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martedì 6 settembre 2016

Lo Sapevate Che: Ad Amatrice con chi dovrà sopportare il presente. E soprattutto il futuro...



“Ce l’hai fatta Paola, sei fuori” urlano trenta persone circa che a Rio, frazione di Amatrice, dopo circa due ore di delicate operazioni di soccorso e a 9 ore dalla scossa che ha distrutto tutto, riescono a tirare fuori viva una signora che ha sconfitto la morte protetta dalla vasca da bagno di casa sua. Case crollate, vie interrotte, gente in pigiama per strada che cerca di prendere coscienza della vita che cambia per sempre, della morte che ti circonda all’improvviso senza preavviso, dell’infinito mistero della fede di chi impreca e di chi prega, col sole d’agosto che picchia e la polvere in gola, negli occhi, nel cuore. Quattro ore dopo, scalando le macerie del centro storico di Amatrice, assisto al salvataggio di Vinicio, che dalla barella riesce a rispondere agli applausi facendo la “V” di vittoria con le dita. Alcuni fotografi e videomaker contendono  spazi d’azione ai vigili del fuoco oltre ogni buon senso. Ma la fortuna di vedere solo recuperi con esito positivo mi abbandona presto. Le richieste di silenzio per agevolare il lavoro dei cani alla ricerca di tracce di vita e dei soccorritori all’ascolto di auspicati lamenti, si fanno sempre più rare. In maniera inversamente proporzionale aumenta il bisogno di lenzuola per coprire le vittime ancora da estrarre e proteggerle dall’esterno che li aspetta. Si improvvisano mappe di case che non si conoscono, si prova a capire dove cercare i corpi, si chiedono notizie su quelli ritrovati, ci si consegna al dovere del riconoscimento, in fila, piangendo con compostezza sempre e comunque perché intorno a te c’è sicuramente chi sta peggio. C’è chi di parenti non ne ha persi uno ma due, tre, quattro, cinque e immaginare di sopravvivere a tanto dolore è esercizio inutile, destino atroce. Il palazzo dello sport si riempie di generi di prima necessità, le strade sono percorse da mezzi di soccorso di ogni tipo, da divise di tutti i corpi militari e civili, dal circo mediatico italiano e straniero, da chi vorrebbe fare qualcosa ma non sa cosa. Arriva il freddo della notte, continuano le scosse. Si cerca di dare conforto a chi inizierà la giornata successiva dando a un carabiniere il telefonino con la foto di un bambino da accostare ad un volto da identificare. Era già successo è successo di nuovo. Nelle prime ore del mattino del 24 agosto ho incontrato quasi solo aquilani. Si muovono da esperti, freddi davanti allo scempio, forti di un “bagaglio tecnico” di dolore e memoria che sanno di dover presto condividere con chi dovrà sopportare il presente, ma soprattutto il futuro.
Diego Bianchi – Il Sogno di Zoro – Il Venerdì di Repubblica -2 settembre 2016 -

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