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lunedì 26 settembre 2016

Lo Sapevate Che: Il rischio di avere un robot per amico (o innamorarsene)...



Si può diventare amici di un robot o addirittura innamorarsene? E’ una domanda che l’anno scorso era ancora fantascienza (con il film Ex machina di Alex Garlandi) ma che oggi, con la presenza di interfacce come Cortana di Windows o giocattoli parlanti come Hello Barbie, inquieta gli studiosi di scienze sociali per la sua attualità: “I colossi tecnologici, in particolare quelli della Silicon Valley, vogliono convincerci che il nostro bisogno di comunicare e socializzare possa essere soddisfatto indifferentemente da un altro essere umano, da un robot o da un programma di intelligenza artificiale”dice Kathleen Richardson, antropologa e docente di robo-etica all’Università di Leicester. La Richardson è tra i protagonisti di Trieste Next 2016 (da oggi al 25 settembre), Hermesse di scienza e tecnologia promossa dal Comune di Trieste insieme a Università, Regione e Sissa (Scuola internazionale superiore di studi avanzati dedicata quest’anno al tema Umano post umano.”Il post –umano è, in sostanza, un prodotto. Il messaggio di chi realizza robot o personaggi in realtà virtuale da compagnia è: “Non hai intimità con altri essere umani, né amicizie? Tranquillo: noi costruiremo macchine che interpreteranno questi ruoli per te”. In questo modo, però, ciò che si afferma è una visione strumentale degli altri. Perché il robot, in fondo, è uno schiavo: del resto Aristotele definiva gli schiavi proprio “strumenti animati”. L’antropologa è anche la mente della Campagna contro i robot sessuali (campaignagainstsexrobots.org) con cui si chiede la messa al banda degli androidi-concubini che aziende come RealDolls annunciano per il 2017. “La diffusione dei robot sessuali, ancor più della pornografia, rafforzerà l’idea che il sesso è solo questione di usare altri corpi come strumenti”. Il rischio che la frequentazione coi robot possa peggiorare le relazioni umane è uno dei temi del nuovo saggio di Sherry Turkle, docente di  Sociologia della scienza al Mit: La conversazione necessaria: la forza del dialogo nell’era digitale (..). “Oggi abbiamo giocattoli a cui l’intelligenza artificiale dà la parola. Ma facendosi coinvolgere in queste conversazioni con loro, i bambini sperimentano un’empatia fittizia come se fosse vera empatia” dice Turkle. E se iniziamo a trattare i robot come fossero umani, potremmo finire per trattare gli uomini da robot: “Quando un bambino parla di “amicizia” con un compagno di giochi sintetico, si abitua a considerare una categoria specificatamente umana come se avesse equivalenza artificiale. Ma così si scambia per empatia, un sentimento che richiede sforzo e dedizione, l’innaturale disponibilità del giocattolo. E si rischia di sopravvalutare le macchine e sminuire le persone”.
Giuliano Aluffi – Scienze – Il Venerdì di Repubblica – 23 settembre 2016 

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