Una notte di tanti anni fa, una tromba
d’aria spazzò il lunghissimo muro della Magneti Marelli in via Adriano, il
confine fra Milano e Sesto San Giovanni. Quando arrivarono gli operai del primo
turno si trovarono di fronte a uno scenario da guerra e pensarono a un
attentato. Erano ancora gli anni delle Brigate Rosse, nate proprio intorno a
quella fabbrica. Si fermarono a discutere in capannelli nel piazzale, grande
come una piazza del duomo, perché la Marelli era una città intera. Poi qualcuno
cominciò a guardarsi intorno. Oltre la fabbrica e la strada c’erano alberi e
campi da calcio, spuntò un pallone e gli uomini in tuta blu presero a corrergli
dietro come ragazzini che avevano marinato la scuola. Quel muro della Marelli
fu poi spazzato via per sempre dalla globalizzazione e ora al suo posto hanno
inaugurato un giardino dedicato a Franca Rame. C’erano tutti, il sindaco
Pisapia, Dario Fo e Casaleggio; e c’erano naturalmente anche i fascisti a contestare.
Poche persone come Franca Rame hanno disturbato quell’eterno fascismo italiano,
definizione di Giorgio Bocca, che nel costume nazionale non è mai stato
superato e rinasce ogni volta sotto sigle politiche differenti, nel linguaggio
pubblico e nei titoli degli pseudo giornali della destra. Franca è stata un
mito per una generazione di milanesi e non solo. Si andava dopo scuola alla
Palazzina Liberty a riparare i vetri rotti nella notte dalle squadracce. La
ricompensa era di assistere alle prove di Mistero
Buffo. Franca era una somma di qualità intollerabili in una donna in un
Paese culturalmente misogino. Era troppo di tutto, talento, intelligenza,
umorismo, bellezza. Veniva da una famiglia di attori e trasformava tutto in
teatro, anche i dolori e le violenze della vita. L’invidia, la piccineria, la
miseria mentale e morale di tanti poveracci si tramutava in insulti e
persecuzioni, nei confronti suoi e di Dario, processato ridicolmente da un
pezzo di stampa nazionale per aver ricevuto un Nobel meritatissimo, fra tanti
premi piovuto sulla testa di scrittori e drammaturghi assai sopravvalutati ma
abbastanza furbi da non rompere le scatole al potere, con la scusa di non
interessarsi di politica. Come se fosse mai esistito un grande artista, da
Dante a Fellini, che “non s’interessa di politica”. Un giardino in periferia è
un bel posto da ricordare Franca Rame. Qualche bambini vorrà sapere chi era
quella signora e potrà scoprire una magnifica storia.
Curzio Maltese – Contromano – Il Venerdì di Repubblica – 25 marzo
2016 -
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