Countdown, conto
alla rovescia. Stiamo già contando i giorni che ci separano dalla prova del
fuoco,, il referendum costituzionale d’ottobre. Deciderà le nostre sorti con
una conta tra favorevoli e contrari, ma la contabilità non è affatto precisa.
Rimane ancora incerta la data esatta in cui verrà celebrato il referendum. Ne
resta in forse l’esito, ovviamente. E soprattutto s’aprirà un problema di
ragioneria costituzionale quando dovremo valutarne le conseguenze di sistema,
l’impatto del voto popolare sulla forma di governo che sgoverna gli italiani.
Poniamo che prevalga il no, che la riforma sia bocciata. Sarebbe il funerale
della Seconda Repubblica; ma allora significa che torneremmo mani e piedi nella
Prima? Poniamo che invece vinca il sì. Qui è più facile: varcheremmo l’uscio
della Terza Repubblica. Sicuro? Le Repubbliche si contano enumerando le nuove
Costituzioni che s’alternano, non le mezze Costituzioni, non l’avvento d’una
nuova Costituzione “materiale”. (..) Formalismi, calcoli pignoli, a osservarli
con un binocolo da Roma; e infatti nel 1993 noi italiani siamo entrati nella
Seconda Repubblica Seconda Repubblica senza modificare d’una virgola la
Costituzione della Prima. Dice: però quell’anno è cambiata la legge elettorale,
sicchè il Mattarellum ci ha trasportato nell’era del maggioritario, dopo 45
anni di proporzionale. Giusto? No, sbagliato. Se dovessimo contare le
Repubbliche mettendo in fila le leggi elettorali, dopo il Mattarellum, il
Porcellum e l’Italicum saremmo già alla quarta . (..) Mettiamola Così:
se al referendum avrà successo il sì, entreremo nella Prima Repubblica e mezzo;
altrimenti di Repubblica ce ne terremo mezza. Nel primo caso, tuttavia,
s’annunziano ulteriori problemi matematici. Uno su tutti: la coesistenza di un
Senato reale e d’un Senato virtuale. Entrando in vigore la riforma quanti
senatori occuperanno i banchi di Palazzo Madama? 315 8secondo la vecchia
regola) oppure 100 (come impone la nuova)? Diciamo che resteranno tali e quali finché
nel 2018 la legislatura non andrà incontro alla sua scadenza naturale. Già, ma
sarebbe innaturale tenere in vita un Senato di fantasmi, abrogato dalla riforma
costituzionale ormai vigente. L’orologio delle istituzioni ha una lancetta
sola, nell’interregno non può instaurarsi una monarchia con un doppio sovrano.
Perché delle due l’una: o il referendum sconfesserà il Senato, oppure il Senato
continuerà a sconfessare il referendum. Ma in quest’ultima ipotesi i morti
afferreranno i vivi, trascinandoli con loro nella tomba. Scioglimento, Quindi. Del Senato, e perciò pure del governo, benché il governo abbia già
fatto sapere che romperà le righe soltanto in caso d’insuccesso. Peccato
tuttavia che si riveli impraticabile pure quest’ultima soluzione. Non possiamo
interrompere anzitempo la legislatura senza una legge che regoli il sistema
elettorale del Senato, a norma dell’articolo 57 della Costituzione riformata. E
se i vecchi senatori rifiuteranno d’approvarla) Resteranno in carica vita
natural durante, risolvendo con un gesto tutti i nostri problemi di ragioneria
costituzionale. Non Seconda Repubblica, né Terza, né Quindicesima; bensì
Repubblica sempiterna, uguale a sé
medesima per ogni secolo a venire. E così via.
Michele Ainis - Legge e Libertà www.lespresso.it michele.ainis@unitoma3.it - 19 maggio 2016 -
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