Il 15 settembre 2019
sono 25 anni dalla misteriosa morte di Moana Pozzi. Una delle più famose
pornoattrici italiane era nata nel 1961 a Genova. Su di lei molto è stato detto
e scritto. Eccone 6 cose su Moana che in pochi sanno.
C’era una volta Moana Pozzi, la diva del porno che
sorrideva in tv
A 25 anni dalla sua morte, domenica 15 settembre Iris le dedica una
programmazione speciale con il film del ‘92 «Amami» e uno speciale che
raccoglie le apparizioni dell’attrice sui canali Mediaset
Aveva solo 33 anni quando il suo cuore smise di battere in un
ospedale di Lione. Era il 15 settembre 1994. Ad ucciderla, un tumore al
fegato. Moana Pozzi non c’era più. Ma venticinque anni dopo il suo personaggio
è ancora vivo nell’immaginario pop, tanto da costringere nel 2016 la
Disney a distribuire in Italia il film d’animazione Moana con il titolo Oceania. Da noi di Moana ce n’è
solo una. E allora meglio non generare confusione e soprattutto
anticipatici incidenti con i motori di ricerca. Libri, spettacoli teatrali,
documentari, biopic sulla vita e la morte di questa pornostar così atipica
non hanno mai fatto calare il sipario sul suo personaggio. E, come spesso
succede a chi muore giovane, il mito le è sopravvissuto.
Proprio nell’anniversario della sua scomparsa, Iris le
dedica una programmazione speciale con la prima tv – alle 21,15 –
di Amami (film del 1992
diretto da Bruno Colella, che ne è sceneggiatore con Giovanni Veronesi, e
con un cast di grandi caratteristi composto da Novello Novelli, Carlo
Buccirosso, Flavio Bucci, Carlo Monni, ai quali vanno aggiunti Edoardo
Bennato e Tony Esposito), e alle 23.30 il documentario Moana Pozzi: storia di una diva.
Quest’ultimo è un montaggio di diverse sue apparizioni nelle trasmissione dei
canali Mediaset a cavallo tra gli Anni 80 e i 90 che riassume il
Moana-pensiero. In apertura c’è l’annuncio della morte dato dal Tg5 e
colpisce vederla nella sua ultima apparizione in tv, ospite di Gerry Scotti
a Il Quizzone, su Canale 5: è
smagrita, già segnata dalla malattia che di lì a pochi giorni l’avrebbe portata
al ricovero in ospedale. Ma ancora bella e sorridente. Era il 12 luglio, la
puntata andò in onda l’11 settembre, quattro giorni prima della morte.
La si ascolta poi rispondere alle domande
di Giuliano Ferrara ne L’istruttoria,
a quelle di Maurizio Mosca all’Appello
del martedì, di Silvana Giacobini in Gente comune e
di Raffaella Carrà in Il
Principe azzurro (da questo programma è tratto anche un suo,
tutto sommato casto, spogliarello). E poi la si può
apprezzare accanto a Gerry Scotti in Candid Camera Show e fare da spalla all’ironia di
Raimondo Vianello nel Gioco dei
nove. La si ritrova – nuda o avvolta nel
cellophane –provocare in L’araba
fenice di Antonio Ricci, programma cult della seconda serata
di Italia 1 che tante polemiche scatenò nell’88. Ma la ritroviamo anche cantare
e ballare nella parodia musicarella dell’Odissea di
Beppe Recchia con Teo Teocoli e Mauro Di Francesco.
