Un terremoto che porta ingenti
distruzioni spinge le autorità ad applicare con severità ima seria normativa
antisismica. Quello che si spera accada ora, dopo il terremoto di Amatrice del
24 agosto scorso, è ciò che successe davvero dopo il sisma che nel 1783 colpì
Messina e la Calabria meridionale, uno dei più spaventosi che l’Italia abbia
conosciuto. “Tra febbraio e marzo di quell’anno si susseguirono decine di
scosse, almeno quattro di intensità intorno al settimo grado” ci spiega
l’architetto Nicola Ruggieri, dell’Università della Calabria, autore di L’ingegneria antisismica nel regno di Napoli
(..). “Fra Reggio e Vibo Valentia la distruzione fu quasi totale, con un numero
di vittime stimato fra le 30 e le 50 mila. Dai geologi europei che si trovarono
a Napoli per studiare terremoti e vulcani del Sud Italia, arrivarono allora
proposte per prevenire e limitare i
danni dei sismi. Alcune di queste erano bizzarre, ma altre molto intelligenti,
come le tecniche per rinforzare gli edifici. Questi suggerimenti furono
incorporati dal governo borbonico nel primo regolamento antisismico europeo,
che doveva guidare in Calabria sia la ricostruzione che la “messa a norma”
degli edifici rimasti in piedi. E fu applicato con severità: secondo una
cronaca una nobildonna di Reggio che aveva cercato di aggirare le norme fu
costretta a demolire il suo nuovo palazzo e a ricostruirlo secondo le regole.
Oltre a proibire edifici di più di due piani, con eccezioni per la nobiltà, l’idea
alla base del regolamento era quella, sempre valida, di 2inscatolare
l’edificio”, per impedire che le scosse stacchino le mura fra loro e dal tetto,
facendolo collassare. “Vennero perciò inserite nei muri cornici di legno di
quercia e castagno, riempite di muratura e unite fra loro agli angoli e con i
solai. Il legno aggiunge quella resistenza alla trazione che manca alla
muratura, assorbe parte dell’energia delle scosse e impedisce il ribaltamento
del muro”. Che questi accorgimenti abbiano funzionato, prima di venire
abbandonati nei successivi decenni di quiete sismica. Lo dimostra l’esistenza
ancora oggi in Calabria di decine di edifici borbonici, che hanno passato
indenni i terribili terremoti del 1905 e del 1908. Per un’ulteriore conferma,
nel 2013 Ruggieri chiese all’Istituto per la valorizzazione del legno del Cnr
di Trento di verificare l’efficacia dell’antisismica borbonica, costruendo in
laboratorio la replica di un muro del palazzo vescovile di Mileto, per
sottoporre a sforzi orizzontali simili a quelli indotti da forti terremoti. I
risultati furono ottimi, con i danni limitati a qualche cedimento nella
muratura. Potremmo dunque recuperare la tecnica per ristrutturare le case delle
zone sismiche? “Una sola prova su un muro non basta certo a certificare
l’efficacia” ci dice l’ingegner Andrea Polastri dell’Invalsa, che nel 2013
eseguì i test sul muro. “Servirebbero altri test su strutture intere.
Scientificamente sarebbe interessante: va detto però che anche con i materiali
moderni si possono ottenere le stesse caratteristiche rinforzanti del legno con
spessori molto minori e uniformità di risultato”.
Alessandro Codegoni – Scienze- Il Venerdì di Repubblica – 16
Settembre 2016 -
Nessun commento:
Posta un commento