Alla fine si sono arresi anche i
Rockefeller, che devono la loro leggendaria fortuna al petrolio: il fondo che
gestisce il loro patrimonio venderà al più presto tutte le azioni nel settore
dei combustibili fossili. Gli investimenti in questo campo sono infatti sempre
meno appetibili, per il basso prezzo del petrolio, i rischi geopolitici e la
concorrenza delle rinnovabili: non per niente tra il 2015 e 2016 sono crollati
del 41 per cento. In cifre assolute – secondo l’Unep, l’agenzia Onu per la
protezione ambientale – nel 2015 si sono
investiti in nuove fonti rinnovabili (sole, vento, geotermia e biomasse) 285
miliardi di dollari, un record assoluto, contro i 130 investiti in combustibili. Il precedente e di poco
inferiore record di investimenti nelle rinnovabili era del 2011. Visto però il
crollo del prezzo di queste tecnologie nei quattro anni trascorsi, nel 2015 una
spesa quasi pari a quella del 2011 ha portato molta più potenza: 50 Gigawatt di
fotovoltaico e 68 di eolico (che insieme produrranno tanta energia quanta una
trentina di centrali nucleari), contro i 29 e 40 Gigawatt nel 2011. Inoltre, se
cinque anni fa l’investimento era stato in gran parte europeo, ora quasi tutto
il mondo punta sulle energie pulite, prima assoluta la Cina con 106 miliardi di
dollari di spesa, seguita da Ue, Usa, Giappone e India. E l’Italia? Il nostro
Paese, che pure resta quello che, rispetto agli altri, ha la maggior quota di
consumi elettrici coperta dal Sole (quasi l’8 per cento nel 2015), sembra aver
rinunciato a guidare la corsa verso le rinnovabili: l’anno scorso abbiamo
aggiunto solo 0,3 Gigawatt di fotovoltaico e altrettanto di eolico ai 18 e 9
Gigawatt già installati. “Con la fine
degli incentivi, nel 2013, c’è stato un fisiologico calo nelle installazioni di
fotovoltaico” spiega Paolo Rocco Viscontini, presidente di Italia Solare,
associazione di operatori del settore, “ma anche senza nuovi aiuti questa fonte
è ormai un buon affare per famiglie e imprese che vogliano risparmiare
sull’elettricità. A ostacolare lo
sviluppo sono i provvedimenti punitivi per il solare varati in questi anni,
dalla modifica unilaterale nel pagamento degli incentivi a una riforma della bolletta
elettrica che scoraggia l’autoproduzione di elettricità pulita. Queste norme
hanno provocato incertezza e sfiducia, e depresso il mercato. E’ paradossale:
il sacrificio finanziario fatto dagli italiani ha reso il fotovoltaico
competitivo, ma ora siamo tra quelli che ne approfittano meno per liberarsi dai
combustibili fossili”. Le ragioni della crisi nell’eolico italiano sono invece
diverse. “Ha bisogno ancora di un sostegno, sia pure ormai relativamente
modesto” dice Simone Togni, presidente di Anev, associazione italiana di
produttori di energia dal vento. “Oggi l’incentivo viene concesso attraverso
aste in cui vince chi chiede di meno e le cui regole vengono stabilite con
decreti biennali. Ebbene, il decreto per il 2015-16 lo stiamo aspettando da
fine 2014. Perciò il settore si è quasi bloccato, con gravi rischi per i suoi
25 mila posti di lavoro”.
Alex Saragosa – Scienze – Il Venerdì di Repubblica – 29
aprile 2016 -
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