“Torpignattara non è un ghetto, è un
quartiere multiculturale. Gli italiani da qui non sono andati via, gli
immigrati sono il 24 per cento, compresi parecchi italiani che a Roma sono
venuti anni fa dal Sud”. Ejaz del poso in cui vive è orgoglioso . Ejaz è
orgoglioso si Torpignattara, quindi di Roma, più di molti romani. Insieme
parliamo di questo quartiere costretto a balzare saltuariamente agli onori
della cronaca per il tentativo reiterato e spasmodico di molti media nostrani
di localizzare e circoscrivere qui la “Molenbeek d’Italia” più Molenbeek di
tutte, zona gravida di germi di terrorismo islamico coltivati in seno e pronti
a esplodere tra noi. Ejaz, giornalista pakistano, moglie romana e figli
romanisti (è lui a presentarli come tali), è in Italia da 27 anni. Qui dove si
cerca l’odio verso gli italiani, il fatto di cronaca più rilevante degli ultimi
anni è stato l’omicidio di un giovane pakistano per mano per mano di un
minorenne italiano aizzato dal padre. Stavolta incontro Ejaz pochi giorni dopo
l’ennesimo atto terroristico avvenuto nel suo Paese, a Lahore, a pochi metri da
casa di sua sorella, il giorno di Pasqua. I talebani hanno ucciso uomini, donne
e bambini, la maggior parte dei quali musulmani, ma per i media italiani è
stato un attacco contro i cristiani. La lotta contro la strumentalizzazione
delle notizie, per Ejaz è pratica quotidiana. Me lo ricordo dopo Charlie Hebdo, davanti all’ambasciata
francese, costretto a difendersi da una donna che lo apostrofava in quanto
musulmano, intento a spiegare alla signora quanto il terrorismo nel mondo
avesse ucciso soprattutto musulmani come lui. Per lui. padre di figli
adolescenti che per una legge voluta da Mussolini non possono ancora dirsi
italiani, parlare delle elezioni romane
è dovuto. Ed è qui che Ejaz cala l’asso dialetticamente parlando più
dirompente: “Sembra che in questa città non voglia comandare nessuno, tutti
hanno paura. Come a Londra il candidato della sinistra è un musulmano di
origine pakistana, così anche a Roma spero che un giorno sia data a noi la
possibilità di governare. I cervelli che vengono da fuori dobbiamo usarli, a
Roma è tradizione fin dall’antichità. Quando non c’è qualcuno che comanda nella
propria tribù, viene sempre qualcuno da fuori, questa è una regola.” La frase
con cui Ejaz chiude la chiacchierata non lascia possibilità di replica. Lo
guardo, lo candido, lui accetta, e ci mettiamo a ridere. A oggi mi pare il
candidato più votabile, ma è tardi, dovevamo pensarci prima. La prossima volta
magari. Altrove, intorno a noi, è già così.
Diego Bianchi – Il Sogno di Zoro – Il Venerdì di Repubblica –
13 maggio 2016 -
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