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giovedì 11 febbraio 2016

Lo Sapevate Che: Quell'avvocato che offende la verità...



C’E’ Un Avvocato, A Roma, che gioca con le parole. Si diverte a storpiare il nome di Battesimo del nostro Lirio Abbate Espediente da alunno di scuola elementare – chi non ha avuto un compagno di classe così – pronto ad affibbiare un nomignolo sfottente agli amici e innanzitutto ai nemici. Ragazzate da ricordare con nostalgia. Non C’E’ Invece nulla di goliardico nelle parole di Giosuè Bruno Naso, difensore del nero Massimo Carminati nel processo in corso per Mafia Capitale. Da settimane il penalista della terra di mezzo sta applicando nelle aule di tribunale – non nei corridoi di una scuola frequentata da bulletti dalla lingua lunga – pubblicamente dunque, una lucida strategia tendente a screditare la persona del giornalista de “l’Espresso”, il primo ad aver raccontato nomi, clan, affari e interessi delle organizzazioni mafiose presenti a Roma. “De Lirio”, così l’avvocato Naso chiama continuamente il nostro Lirio, dal 2007 costretto a vivere sotto scorta per le minacce subite prima in Sicilia e recentemente anche a Roma. (..). L’Avvocato Naso non insinua, no. Accusa apertamente Lirio Abbate di operare in combutta con il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone. Delegittima il ruolo di giornalista che sa cercare verità scomode e nascoste. Lo riduce a figurante al servizio di chissà quali teoremi montati dai magistrati inquirenti. Insomma se la mafia a Roma non esiste – e per il difensore degli imputati di mafia l’insussistenza è questione ontologica – chi esplora la realtà lo fa per fini oscuri. Siamo davanti a un surreale ribaltamento delle posizioni. Sul banco degli accusati finisce il giornalista che ha avuto il coraggio di scrivere. Se ci trovassimo in Sicilia, in Calabria o in Campania, le uniche terre in cui – secondo una concezione geografica del malaffare – si può celebrare un processo ai mafiosi, ci sarebbe di che preoccuparsi. Molto. Siamo a Roma invece e tutto ciò può passare come la spiritosaggine di un esuberante legale?(..).Da Tempo “L’Espresso” evidenzia il deficit culturale del mondo delle professioni e delle istituzioni territoriali nel far fronte alla “colonizzazione” avviata da tempo dalle organizzazioni criminali fuori dai propri confini storici. Nonostante l’evidenza dei fatti, va per la maggiore la rassicurante interpretazione di una mafia confinata nel recinto domestico. Lo spiega in modo chiaro nel suo ultimo libro, “Storia dell’Italia mafiosa”. Isaia Sales, profondo analista del fenomeno: “Il ritardo con cui il Centro-Nord ha reagito al radicamento sul proprio territorio delle mafie è dovuto essenzialmente a un errore di valutazione storica e a un errore politico” scrive Sales. “La definizione delle mafie come fenomeni di arretratezza economica e civile è alla base dell’evidente sottovalutazione del radicamento mafioso nel cuore produttivo dell’economia italiana ”.  Errore Di Valutazione storica ed errore politico. Per questi motivi è ancor più inquietante sentire certe parole in un’aula di giustizia. Non feriscono solo chi ne è bersaglio, ma l’intelligenza di molti. Non alligna il delirio nella comunità de “ l’Espresso”, ma la consapevolezza di fare un’informazione onesta, puntuale, senza timori reverenziali né padrini di qualsiasi tipo.
Luigi Vicinanza www.lespresso.it -@vivinanzal – L’Espresso – 14 febbraio 2016 -

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