Le scrivo in merito
alla lettera pubblicata a firma del tredicenne Matteo Franzini. Sono docente di
Scienze umane nelle scuole superiori e sono rimasta colpita da quel testo. Ho
fatto poi una considerazione: lei ha avuto l’autorizzazione a pubblicare
l’indirizzo email del ragazzo da parte dei suoi genitori? Avendo avuto
l’impulso di scrivergli, mi sono poi resa conto che, trattandosi di uno
studente di appena 13 anni, non era possibile interloquire con lui in questo
modo. AnnaMaria Anastasia Amanas@teletu.it
Caro Matteo, siamo gli
alunni della 2B e della 2C della scuola secondaria di primo grado Il Ponte di
Lodi e in classe abbiamo discusso della tua lettera a D. Da noi alcuni alunni
leggono libri vari assegnati dalla prof, poi presentano il libro che hanno
letto, senza svelare il finale, usando la lavagna multimediale. Possono
costruire schemi, mappe, tabelle, cercare foto degli autori, biografie ecc. Gli
altri alunni ascoltano e, insieme alla prof, valutano le presentazioni sulla
base del coinvolgimento suscitato. Caro Matteo non smettere di leggere e ti
ring rasiamo per l’attenzione, Gentile prof Galimberti, vogliamo ringraziarLa
per aver risposto a un ragazzo della nostra età, le Sue riflessioni sono state
chiare e utili per noi. Abbiamo discusso tanto in classe sull’intelligenza
sequenziale e simultanea e il suo articolo ci ha stimolato a leggere. Faremo
tesoro di questa esperienza. Ambra, Daniele, Alessandro, Milena e altri
quaranta nomi di alunni milena.pietra@libero.it
Gentile prof. Anna Maria Anastasia,
perché un insegnante si pone il problema se è lecito scrivere a uno
studente di 13 anni che voleva
coinvolgere quanti più ragazzi possibile della sua età nella frequentazione
della lettura? Quanta burocrazia e formalismo legislativi condizionano la testa
dei professori, fino a impedire loro di entrare in un rapporto diretto con uno
studente senza l’autorizzazione dei genitori? Con i minori io penso che lei
abbia a che fare tutti i giorni, ed è solo la cattedra che le consente di
parlare con loro senza dover chiedere ai genitori se può o non può farlo? (..).
La lettera del “minore” ha fatto il giro delle scuole, è stata discussa in
molte classi che mi hanno scritto. Pubblico l’ultima lettera pervenuta.
L’editore Loescher, che ha in preparazione un’opera scolastica antologica per
la scuola secondaria di primo grado, ha chiesto a me e alla direzione di
Repubblica la possibilità di pubblicare quella lettera. Tutto questo lascia
intendere che a suscitare interesse per quanto accade nella scuola non sono
solo gli eventi, talvolta deprecabili, talvolta tragici, di cui si occupano le
cronache, ma anche le sollecitazioni a migliorare il livello culturale dei
nostri istituti di istruzione, sollecitazioni promosse non da presidi o
professori, ma da studenti che con altri studenti mettono in comune le loro
esperienze di studio e il modo per migliorarle. (..). Cari professori ,fidatevi
di questi minorenni che al giorno d’oggi tanto minori non sono, e non tarderete
ad accorgervi che, se li trattate con la considerazione che riservate agli
adulti, non solo offrirete loro il modo migliore per diventare tali, ma
otterrete anche più impegno che
invitandoli solo, giorno per
giorno, a comportarsi “da adulti”. La parola “minori” sottintende un’incapacità
di giudizio, di responsabilità, e perciò un bisogno di tutele, attraverso le
quali ciò che si finisce di trasmettere è solo la visione del mondo degli
adulti. Rischiando con questo di spegnere le iniziative e i germi di novità
che, non raccolti, lasciano appunto i ragazzi in perenne stato di “minorità”.
umbertogalimberti@repubblica.it
– Donna di Repubblica – 20 febbraio 2016
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