Il Referendum Sulla nuova Costituzione si svolgerà solo fra cinque mesi, in
ottobre. E il presidente del Consiglio ne sta facendo il centro della sua
azione politica. Legittimo. E’ la Grande Riforma attesa da almeno trent’anni
con l’eventuale vittoria del Sì si entrerà davvero in una nuova era
repubblicana, inedita e incerta. Con tutte le lacerazioni che un simile
passaggio comporta. Dopo un primo approccio baldanzoso e trionfalistico, Renzi
sta provando a correggere la sua comunicazione in vista dell’appuntamento
elettorale d’autunno; sta cercando di spersonalizzare il voto che egli stesso
aveva concepito (e probabilmente nell’intimo continua a percepire) come un
plebiscito sulla sua leadership. Ha scoperto infatti quel che era ovvio
prevedere: intorno al No si sta
raggrumando un composito schieramento, giuristi con ottimi motivi per criticare
la riforma, nemici interni, forze anti-sistema, strati di popolazione delusa
dal perdurare della crisi economica. (..). Probabilmente il premier-segretario
ha sempre fatto affidamento sui dubbi che assillano parte dell’opinione
pubblica. Ma se dovesse cadere Renzi - è la domanda senza risposta – è la
domanda senza risposta – qual è l’alternativa? Il salto nel buio verso i 5
Stelle) O la deriva lepenista di Salvini? Con un’ulteriore drammatizzazione in
caso di elezioni anticipate; la legge elettorale, l’Italicum, vale solo per la
Camera mentre per il Senato non si saprebbe
con quale sistema votare. Il caos, insomma. (..). Di Un’Altra Scadenza elettorale tuttavia il premier-segretario ha deciso di parlare poco o
nulla. Le elezioni del prossimo 5 giugno nelle grandi città, derubricate a
semplice scelta dei sindaci di Roma, Milano, Torino, Napoli, Bologna…Come se
quel che emergerà dalle urne delle “capitali” d’Italia possa essere ignorato da
Palazzo Chigi, sempre più unico centro della politica rispetto a un partito, il
Pd, resta senza testa né corpo. In attesa della conta dei vincitori e degli
sconfitti, è interessante osservare le dinamiche in atto a Roma intorno ad
Alfio Marchini e a Milano intorno a Stefano Parisi. Estremamente diversi per
temperamento e storia personale entrambi appoggiati da Silvio Berlusconi, condizione che può
valere qualche vantaggio elettorale ora, ma è destinata a rivelarsi un
abbraccio mortale in futuro prossimo.(..). Erede Di Una Dinastia di costruttori
“rossi”, invece, Alfio Marchini rassicura sia i “palazzinari” sia la
nomenclatura del vecchio Pci. Piace alla Roma che piace. In buoni rapporti con
papa Francesco e la comunità ebraica, amico di Israele e degli Stati Uniti.
Ambizioso e ricco (..), gaffeur di successo. Nelle sue liste ha voluto
Alessandra Mussolini e il deputato lettiano Guglielmo Vaccaro. La trasversalità
non l’ha studiata a tavolino; ha ereditato anche quella. Se non esce
mortificato dal voto capitolino, Marchini può delinearsi come quell’alternativa
“di sistema” che oggi non c’è. Marchini e Parisi, insomma, attenti a quei due.
Apparentemente senza un partito alle spalle sono nati e cresciuti dentro il
sistema molto più dell’ex sindaco di Firenze. E le ambizioni, si sa, aumentano
quando trovano spazio. Se Renzi dovesse inciampare, c’è chi prepara un piano B.
Il premier è avvertito. Agli elettori la parola.
Luigi Vicinanza – Editoriale – www.lespresso.it - @vicinanzal – L’Espresso
– 26 maggio 2016
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