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giovedì 19 maggio 2016

Lo Sapevate Che: L'italiana che guida la grande caccia alla materia oscura...



Sotto il Gran Sasso, protetta da una barriera di 1.400 metri di roccia, c’è una massa di 3.500 chili di xenon liquido. Fa parte dell’esperimento Xenon 1T, con cui si cerca di intercettare, per la prima volta, una particella di materia oscura, la sostanza invisibile che secondo gli scienziati compone l’85 per cento della massa dell’universo e tiene insieme, come una colla, le galassie. Il progetto è diretto dalla fisica Elena Aprile, che è stata allieva di Carlo Rubbia al Cerne da trent’anni è docente alla Columbia University di New York. Xenon 1T p costato 15 milioni di dollari e vede la collaborazione di dieci nazioni: Elena Aprile ne parlerà il 20 maggio al Festival delle Scienze di Roma (fino al 22 all’Auditorium Parco della Musica, tema la relatività e i suoi sviluppi più innovativi. “Non abbiamo mai visto la materia oscura, ma sappiamo che esiste perché esercita un effetto gravitazionale sulle galassie, altrimenti inspiegabile. La fisica ci suggerisce che ogni secondo miliardi di particelle di questa materia passino attraverso i corpi, inclusi il nostro. Ma siccome siamo fatti soprattutto di vuoto, solo qualcuna di loro, in un anno, colpisce il nucleo di un atomo del nostro corpo”. L’obiettivo del progetto Xenon 1T è rilevare una di  queste collusioni che, quando avvengono, danno una spinta elastica al nucleo dell’atomo, che si sposta. “Possiamo accertare l’esistenza della particella se captiamo l’energia rilasciata da questa spinta”. Questo si può fare “osservando l’effetto della spinta sugli atomi circostanti (detto oscillazione) o misurando gli elettroni che si liberano per effetto della collisione” spiega Aprile: “Lo xenon è il miglior materiale per rilevare entrambi questi effetti. La quantità che ne usiamo per il nuovo progetto è cento volte maggiore rispetto agli esperimenti passati, e quindi abbiamo molte più probabilità di scoprire una collisione”. Ma i rilevatori devono essere sensibilissimi, e questo aumenta il rischio di falsi allarmi. “Per questo è utile avere una montagna sopra il laboratorio: riduce la quantità di raggi cosmici che possono disturbare i rilevatori”. A caccia della materia oscura sono anche il telescopio satellitare Fermi, lo spettrometro Ams nella Stazione spaziale internazionale, l’osservatorio IceCube sotto i ghiacci del Polo Sud. E l’Lhc di Ginevra, che potrebbe addirittura produrla. “Ma chiunque riesca a rilevarla per primo” dice Elena Aprile “avrà bisogno di una convalida attraverso i risultati degli altri”. E il Nobel è già pronto.
Giuliano Aluffi- Scienze – Il Venerdì di Repubblica – 13 maggio 2016 -

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