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mercoledì 28 settembre 2016

Lo Sapevate Che: Seil mondo cambia, non resta che cambiare...



Mi Capita Ogni volta che inciampo in tracce di un passato che non c’è èiù ma che è stato anche mio. Quando rivedo fotografie delle signorine buonasera della Rai, quando mangio le caramelle dimenticate della mia infanzia, quando guardo certi film che raccontano un’Italia aliena, in apparenza meno contorta di quella odierna, quando incontro un telefono Sip a disco, quando entro in una latteria, quando qualcuno dice “vattelappesca” o “satanasso”. Sono colta da un improvviso struggimento. Non sono nostalgica e non penso affatto che la linea del tempo sia un piano inclinato, in progressiva discesa verso la  la rovina. Tuttavia la trasformazione del mondo intorno a noi, delle parole che adoperiamo, scava solchi incolmabili e impietosi tra noi che viviamo il presente e chi pur vicino a noi, non lo vive più. Mio padre era un uomo curioso. Quando apparvero i primi personal computer lui comprò un Commodor64 e imparò rapidamente a usarlo con un entusiasmo e una passione che – perfidamente non mi stancavo di rimproverargli  - non aveva mai mostrato per noi figli.(..).Si era iscritto a Facebook quando ancora per molti era una landa infida popolata da corsari. “Devo capire”, diceva. Faceva buffi esperimenti su Twitter per prendere le misure del nuovo. Con l’inquietudine dei pionieri, aveva pensieri vivaci e inafferrabili. Sembrava impossibile che potesse invecchiare. Infatti si è fermato prima.  Il suo mondo è finito nel 2012. Quello di tutti noi che siamo rimasti è andato avanti. Mi sono in qualche modo conciliata con la sua assenza, ho imboccato una via del dolore che fa meno male, l’ho trasformato in una presenza che mi porto dentro con responsabilità e orgoglio. Ma con l’idea che lui sia rimasto, in un tempo che diventerà remoto e in un mondo che resterà intrappolato nelle vecchie fotografie, non riesco proprio a fare pace. Tra qualche anno abiteremo una terra che non sarà più la sua e questa progressiva e inevitabile estraneità dell’ambiente rispetto a chi non c’è più, mi annichilisce. (..). “Cosa stai facendo?” “Guardo un video di Moira”. “Moira Orfei?”. “Eh?” “Stai guardando una signora in un circo?” “Ma no! Moira è una You Tuber che fa videogiochi”. Mio figlio di mezzo, se lasciato libero, seguirebbe per ore una tizia senza volto che gioca e, nel frattempo, si filma a uso e consumo di nerd in erba, “”Siediti qui vicino a ne, mamma”, m’invita facendomi spazio sul divano. “ “Guarda, sono nati tre gemelli!” “A Moira?” “No, alla famiglia del suo videogioco”. Mio figlio seienne ha una playlist di musica tutta sua. Dentro ci sono canzoni marziane cantate da un divo anfibio e digitale che si chiama Crazy Frog. Il primogenito adolescente comunica esclusivamente a grugniti e recriminazione, eppure su WhtsApp riesce a scrivermi pensieri bellissimi. E’ possibile tenere insieme il volto rassicurante serata di Nicoletta Orsomando che annunciava i programmi per la serata, la carta carbone, i romanz Urania, le canzoni di Gaber cantante da mio papà mentre si faceva la barba,il primo messaggio di posta elettronica, la scoperta di Facebook, Moira e i selfie buffi di mio figlio inviati via whatsApp, senza perdere l’identità e l’equilibrio? Senza tradire né padri né figli? E’ possibile e doveroso credo. Per chi è venuto prima, per chi è arrivato dopo, per le responsabilità che abbiamo verso di loro e verso la vita.
Claudia de Lillo – Opinioni – Elasti – Donna di Repubblica – 24 settembre 2016

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