L’Odore Del terremoto è sempre uguale: pesante
come la polvere dei mattoni sgretolati, acre, soffocante. Toglie il respiro e
dunque la vita. Anche la vita. Anche la voce è uguale. Sì, perché il terremoto
ha voce. Parte da lontano, come un tuono. Ma non viene dal cielo, no. Dal suo
opposto. E ti avvolge. ti scuote, ti annichilisce. E’ il grido di dolore della
terra che dopo un po’ si mescola con lo strazio dei sopravvissuti. Ho sentito
l’odore e la voce del terremoto in Campania durante la mia infanzia, una paura
ancestrale. Poi l’ho raccontato da cronista per la prima volta nel novembre
1980, con il sisma di Napoli e dell’Irpinia. E ancora trent’anni dopo, aprile
2009, all’Aquila. Dirigevo il quotidiano di quella regione, allora, “il
Centro”. Un’esperienza sul campo, empirica. Da testimone del tempo. Non c’è
dunque riscontro scientifico all’odore e alla voce di un sisma, non può
esserci. Esiste invece un monitoraggio costante all’attività tellurica, in
tutto il mondo. In Italia l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), un’eccellenza tricolore, registra e dà
conto di tutte le scosse che quotidianamente si verificano dalle Alpi alla
Sicilia, anche quelle non avvertite dalla popolazione, la stragrande maggioranza.
Siamo un territorio ad alto rischio sismico; ce lo hanno insegnato sin dalle
scuole elementari. Eppure siamo una nazione senza cultura. Senza la cultura del
rischio e dunque della prevenzione.
Rassegnati o irosi di fronte alla catastrofe. Le immagini trasmesse dai
paesi dell’Italia centrale, durante un’interminabile diretta mercoledì 24
agosto, sono state la testimonianza di un’operosa impotenza. Vite salvate sotto
le macerie sì, ci sono state. La dedizione dei volontari, tanta. La Protezione
civile ha messo in movimento la sua grossa, capillare struttura. Sicuramente
meno potente dei tempi in cui la dominava con pugno fermo Guido Bertolaso. Ma
tutto scatta dopo. La solidarietà del
dopo-sisma – o come dopo ogni altro disastro naturale, troppo frequenti
purtroppo – è uno dei tratti distintivi di quel che resta del sentimento
unitario di questo sfortunato Belpaese. Lenisce e conforta l’amaro dolore della
tragedia. Dopo, ma solo dopo, sembriamo una nazione. Il prima invece è un
cumulo di omissioni, inadempienze, distrazioni. Se l’ora X della scossa
assassina nessuno scienziato sarà mai in grado di prevederla, tuttavia nessuna
istituzione pubblica si preoccupa di diffondere quella cultura della
prevenzione che pure potrebbe limitare gli effetti di eventi imperscrutabili.
Inutile citare il Giappone o la California. Perdita di tempo. Siamo predisposti
ai lavori di ricostruzione, non di
consolidamento preventivo. Anche
stavolta, nei comuni dell’Italia centrale, sono crollate case di antica fattura
e orrendi edifici in cemento armato. Vecchio e nuovo travolto dalle lunghe
scosse. Colti di sorpresa come sempre. E non è una maledizione ancestrale.
Purtroppo.
Luigi Vicinanza – La scossa - Ogni volta sorpresi
dalla rabbia della Terra –
L’Espresso – 28 agosto 2016
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