C’E’ Un Avvocato, A Roma, che gioca con le parole. Si
diverte a storpiare il nome di Battesimo del nostro Lirio Abbate Espediente da
alunno di scuola elementare – chi non ha avuto un compagno di classe così –
pronto ad affibbiare un nomignolo sfottente agli amici e innanzitutto ai
nemici. Ragazzate da ricordare con nostalgia. Non C’E’ Invece nulla di goliardico nelle parole di
Giosuè Bruno Naso, difensore del nero Massimo Carminati nel processo in corso
per Mafia Capitale. Da settimane il penalista della terra di mezzo sta
applicando nelle aule di tribunale – non nei corridoi di una scuola frequentata
da bulletti dalla lingua lunga – pubblicamente dunque, una lucida strategia
tendente a screditare la persona del giornalista de “l’Espresso”, il primo ad
aver raccontato nomi, clan, affari e interessi delle organizzazioni mafiose
presenti a Roma. “De Lirio”, così l’avvocato Naso chiama continuamente il
nostro Lirio, dal 2007 costretto a vivere sotto scorta per le minacce subite
prima in Sicilia e recentemente anche a Roma. (..). L’Avvocato Naso non insinua, no. Accusa apertamente
Lirio Abbate di operare in combutta con il procuratore capo di Roma Giuseppe
Pignatone. Delegittima il ruolo di giornalista che sa cercare verità scomode e
nascoste. Lo riduce a figurante al servizio di chissà quali teoremi montati dai
magistrati inquirenti. Insomma se la mafia a Roma non esiste – e per il
difensore degli imputati di mafia l’insussistenza è questione ontologica – chi
esplora la realtà lo fa per fini oscuri. Siamo davanti a un surreale
ribaltamento delle posizioni. Sul banco degli accusati finisce il giornalista
che ha avuto il coraggio di scrivere. Se ci trovassimo in Sicilia, in Calabria
o in Campania, le uniche terre in cui – secondo una concezione geografica del
malaffare – si può celebrare un processo ai mafiosi, ci sarebbe di che
preoccuparsi. Molto. Siamo a Roma invece e tutto ciò può passare come la
spiritosaggine di un esuberante legale?(..).Da Tempo “L’Espresso” evidenzia il deficit culturale del
mondo delle professioni e delle istituzioni territoriali nel far fronte alla
“colonizzazione” avviata da tempo dalle organizzazioni criminali fuori dai
propri confini storici. Nonostante l’evidenza dei fatti, va per la maggiore la
rassicurante interpretazione di una mafia confinata nel recinto domestico. Lo
spiega in modo chiaro nel suo ultimo libro, “Storia dell’Italia mafiosa”. Isaia
Sales, profondo analista del fenomeno: “Il ritardo con cui il Centro-Nord ha
reagito al radicamento sul proprio territorio delle mafie è dovuto
essenzialmente a un errore di valutazione storica e a un errore politico”
scrive Sales. “La definizione delle mafie come fenomeni di arretratezza
economica e civile è alla base dell’evidente sottovalutazione del radicamento
mafioso nel cuore produttivo dell’economia italiana ”. Errore Di Valutazione storica ed errore politico. Per
questi motivi è ancor più inquietante sentire certe parole in un’aula di
giustizia. Non feriscono solo chi ne è bersaglio, ma l’intelligenza di molti.
Non alligna il delirio nella comunità de “ l’Espresso”, ma la consapevolezza di
fare un’informazione onesta, puntuale, senza timori reverenziali né padrini di
qualsiasi tipo.
Luigi Vicinanza www.lespresso.it
-@vivinanzal – L’Espresso – 14 febbraio 2016 -
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