Non si può non restare
abbagliati dalla sua bellezza e colpiti dall’eloquio. Lei, l’attrice hard
che però sapeva esprimersi in un italiano corretto, arrivava da una buona
famiglia genovese, liceale che aveva studiato al conservatorio, oltre che
recitazione, e che si era laureata. Era l’anomalia nel sistema, molto di
più e in maniera differente rispetto all’antesignana Cicciolina, era la
pornostar che usciva dai circuiti a luce rossa per entrare nelle case degli
italiani affacciandosi dal televisore. Stella del porno, ma presenza televisiva
elegante e mai volgare. Espressione di un erotismo consapevole. «Ho fatto
quello che volevo: diventare un personaggio diverso. Non posso dire di non
esserci riuscita». Quasi sempre avversata, però: si pensi al contenitore
pomeridiano di Raitre Jeans,
del quale condusse solo poche puntate al fianco di Fabrizio Frizzi prima di
esserne allontanata dopo la protesta della Federcasalinghe. Era il 1987 e
Moana aveva già iniziato la sua carriera da attrice porno guidata da Riccardo
Schicchi. Secondo i benpensanti dell’epoca quei due mondi non potevano
convivere.
Non mancano nemmeno le testimonianze del suo impegno politico alla
guida del Partito dell’Amore, che lei rifondò nel ‘92 dopo
l’abbandono di Ilona Staller. Vi si scorge una certa ingenuità ma,
accanto a un generico impegno nella lotta a criminalità e alla corruzione, c’è
anche l’anticipazione di un tema tanto caro al Movimento 5 Stelle (e non solo):
la riduzione degli stipendi dei parlamentari. Il partito si presentò alle
elezioni, in piena era Mani pulite, ma fu un flop.
Moana sorride, sorride sempre. Anche quando rivendica con forza la
sua scelta di vita: «Noi viviamo nella cultura dal castigo, della punizione e
del privarci di tutto – dice a Costanzo -. Quindi il piacere non bisogna
provarlo, non bisogna sentirlo, non bisogna cercarlo. Bisogna castigarsi,
condannarsi e coprirsi il capo di cenere perché siamo fatti così. Io
invece, alla faccia di tutti, il piacere lo cerco, mi diverto, sto bene».
Sorride, ma è possibile però scorgere nei suoi occhi un’ombra di malinconia
che nasce dal desiderio di essere accettata senza rinunciare ad essere
quella che è. La sua colpa era evidentemente essere una superstar
dell’hard e al contempo volere uscire dal ghetto della pornografia. Un ghetto
assai ricco a dire, il vero, visto che si favoleggia guadagnasse 100 milioni di
lire al mese, senza contare i ricchissimi introiti che le provenivano dal
mercato americano. Chissà come sarebbe andata se il tumore non l’avesse uccisa.
Avrebbe proseguito la carriera hard o avrebbe definitivamente fatto il salto
diventando un volto della nostra tv (o magari del cinema) tout court? Come
avrebbe affrontato l’invecchiamento e il corpo che cambia, lei che del corpo
aveva fatto uno strumento di lavoro ma che aveva nell’intelligenza l’arma in
più? Domande che resteranno senza risposta, non le uniche.
Moana Pozzi: storia di una diva si sofferma
anche sui misteri intorno alla morte, nati in seguito alla scomparsa che
precedette la morte e a causa della mancata celebrazione del funerale, così
come dell’assenza delle immagini della camera ardente. Il sussurro diventato un
urlo: è morta di Aids. Ma non era vero. Una morte avvenuta lontana dai
riflettori, senza nemmeno una tomba su cui lasciare un fiore. Ne è sorta
l’inevitabile leggenda: Moana non è morta, è fuggita per rifarsi una vita.
Nonostante l’Hôtel-Dieu di Lione, la clinica in cui era ricoverata,
ne abbia confermato la morte: nell’estratto di Top Secret si sente
un’addetta dell’ospedale rispondere alla giornalista.
La verità è che Moana Pozzi non c’è più. Aveva 33 anni
e una vita ancora da costruire. Resta l’icona. Magra consolazione per
chi le ha voluto bene. ROBERTO
PAVANELLO 13 Settembre 2019 - https://www.lastampa.it/spettacoli/tv/2019/09/13/news/c-era-una-volta-moana-pozzi-la-diva-del-porno-che-sorrideva-in-tv-1.374519
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