Di ritorno a Washington dal suo primo
viaggio in Italia, a cena con i futuri suoceri e con il fidanzato italiano con
l’aiuto del quale mi avrebbe regalato tre nipotini, mia nuora Lauren compulsò il menù del ristorante e
ordinò per antipasto una bruschetta. “Miss”, la corresse con aria
paternalistica il cameriere, “guardi che si dice “bruscetta”, “Eh no,
ecchecavolo!” ribatté subito lei, ma la traduzione edulcorata dell’originale
inglese è mia. “Sono appena tornata dall’Italia, ho un fidanzato italiano, sono
a cena con i miei suoceri italiani e la informo io che si dice “bruschetta”. Il
cameriere si allontanò sospirando per l’ostinata ignoranza di quella ragazza.
La storpiatura dei nomi stranieri pronunciati da chi non conosce l’originale
non è una caratteristica degli
americani. Per sapere che nessuno è senza peccato basta ascoltare le cento
maniere usate dalle tv italiane per non pronunciare il nome dell’attore Tom
Cruise (Cruus) o il bowlin (bùling), (attività riprovevole). (..).
La varietà sul tema dell’espresso e del cappuccino, diventati popolarissimi
grazie a una catena che ora sbarca in Italia dove espresso e cappuccino furono
inventati, si arricchiscono ogni anno. Ai classici frappuccino, che ha una
bella eco monastica, al più severo mokaccino, al dunkaccino che sembra un
insulto ma viene da dunk, pucciare,
all’ormai ubiquo “latte”, che è la semplice abbreviazione di caffe-latte, ora
si è aggiunto il “culatte”, che a un italiano fa venire una leggera nausea, ma
è solo umile caffelatte servito cool,
freddo. (..) Nei reparti pescheria di una sussiegosa catena di supermercati
biologici, si vende il “bronzino”, che
non è il grande pittore fiorentino del ‘500, ma il gustoso branzino. E chi,
come me, ha dovuto attraversare per anni gli Stati Uniti cercando ristoranti
italiani all’immancabile attacco di astinenza da pasta , ricorda le infinite
maniere per massacrare le parole “spaghetti” e “prosciutto”. Gli spaghetti, nei
finti Italian Restaurant, diventano spagetti, spighetti, spaghitti, spaggetti,
e il prosciutto si trasforma in prosciutto, prosutto, prosciutto, pesciutto,
strafalcioni che garantiscono come quel salume, o quel semplice piatto di
spaghetti, saranno martirizzati nelle cucine. Non si tratta delle ormai
universali truffe dei fasi prodotti italiani, dei pecorini, gorgonzola, asiago
e parmigiano fatti in Wisconsin o dell’olio d’oliva extravergine italiano che
nella composizione rivela la partecipazione di più nazioni di un torneo
internazionale di calcio. E’ l’effetto comico della pronuncia sbagliata o
dell’adattamento della fonetica di lingue diverse, che prepotentemente si
afferma. Come in Francia invariabilmente si dirà spaghetti, prosciuttò,
Mattarellà, Renzi, Berlusconi e Grillò. Da qui, un antico dilemma: è giusto,
per chi conosce la pronuncia corretta, ordinare un piatto di cucina straniera o
pronunciare un come si deve oppure è affettazione inutile? Quando diventa
italiana una parola inglese, come il catering
divenuto “catterin” o definitivamente inglese una parola italiana come
fettuccine, ormai per sempre “fettuccini” nei menù americani? Npn ho una
risposta, che lascio agli studiosi dell’evoluzione delle lingue, ma una cosa
so: “ bruscetta” faceva schifo.
Vittorio Zucconi – Donna di Repubblica – 26 marzo 2016 -
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