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domenica 4 settembre 2016

Lo Sapevate Che: Amatrice tesoro gotico di pietra...



L’Immagine più vicina che ho nella memoria dei luoghi devastati dal terremoto è quella di Arquata del Tronto, dove chiese, monumenti e castelli sono stati gravemente lesi se non distrutti. La chiesa parrocchiale ha una facciata semplice e un importante portale in arenaria. Nel semplice interno con altari lignei, sicuramente sopravvissuti, vi è un crocifisso policromo ritenuto la statua più antica delle Marche. Alto è il suo valore simbolico  perché viene dalla chiesa di San Salvatore di sotto ad Ascoli ed è stata al centro di una disputa con gli arquetani che la portarono nella loro chiesa nel 1680. Si tratta di un opera notevole, nonostante il dubbio restauro, perché è in relazione con la tradizione spoletina del XII e XIII secolo. E perché se ne conoscono gli autori, i due frati benedettini, Ranieri e Bernardo. Un altro edificio notevole per ragioni di culto e di straordinaria suggestione, immediatamente fuori del paese, nella frazione di borgo di Arquata, è la chiesa di San Francesco, che conserva una riproduzione fedele della Sindone. Anche nel caso di San Francesco la situazione non appare disperata.  All’interno della chiesa molti altari lignei di teatrale evidenza. Lo spazio è diviso in due navate, con colonne a base quadrata, su conci di pietra. Il soffitto è a cassettoni quadrangolari, la cantoria lignea è in dialogo con il pulpito, su colonne tortili, e con il notevole coro del Quattrocento. Sulla parete di sinistra, dopo l’altare della Madonna del Rosario, vi è un affresco datato 1527, in relazione con la scuola di Coca dell’Amatrice. Pregevole anche la statua lignea di Sant’Antonio. Molto più grave è la situazione di Amatrice, a circa 18 km da Arquata, lungo un percorso che tocca Accumuli, da cui giungono notizie assai poco rassicuranti. Tra le cose preziose di questo paese, un tempo integro e pittoresco, la più eminente probabilmente è (o era) la torre civica, del XII secolo, storico simbolo delle libertà comunali, unica in tutta la valle del Tronto. Alla sinistra della torre civica vi è (o era) il palazzo del podestà a blocchi di arenaria squadrati e lisci con due grandi arcate a piano terra. Assai significativi erano i palazzi, certamente lesi, Marini, Cappello e Organtini. Il Cappello era un edificio a cinque piani, costruito nel punto più alto di Accumuli, in prossimità della Rocca. Si trattava di un notevole palinsesto costruito di parti edificate in tempi distinti: la più antica, cinquecentesca, è in pietra a vista squadrata, con finestre monumentali; i diversi piani erano collegati da una scala elicoidale con gradini in arenaria incastrati nel muro, di elaborazione assai rara. (..). Infine la bella Amatrice,città delle torri, città decapitata. Penso subito al destino delle opere del grande pittore che porta la sua città nel nome, Cola dell’Amatrice, amico di Raffaello:  due tavole con Giovanni Evangelista e Maddalena e con i santi Pietro e Paolo, a quanto ricordo depositate nel circolo culturale Nicola Filotesio. (..). Nel centro storico resiste la chiesa di sant’Agostino, con un mirabile portale gotico e importanti affreschi sono nella chiesa di Sant’Emidio, e ancora nella chiesa di San Francesco. La facciata di quest’ultima, di impianto abruzzese, ha un rosone e un portale gotico di marmo. L’impresa più difficile sarà una ricostruzione fedele alla memoria e rispettosa delle pietre. Come non è avvenuto in molti borghi intorno all’Aquila. Ma Arquata, Accumuli e Amatrice sono centri essenziali per l’arte italiana. Per il medioevo e il rinascimento. E non dovranno restare rovine abbandonate.
Vittorio Sgarbi – La Scossa – Non abbandoniamo mai la bellezza distrutta – L’Espresso – 28 agosto 2016

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