Non c'è bisogno di
essere eroi, basterebbe ritrovare il coraggio di aver paura, il coraggio di
fare delle scelte, di denunciare. Giuseppe
Diana
Giuseppe Diana nasce il 4 luglio del
1958 a Casal di Principe, vicino ad Aversa, figlio di genitori proprietari
terrieri. A dieci anni entra in seminario ad Aversa, dove frequenta le scuole
medie. Ottenuto il diploma di liceo classico, si trasferisce a Posillipo per
compiere studi teologici nel seminario locale, sede della Pontificia Facoltà
Teologica dell'Italia Meridionale.
Giuseppe si licenzia in Teologia
Biblica, per poi laurearsi presso l'Università Federico II di Napoli in
Filosofia. Entrato nell'Agesci (Associazione Guide e Scouts Cattolici
Italiani), viene ordinato sacerdote.
Nominato assistente ecclesiastico del
Gruppo Scout di Aversa, ottiene in seguito la carica di assistente del settore
Foulards Bianchi. A partire dal 19 settembre 1989 è parroco a Casal di
Principe, nella parrocchia di San
Nicola di Bari.
Poco dopo viene nominato segretario di
monsignor Giovanni Gazza, vescovo della diocesi di Aversa, e diventa insegnante
di religione cattolica all'istituto professionale alberghiero e all'istituto
tecnico industriale statale "Alessandro Volta" di Aversa; insegna,
inoltre, materie letterarie nel liceo del seminario "Francesco
Caracciolo". In questi anni Giuseppe, da tutti conosciuto come Don
Peppino, si impegna ad aiutare la gente della sua città: è il periodo in
cui la camorra casalese legata a Sandokan (così è
soprannominato il boss Francesco Schiavone) semina terrore e paralizza
la vita campana.
Gli uomini della criminalità organizzata
contro cui si batte Don Diana, infatti, non si occupano solo della
gestione dei traffici illeciti, ma fanno parte anche dell'economia legale,
infiltrati negli enti locali, al punto da costituire una camorra imprenditrice.
Giuseppe si ribella a queste ingiustizie: nel 1991 viene diffuso, il giorno di
Natale, un suo scritto intitolato "Per
amore del mio popolo",
letto in tutte le chiese di Casal di Principe e dell'Aversano.
La lettera rappresenta un manifesto a
sostegno dell'impegno contro la criminalità organizzata, in cui Don
Peppe Diana esprime tutta la propria preoccupazione per l'impotenza
delle famiglie, costrette a vedere i propri figli mandanti o vittime dei
delitti della camorra.
Il sacerdote campano, in quel documento,
definisce la camorra come una forma di terrorismo che prova a diventare una
componente endemica della società, imponendo le proprie leggi e incutendo paura
tramite regole inaccettabili e armi pericolose. Don Diana denuncia
esplicitamente i traffici illeciti per la compravendita di sostanze
stupefacenti, le tangenti sui lavori edili, gli scontri tra fazioni e i laboratori
di violenza che in quei luoghi sorgono con frequenza sempre maggiore.
Egli paga, però, il suo coraggio con la
vita: il 19 marzo del 1994, giorno del suo onomastico, poco dopo le sette del
mattino Giuseppe viene ucciso, mentre si prepara a celebrare la Messa, nella
sacrestia della sua chiesa a Casal di Principe.
Un assassino gli spara con una pistola:
due proiettili lo colpiscono alla testa, uno alla mano, uno in faccia, uno
al collo;
per Giuseppe non c'è niente da fare, la morte è immediata.
L'assassinio di Don Peppino
Diana, dovuto al suo impegno contro la mafia, ha tutti i caratteri
dell'esecuzione di stampo camorristica, e ottiene una vasta risonanza in tutta
Italia, inducendo anche Papa Giovanni Paolo II a proclamare un messaggio di cordoglio per il
sacerdote durante l'Angelus.
Il nome e la memoria di Giuseppe
Diana, però, non scompaiono: il 25 aprile del 2006 nasce ufficialmente il
"Comitato Don Peppe Diana" a Casal di Principe, mentre quattro
anni più tardi il liceo scientifico di Morcone, in provincia di Benevento,
viene intitolato a lui.
A marzo del 2014, invece, a vent'anni
dalla morte di Don Peppe viene trasmessa su Raiuno la miniserie "Per
amore del mio popolo", ispirata alla vita di Don Peppe: a
interpretarlo è l'attore Alessandro Preziosi
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