Il 21 gennaio scorso, a 81 anni, nella
sua villa di Robbio Lomellina, si è spento il Cavaliere del Lavoro Carmelo
Patti, uno dei cinque uomini più ricchi d’Italia; self made man, simbolo del
“miracolo economico”. fondatore di una dinastia. Ammirato e invidiato, amico
dei potenti, la sua morte è stata però stranamente accompagnata da un silenzio
assordante. In questi Annali, si cerca di darne ragione. Nato nel 1935 dal poverissimo
paese di Castelvetrano (provincia di Trapani), Carmelo emigrò a Robbio (Pavia),
ove condusse la vita agra del venditore ambulante e poi dell’operaio. Alla fine
degli anni Cinquanta, intorno a Robbio gravitava la multinazionale americana
Philco, che sfornava lavatrici, frigoriferi e televisori. (Un “Carosello” con
una donna felice annunciava: “Aspetto un Philco”). Carmelo, affascinato
dall’industria comprò un capannone e cominciò a produrre cavi, cavetti,
interruttori, switch, fusibili per la Philco. Gli andò talmente bene, che
quando la Philco se ne andò, comprò i suoi muri e vi installò la “Cablelettra”,
una start up dell’epoca. I suoi prezzi erano talmente buoni (bella forza: a
Castelvetrano tutti intrecciavano “i fila” per lui: nei casolari, nelle
baracche, bambini soprattutto )che si aggiudicò un appalto miliardario dalla
Fiat. E così la sconosciuta Cablelettra di Castelvetrano illuminò i cruscotti
di milioni di utilitarie prodotte non solo a Torino, ma a Termini Imerese, in
Polonia, in Argentina, in Brasile. Carmelo Patti arrivò ad avere 7.000
dipendenti e una galassia di società che fatturavano miliardi. Addirittura
Gianni Agnelli, che era uno snob, lo prese in simpatia e lo introdusse nei
salotti bancari torinese, dove Carmelo fu protagonista di un colpo di scena
finanziario. Nel 1998 comprò (400 miliardi di cash) dalla Banca San Paolo la
maggioranza delle azioni della Valtur, ex azienda di Stato, il colosso del
turismo organizzato. Un settore che alla famiglia Agnelli, già allora stufa di
automobili, piaceva moltissimo. Le cose, però non andarono bene: cattiva
amministrazione. Si cominciò a dire che nei villaggi Valtur passavano le
vacanze gratis sia i latitanti di Cosa Nostra che l’establishment politico
siciliano e che c’erano anomalie fiscali. La Valtur venne commissariata. La
Cablelettra, nel frattempo, aveva già smobilitato. Nel 2012 la mazzata. La DIA
(Direzione Investigativa Antimafia) esamina le centinaia di società di Carmelo
Patti, le stima in cinque miliardi di euro, e ne propone il sequestro. La tesi:
Patti non è altro che il prestanome dei famigerati Messina Denaro, padre e
figlio, suoi concittadini. L’acquisto della Valtur? Un riciclaggio-investimento
di Cosa Nostra. A distanza di quattro anni, la “pratica” è tuttora allo studio
della procura di Trapani, circondata dal mistero. Ai magistrati spetta
decidere: non solo su chi è stato il ragazzo che partì da Castelvetrano ma su cosa è stato il capitalismo italiano.
Speriamo siano saggi. Come è stato saggio non dare neanche notizia della morte
di Carmelo Patti.
Enrico Deaglio – Annali – Il Venerdì di Repubblica – 12
febbraio 2016 -
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