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venerdì 19 febbraio 2016

Lo Sapevate Che: Quello che fu tra i più ricchi d'Italia ma, per i giudici nel nome di Messina Denaro



Il 21 gennaio scorso, a 81 anni, nella sua villa di Robbio Lomellina, si è spento il Cavaliere del Lavoro Carmelo Patti, uno dei cinque uomini più ricchi d’Italia; self made man, simbolo del “miracolo economico”. fondatore di una dinastia. Ammirato e invidiato, amico dei potenti, la sua morte è stata però stranamente accompagnata da un silenzio assordante. In questi Annali, si cerca di darne ragione. Nato nel 1935 dal poverissimo paese di Castelvetrano (provincia di Trapani), Carmelo emigrò a Robbio (Pavia), ove condusse la vita agra del venditore ambulante e poi dell’operaio. Alla fine degli anni Cinquanta, intorno a Robbio gravitava la multinazionale americana Philco, che sfornava lavatrici, frigoriferi e televisori. (Un “Carosello” con una donna felice annunciava: “Aspetto un Philco”). Carmelo, affascinato dall’industria comprò un capannone e cominciò a produrre cavi, cavetti, interruttori, switch, fusibili per la Philco. Gli andò talmente bene, che quando la Philco se ne andò, comprò i suoi muri e vi installò la “Cablelettra”, una start up dell’epoca. I suoi prezzi erano talmente buoni (bella forza: a Castelvetrano tutti intrecciavano “i fila” per lui: nei casolari, nelle baracche, bambini soprattutto )che si aggiudicò un appalto miliardario dalla Fiat. E così la sconosciuta Cablelettra di Castelvetrano illuminò i cruscotti di milioni di utilitarie prodotte non solo a Torino, ma a Termini Imerese, in Polonia, in Argentina, in Brasile. Carmelo Patti arrivò ad avere 7.000 dipendenti e una galassia di società che fatturavano miliardi. Addirittura Gianni Agnelli, che era uno snob, lo prese in simpatia e lo introdusse nei salotti bancari torinese, dove Carmelo fu protagonista di un colpo di scena finanziario. Nel 1998 comprò (400 miliardi di cash) dalla Banca San Paolo la maggioranza delle azioni della Valtur, ex azienda di Stato, il colosso del turismo organizzato. Un settore che alla famiglia Agnelli, già allora stufa di automobili, piaceva moltissimo. Le cose, però non andarono bene: cattiva amministrazione. Si cominciò a dire che nei villaggi Valtur passavano le vacanze gratis sia i latitanti di Cosa Nostra che l’establishment politico siciliano e che c’erano anomalie fiscali. La Valtur venne commissariata. La Cablelettra, nel frattempo, aveva già smobilitato. Nel 2012 la mazzata. La DIA (Direzione Investigativa Antimafia) esamina le centinaia di società di Carmelo Patti, le stima in cinque miliardi di euro, e ne propone il sequestro. La tesi: Patti non è altro che il prestanome dei famigerati Messina Denaro, padre e figlio, suoi concittadini. L’acquisto della Valtur? Un riciclaggio-investimento di Cosa Nostra. A distanza di quattro anni, la “pratica” è tuttora allo studio della procura di Trapani, circondata dal mistero. Ai magistrati spetta decidere: non solo su chi è stato il ragazzo che partì da Castelvetrano  ma su cosa è stato il capitalismo italiano. Speriamo siano saggi. Come è stato saggio non dare neanche notizia della morte di Carmelo Patti.
Enrico Deaglio – Annali – Il Venerdì di Repubblica – 12 febbraio 2016 -

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