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lunedì 16 maggio 2016

Lo Sapevate Che: In tavola è tutto made in Italy. Tranne la pronuncia...



Di ritorno a Washington dal suo primo viaggio in Italia, a cena con i futuri suoceri e con il fidanzato italiano con l’aiuto del quale mi avrebbe regalato tre nipotini, mia nuora  Lauren compulsò il menù del ristorante e ordinò per antipasto una bruschetta. “Miss”, la corresse con aria paternalistica il cameriere, “guardi che si dice “bruscetta”, “Eh no, ecchecavolo!” ribatté subito lei, ma la traduzione edulcorata dell’originale inglese è mia. “Sono appena tornata dall’Italia, ho un fidanzato italiano, sono a cena con i miei suoceri italiani e la informo io che si dice “bruschetta”. Il cameriere si allontanò sospirando per l’ostinata ignoranza di quella ragazza. La storpiatura dei nomi stranieri pronunciati da chi non conosce l’originale non è  una caratteristica degli americani. Per sapere che nessuno è senza peccato basta ascoltare le cento maniere usate dalle tv italiane per non pronunciare il nome dell’attore Tom Cruise (Cruus) o il bowlin (bùling), (attività riprovevole). (..). La varietà sul tema dell’espresso e del cappuccino, diventati popolarissimi grazie a una catena che ora sbarca in Italia dove espresso e cappuccino furono inventati, si arricchiscono ogni anno. Ai classici frappuccino, che ha una bella eco monastica, al più severo mokaccino, al dunkaccino che sembra un insulto ma viene da dunk, pucciare, all’ormai ubiquo “latte”, che è la semplice abbreviazione di caffe-latte, ora si è aggiunto il “culatte”, che a un italiano fa venire una leggera nausea, ma è solo umile caffelatte servito cool, freddo. (..) Nei reparti pescheria di una sussiegosa catena di supermercati biologici, si vende  il “bronzino”, che non è il grande pittore fiorentino del ‘500, ma il gustoso branzino. E chi, come me, ha dovuto attraversare per anni gli Stati Uniti cercando ristoranti italiani all’immancabile attacco di astinenza da pasta , ricorda le infinite maniere per massacrare le parole “spaghetti” e “prosciutto”. Gli spaghetti, nei finti Italian Restaurant, diventano spagetti, spighetti, spaghitti, spaggetti, e il prosciutto si trasforma in prosciutto, prosutto, prosciutto, pesciutto, strafalcioni che garantiscono come quel salume, o quel semplice piatto di spaghetti, saranno martirizzati nelle cucine. Non si tratta delle ormai universali truffe dei fasi prodotti italiani, dei pecorini, gorgonzola, asiago e parmigiano fatti in Wisconsin o dell’olio d’oliva extravergine italiano che nella composizione rivela la partecipazione di più nazioni di un torneo internazionale di calcio. E’ l’effetto comico della pronuncia sbagliata o dell’adattamento della fonetica di lingue diverse, che prepotentemente si afferma. Come in Francia invariabilmente si dirà spaghetti, prosciuttò, Mattarellà, Renzi, Berlusconi e Grillò. Da qui, un antico dilemma: è giusto, per chi conosce la pronuncia corretta, ordinare un piatto di cucina straniera o pronunciare un come si deve oppure è affettazione inutile? Quando diventa italiana una parola inglese, come il catering divenuto “catterin” o definitivamente inglese una parola italiana come fettuccine, ormai per sempre “fettuccini” nei menù americani? Npn ho una risposta, che lascio agli studiosi dell’evoluzione delle lingue, ma una cosa so: “ bruscetta” faceva schifo.
Vittorio Zucconi – Donna di Repubblica – 26 marzo 2016 -

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