A costo di
apparire omofobo, avrei qualche perplessità, non certo sulla stepchild
adoption, che sarebbe sicuramente umano consentire, ma sul problema generale
dei genitori gay. La letteratura scientifica non è poi così concorde sul
problema: è variegata e gronda di reciproche accuse di parzialità, bias
ideologico, insufficienze metodologiche. Sul piano teorico, che dire? Mentre
sul piano somatico le differenze fra maschio e femmina sono evidenti, lo stesso
non si può dire su quello personologico. Molto rozzamente, per semplificare:
nella femminilità prevale la dimensione accoglienza e nella mascolinità quella
normativa e “castrante”? Vedi il concetto lacaniano di “nome del padre” come
principio del “no” e della separazione; oppure il discorso di Fornari su codici
paterno e materno. Andrei comunque cauto nell’asserire che la capacità di
garantire queste indispensabili funzioni è indipendente dal sesso e genere
somatico. Più in generale; sostenere l’ininfluenza del soma non significa
sostenere una metta scissione fra esso e la mente, quasi un ritorno a un
concetto di anima indipendente dal corpo in un’ottica vagamente neoplatonica?
Tutto ciò, proprio mentre le neuroscienze promettono di ridurre lo iato fra queste
due realtà? pasqualepisseri@alice.it
Ora che le decisioni sono state prese
e il clima su questo tema non è più infuocato, approfitto della sua lettera
garbata e argomentata per tornare sul tema delle adozioni, discutendo in
termini “quasi scientifici”, dal momento che la psicanalisi a cui lei fa
riferimento non è una scienza, e le neuroscienze sanno ancora troppo poco
dell’anima e anche, se mi permette, del corpo. La separazione dell’anima dal
corpo è stata inaugurata da Platone per giungere a conoscenze universali e
valide per tutti, a cui non era possibile pervenire se ci si fosse regolati
unicamente sulle informazioni provenienti dai sensi corporei, essendo queste
informazioni diverse da individuo a individuo, e nel corso della vita dello
stesso individuo. Poi il Cristianesimo, con Agostino, accolse il dualismo di
anima e corpo che Platone aveva inaugurato per risolvere un problema di
conoscenza, e lo rigiocò in un altro scenario: quello della salvezza. Il passo
successivo ancora fu compiuto da Cartesio che, inaugurando la scienza moderna,
ridusse il corpo a organismo e poi cercò di porlo in relazione all’anima
ricorrendo alla ghiandola pineale. Quando sento dire che la psicologia è ormai
persuasa che esiste una relazione tra anima e corpo, dico che questa relazione
è un puro gioco di parole, finché qualcuno non sarà in grado di dimostrarmi
perché, se uno mi insulta (evento culturale) mi produce una vasodilatazione
(evento fisiologico). Per quanto concerne le neuroscienze, esse sono ancora
meno attrezzate della psicologia per trovare l’unità di anima e corpo, perché
il corpo che indagano è ancora il corpo di Cartesio, ossia l’organismo, non il
corpo del mondo della vita, del tutto estraneo alle neuroscienze, e, se mi
permette, in parte anche alla psicologia, eccezion fatta per la psicologia
fenomenologica che da un secolo a questa parte,(..) sta chiedendo alla
psicologia di cambiare paradigma. (..) Per quanto poi riguarda la psicanalisi,
Lacan, che lei opportunamente cita, riformula in altro modo quello che Freud
aveva ogdpot. enunciato illustrando il
complesso di Edipo, il cui superamento decide la buona organizzazione psichica
del soggetto. (..). Quando nelle dispute sulle adozioni gay sento dire che “ogni
bambino ha diritto a un padre e a una madre”, penso: quanto siamo ancora
etnocentrici, nell’assumere l’organizzazione familiare che noi occidentali ci
siamo dati come l’unica in grado di garantire la salute psichica di chi viene
al mondo! Salvo poi curare la depressione di tantissimi giovani, che giungono
persino a progettare il suicidio, pur avendo avuto una mamma e un papà.
umbertogalimberti@repubblica.it
– Donna di Repubblica – 30 aprile 2016
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