Delitto Di Stato. Non c’è altro modo per definirlo. Reticenze, disinformazione,
depistaggi ci raccontano – se solo si vuol vedere – che la morte di Giulio
Regene, scomparso al Cairo il 25 gennaio, è un delitto di Stato. Per quanto si
sia provato a cancellarla, la firma porta al regime egiziano. Alleato
dell’Italia e dello schieramento occidentale. Potenza influente nell’infernale
scacchiere mediorientale, baluardo armato contro il fondamentalismo islamico e
l’espansione del Califfato del terrore. Un incrocio torbido di interessi e
convenienze da rendere quell’omicidio ancor più odioso, se possibile.
Ricapitoliamo. Un giovane di 28 anni, ricercatore presso un’università inglese,
torturato in modo orrendo e poi ucciso. Il corpo fatto ritrovare, dopo giorni
di mistero, in simbolica coincidenza con la visita del nostro ministro Federico
Guidi, titolare dello sviluppo economico, accompagnata in Egitto da una
delegazione di investitori e
imprenditori italiani. Sei messaggi criptici mediorientali hanno un senso,
l’Italia è stata dunque sfidata due volte. La prima con il sequestro e
l’uccisione di Giulio. La seconda con la restituzione di un evento bilanciato
ufficiale. L’intelligence italiana sta provando a ricostruire il significato di
questa barbarie. (..). “Giulio E’ Stato Ucciso in circostanze ancora da chiarire”,
ha dichiarato il nostro premier. “Non ci accontentiamo di ricostruzioni facili
o di verità di comodo”, ha ribadito il ministro degli Esteri Paolo
Gentilini. Su questioni meno rilevanti
Renzi ha mostrato maggior coraggio. Stavolta no. (..). Defilata anche l’Unione
europea che pure guarda alla vicina Libia come area di interesse strategico,
mentre si avvicina l’intervento per impedire il radicamento e l’espansione delle
bande assassine del Califfo. (..). L’Orgoglio Nazionale e i principi europei passano in
secondo piano. Il regime egiziano è intoccabile, forte del suo esercito e del
fiume di dollari, oltre un miliardo all’anno, versato dagli Stati Uniti per
tenerlo all’erta. Dal Cairo filtrano ricostruzioni interessate. Per nulla
attendibili. Se nei primissimi giorni si è tentato di derubricare – senza
successo, per fortuna – la morte di Regeni a un caso criminale, si è poi
spostato il tiro sullo spionaggio. Ecco dunque lo studente modello, il
ricercatore appassionato, l’acuto analista trasformarsi in uno 007 a sua
insaputa. Con la famiglia, distrutta dal dolore, costretta a ribadire una
verità spia. Dicono infatti che le sue informazioni sulla dissidenza e sui
sindacati trasmesse all’università di Cambridge, dove stava completando il
dottorato, sono state “vendute” per scopi oscuri. Dicono tante cose dal Cairo,
ma è evidente che si preferisce sopire anziché sapere. Le spie non si uccidono;
si scambiano. Ma questo non è il film di Spielberg. Siamo in Egitto, buon
alleato dell’Italia. Dove uno studente ha provato a documentare in modo
scientifico la repressione del dissenso e delle lotte operaie. Per questo
torturato a morte. E ucciso una seconda volta dal silenzio di Stato.
Luigi Vicinanza – www.lespresso.it
- @vicinanzal – L’Espresso – 25 febbraio 2016
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