto Bracco. Unica voce in sua
difesa fu quella di Benedetto Croce.
Nel 1909, deluso e amareggiato, si ritirò dalle
scene, dopo aver preso parte alla parodia La Regina del Mare, composta dal figlio
Vincenzo, al quale egli impone di essere suo continuatore nel ruolo di
Sciosciammocca. Nel 1920 scrisse un saggio sui caratteri innovatori dell’arte di Raffaele Viviani. Morì nel 1925, all’età di 72 anni, e i suoi funerali
furono imponenti: venne imbalsamato e deposto in una bara di cristallo; riposa
nella cappella delle famiglie De Filippo, Scarpetta e Viviani al Cimitero di Santa Maria del Pianto a Napoli. Le sue commedie
vennero riprese molte volte e sono spesso in cartellone. Oltre al figlio
Vincenzo, anche altri celebri attori napoletani, come i fratelli Aldo e Carlo Giuffré, recitarono le sue
commedie brillanti. Sul grande schermo vennero ricavati diversi film dalle sue
commedie, oltre a tre versioni del suo capolavoro, anche se la versione muta
del 1914 è da considerarsi perduta. https://telecaprinews.it/2019/03/13/eduardo-scarpetta-a-166-anni-dalla-sua-nascita-il-ricordo-del-capostipite-della
Nessun commento:
Posta un commento