Etichette

martedì 24 maggio 2016

Lo Sapevate Che: Valutare gli insegnanti non è volergli male...



Dalla fine degli anni ’80 è stato perseguito il disegno di trasformare la scuola in azienda, con l’introduzione di parametri estranei alla logica secolare di una delicata attività come quella di imparare/insegnare. Come docenti, in molti ci siamo battuti contro questo disegno che, come osserva il dott. Galimberti, prevede per esempio la prova di comprensione di un testo, dove l’importante non è analizzare stili e concetti, riportare impressioni, emozioni, ma individuare qualche termine equivoco. L’esempio illustra che ciò che importa è la capacità micrometrica di trovare il “pezzo” fallato. Se si applica questo concetto di abilità tecnica, di fiuto osservativo, a un processo produttivo, si capirà il disegno di liquidazione di un’attività discente/docente libera e creativa . Yannis Romeo romeoyannis@gmail.com
Insegno scienze umane in un liceo e mi domando come contestare la pigrizia o i cattivi esempi di certi insegnanti. Come impedire che queste figure, seppure non maggioritarie, rovinino la vita quotidiana a scuola dei ragazzi nella totale impunità, mortificando la loro passione, vitalità e curiosità? Perché, partendo almeno dalle classi quarte e quinte delle superiori, non si può dare voce ai ragazzi? Perché non introdurre forme attente e calibrate di valutazione pubblica di certe enormità che nessuno osa denunciare, in una scuola immersa completamente nei codicilli e nelle garanzie sindacali? Perché dovrebbe spaventare la denuncia compatta e pubblica da parte di una classe di un loro insegnante assenteista, arrogante,incapace di fornire stimoli? Siamo certi che l’anestesia dal giudizio sia la scelta più valida per educare al giudizio? Penso che per cambiare veramente la scuola si debba iniziare colpendo i casi più disarmanti ed evidenti e di grettezza e disonestà. Sarebbe un grande segnale di responsabilità verso tutti i nostri giovani. giangranco.roncarolo@fastwebnet.it

Della quarantina di lettere ricevute a commento del mio intervento sulla scuola dal titolo “Quando il modo di insegnare fa saltare il banco”, pubblico gli estratti di due sole, che hanno capito gli obiettivi della mia denuncia: !) i pedagogisti che, con la loro riforma della scuola, alla “qualità” dell’insegnamento hanno sostituito la  “quantità” dei prodotti scolastici, onde misurare “scientificamente” quanto s’insegna e si apprende; 2) quei professori che, senza ribellarsi, si sono adeguati a una trasformazione della didattica che li impegna solo burocraticamente, esonerandoli dal mettere in gioco la loro passione e la loro personalità. E così si ottengono come risultato la demotivazione degli studenti, che a loro volta in numerosi mi hanno scritto non per lamentarsi dei loro insegnanti, ma per segnalarmi che in una scuola così impostata non trovano nulla che li coinvolta veramente. (..) Stante il piccole test, viene  da chiedersi se i professori capiscono ciò che leggono, o se il bisogno di difendere la categoria è più forte della comprensione dei problemi che affliggono la scuola che ogni giorno frequentano (non si sa con quanto interesse, passione e senso di responsabilità, dato che questi aspetti, qualitativi e non quantitativi, anche se noti non sono misurabili).  Questo è il grande problema della scuola che nessuna riforma ha mai toccato, anche se tutti sanno che la formazione di un ragazzo, e di conseguenza anche la forma che assumerà la sua vita, dipende proprio dai “maestri” che ha la fortuna di incontrare. (..). Là dove è in gioco il profitto questi strumenti di valutazione ci sono, mentre non ci sono dove in gioco c’è l’educazione dei nostri ragazzi. Segno che nella nostra cultura le agenzie educative non sono in grado di competere con quelle produttive e finanziarie. Perché il denaro sa difendersi subito dall’inefficienza, mentre l’educazione, nonostante tutte le riforme della scuola che si sono succedute, non ha trovato ancora il modo di farlo.
umbertogalimberti@repubblica.it – Donna di Repubblica – 14 maggio 2016 -

Nessun commento:

Posta un commento