Ma Quali e quanti guai si nascondono nei portafogli
delle banche tedesche? L’interrogativo non vuole essere allarmante, ma lo rende
legittimo l’intenso e reiterato attivismo verbale in materia da parte delle voci
più autorevoli dell’establishment politico-monetario di quel paese. Dapprima è
stato, un paio di mesi fa, il presidente della Bundesbank che, criticando le
scelte della Bce, ha espresso la sua preoccupazione sul fatto che “più
velocemente calano i tassi d’interesse, più piccoli saranno gli utili delle
banche”. Più di recente, sulla scia di Jeans Weidmann, si è mosso
l’incontenibile Finanzminister Wolfgang Schauble che ha lanciato un attacco
frontale contro Mario Draghi accusandolo di praticare coi suoi tassi negativi
una strategia perniciosa per gli equilibri di bilancio del sistema bancario. La Sortita Di Schauble è stata così violenta, nella forma oltre che nella sostanza,
da sollevare addirittura un delicato problema sul terreno dei corretti rapporti
istituzionali. Tanto che lo stesso
Weidmann ha ritenuto di dover intervenire per richiamare il ministro al
rispetto del principio basilare dell’indipendenza della banca centrale dal
potere politico. (..). In Nessun Altro paese dell’eurozona si è registrata finora
una così ossessiva mobilitazione di autorità politiche e monetarie in difesa
dei margini di profitto del sistema creditizio.
C’è quindi più di un buon motivo per chiedersi il senso di tutta questa
agitazione ai vertici della Germania. A maggior ragione perché del mondo
bancario tedesco poco si sa e pochissimo si riesce a conoscere anche da parte
delle istituzioni di vigilanza comunitarie. (..). Anche perché fra quel poco
che si sa del credito tedesco c’è, in particolare, un punto assai critico. A cominciare
dal colosso del sistema, la rinomata Deutsche Bank, quel sistema bancario ha in
pancia una quantità tutt’altro che trascurabile di impegni ad alto rischio
legati alle avventurose scommesse che vanno sotto il nome di contratti
derivati. C’è chi li ha stimati fino a
otto volte il patrimonio netto tangibile complessivo: insomma, una sorta di
bomba atomica. Nel suo recente “blitz” romano il buon Weidmann è stato prodigo
di rampogne su quanto l’Italia dovrebbe ancora fare per non creare problemi
alla moneta comune con il suo alto
debito. Ma quando è stato interpellato sul tema del rischio derivati in casa
propria: silenzio, senza neppure abbozzare un diplomatico “no comment”. La
questione deve essere parecchio scottante. Insomma, Non Paghi di aver imposto all’intera Eurozona
una cieca austerità contabile in tempi di recessione, ora i governanti di
Berlino vorrebbero una stretta creditizia in fase di deflazione perché le loro
banche reclamano ossigeno. Torna così a riproporsi il nodo politico di fondo che
blocca il processo di integrazione dell’Europa: l’incapacità del paese che
avrebbe dovuto essere il federatore del continente a ragionare in termini
europei. E se il federatore “sfedera”, magari più per ottusità che per
arroganza, addio Europa.
Massimo Riva
– Avviso ai naviganti – www.lespresso.it
– L’Espresso – 12 maggio 2016
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