Il sessismo ha il suo corrispondente
alimentare nel “carnismo”. E per combattere entrambi bisogna consumare cibi e
rapporti eticamente corretti. La soluzione c’è e si chiama vegan sezuality. La parola l’ha inventata Annie Potts, docente di
studi culturali all’Università neozelandese di Canterbury. E fondatrice del New
Zealand Centre for Human- Animal srudies. Gli adepti della dottrina
vegan-sessuale rifiutano di andare a letto con partner onnivori, per timore
della contaminazione. Non posso pensare di baciare labbra che hanno toccato
animali fatti a pezzi, intervistata nel corso di una ricerca condotta dalla
batgie Potts. Altre hanno paragonato il corpo dei carnivori a un cimitero per
animali. Si tratta di una scelta estrema che, per un verso, fa pensare
all’integralismo di certe sette dei primi secoli del cristianesimo, quelle che
demonizzavano tutti i piaceri della carne, senza eccezione. E, per l’altro
verso, è il perfetto esempio di una corrente di pensiero sempre più diffusa,
che arriva a denunciare l’esistenza di una vera e propria pornografia
carnivora. Secondo la quale gli animali, esattamente come le donne, sarebbero
gli oggetti predestinati di un appetito maschile sempre alla ricerca di
“bisteccone” e di “pollastre”.E dunque rifiutare tartare e barbecue significa
combattere una cultura patriarcale che vede la donna come preda naturale
dell’uomo cacciatore. Si può non essere d’accordo con le pasionarie del
femminismo, ma il fenomeno resta di grande interesse. perché mostra, ancora una
volta, come il cibo sia sempre di più una questione etica e dietetica,
religiosa e politica. Altro che fettina!
Marina Niola – Miti d’oggi – Il Venerdì di Repubblica – 29
Aprile 2016 -
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