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giovedì 5 maggio 2016

Lo Sapevate Che: Lei non ha paura, ma il coraggio non c'entra niente...



Per raggiungere il supermercato con i suoi tre bambini, Susan – il nome è finto e vedremo il perché – doveva attraversare un parco pubblico. Seduto su una panchina, un uomo le gridò Da lontano: “Ehi! Ehi! Lady, vieni qua che ti devo parlare”. Violando ogni consiglio, ogni raccomandazione, ogni precauzione udita fin da quando era bambina, Susanna si avvicinò a lui. “Sono sordo, vieni più vicina”. Susanna si curvò su di lui e quando fu a pochi centimetri lo sconosciuto l’afferrò per la camicetta, e mentre la teneva ferma, le puntò un coltello alla gola. “Adesso ti ammazzo”, le disse, mentre i bambini guardavano, impietriti e senza capire, da lontano. “ Se vuoi, ammazzami”,  rispose Susanna. “Cretina, non hai capito, io ti ammazzo!”. le urlò l’uomo stringendola più forte. “E tu ammazzami”. Restarono così, immobili per lunghi secondi fino a quando, l’imprevedibile accadde. L’uomo scosse la testa, rilasciò la camicetta, si alzò e se ne andò rimettendosi in tasca il pugnale. Susanna si sistemò l’abbigliamento, tornò dai figli e andò a fare la spesa. La classica regola del giornalismo spiega che questa è una notizia, nell’inversione dello scenario criminale che sarebbe stato normale attendersi, ma nella storia di Susan e del Pugnalatore c’è molto più di un lieto fine per lei e per i suoi bambini. Ci sarebbe, a prima vista, il coraggio di una donna che risponde con freddezza e con aggressività verbale alla minaccia, un atteggiamento raccomandabile che a volte scoraggia e dissuade gli aggressori più di urla d’aiuto o di vani tentativi di divincolarsi. Ma Susanna non è una donna coraggiosa, perché non sa che cosa sia il coraggio. E’ una dei 400 esseri umani nel mondo colpiti da una malattia detta di Urbach-Wieth dal nome degli scopritori. Una calcificazione dell’amigdala, quella zona del nostro cervello a forma di mandorla, che regola, fra l’altro, il meccanismo della paura. Susanna non è capace di avere paura. Quando finalmente, ora che ha passatoi 40 anni, ha accettato di farsi intervistare dalla televisione pubblica americana Pbs, con il volto in ombra e accompagnata da uno degli psichiatri che la seguono di università in università, Susanna ha narrato, e il medico che l’accompagnava ha confermato, che nessuno degli stimoli, congeniti o appresi che scatenano in noi ansia e paura la smuovono.  E’ stata chiusa in stanze con serpenti a sonagli (ai quali prima dell’esperimento era stato prelevato il veleno) e lei è rimasta serenamente seduta. Le hanno distribuito insetti, ragni enormi, sul tavolo, mostrato immagini raccapriccianti di delitti misurandone le reazioni fisiologiche (..). E lei niente. (..). Come i pazienti che non hanno sensibilità al dolore, così Susanna è in continuo pericolo di vita. I gesti più elementari di prudenza come attraversare  la strada  o evitare animali che diano segni di aggressività devono essere elaborati da lei razionalmente, non istintivamente. Se attraversa con il verde è perché sa che così si deve fare, non perché sa che così si deve fare, non perché abbia paura per sé o per i figli. “Non ho paura di morire”. Non riesce neppure a descrivere che cosa possa essere la paura. “Fosse per me, tutta l’industria dei film horror sarebbe fallita”. Ma una vita senza paura può  essere anche una vita senza gioia? “Sono sposata da 18 anni, ho tre figli, amo mio marito, ha risposto con un rarissimo sorriso.”E non ho paura di perderlo”.
Vittorio Zucconi – Donna di Repubblica – 30 aprile 2016 -

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