Silenzioso come uno
spettro, inarrestabile come un sospetto, il folletto del termostato
vaga nella mia casa, seminando, come tendono a fare i folletti, zizzania.
Alzando e abbassando la temperatura, tra le sdegnate proteste degli umani che
vi abitano, lo spettro del termostato agisce in strana, ma implacabile sintonia
con le preferenze che anche le ricerche scientifiche ormai confermano: i maschi
preferiscono generalmente il freddo, le femmine il caldo. Ma poiché non si può sposare una ricerca
scientifica, né esiste una sentenza definitiva sulla temperatura ideale, la
soggettività delle persone prevale. E quei 24 gradi che a qualcuno, come a me,
sembrano il Tropico, a un altro, o a un’altra, scatenano brividi Antartici.
Furono appunto 24,4 gradi centigradi, pari a 76 dei gradi Fahrenheit usati in
America, la temperatura che un folletto in carne e ossa, il Presidente Jimmy
Carter, fissò come livello inflessibile in tutti gli edifici, le caserme, gli
uffici federali dopo la prima grande crisi del petrolio negli anni ’70. Era una
misura ragionevole, rispetto al clima da banco dei surgelati che allora regnava
negli edifici e nei supermarket americani, ma parbe un diktat che scatenò
sudorazioni incontenibili negli uomini e geloni nelle donne. Sarebbe, questo
dibattito sulla climatizzazione, un dilemma irrisolvibile, se non fosse
arrivato in questi giorni di una fine estate ancora una volta rovente, il
lavoro un po’ dispettoso condotto da un ricercatore di Harvard – mica
bruscolini – sulle conseguenze della temperatura sugli studenti. Ricerca dalla
quale si evince che il caldo ha effetti negativi sulla produttività e sul
lavoro, manuale come intellettuale. (..). Quando il termometro saliva oltre i
30 gradi centigradi, i poveri studenti ne uscivano con le massime percentuali
di respinti. Chi ha la sfortuna di sostenere quell’esame nelle giornate più
calde ha il 20 per cento di possibilità in meno di farcela. Gli stessi effetti
negativi della calura sono stati notati nelle scuole elementari pubbliche, dove
l’aria condizionata è spesso più un rumoroso accessorio che una fonte di
refrigerio e di deumidificazione. A parità di condizioni sociali, famigliari e
di ambiente culturale, i bambini accaldati rendono meno dei bambini più
freschi. (..). Per climatizzare gli ambienti chiusi, le case, gli uffici, gli
alberghi costruiti come scatole sigillate ed evitare di bollirci dentro, i
compressori dei condizionatori devono lavorare duro e consumare quella energia
che contribuisce al riscaldamento generale, in un “loop, in un circolo vizioso,
che ora anche nazioni del Tropico contribuiscono ad alimentare. Per stare più
freschi generiamo più caldo: quel caldo
che, anche salendo solo di pochi gradi, uccide. In India, calcola l’Organizzazione
Mondiale della salute, l’aumento di un solo grado centigrado della temperatura
media generale produce un aumento del 10 per cento nella mortalità. Lascerò
quindi copie di queste ricerche e del New Times che le ha pubblicate
sparpagliate in giro per casa, nella speranza, lo preciso per il folletto del
termostato (che non sono io, sia ben chiaro, lo preciso per mia moglie che
legge questa rubrica) si commuova e nella notte abbassi la temperatura di un
grado. Non l’ho mai visto all’opera, ma sono sicuro che sa leggere.
Vittorio Zucconi – Opinioni – Donna di Repubblica – 24
settembre 2016
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