Quando A Fine Anni Settanta Christiane F. pubblicò il
suo libro “Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino” (dove Zoo è il nome della
stazione ferroviaria) lo stupore fu un sentimento forte almeno quanto la commozione. C’erano dunque
minorenni che si vendevano, per procurarsi l’eroina, la droga del disagio nel
già opulento Occidente. E c’erano adulti che ne approfittavano per sfruttarli
sessualmente. In un ideale giro d’Europa su rotaia, negli anni Novanta, il
testimone passò a Bucarest, alla Romania del dopo Ceausescu. La “Gara de Nord”,
la stazione, era il terreno di caccia per pedofili provenienti da ogni dove,
richiamati dal sesso facile, impunito e a basso costo che offrivano bambini
orfani del comunismo e di famiglie che se ne sbarazzavano perché non in grado
di mantenerli nella nuova stagione del liberismo spinto dopo quella di un
welfare straccione ma pur sempre welfare. Le autorità vedevano e tacevano: non
potevano ammettere il precoce fallimento sociale del governo che aveva
sostituito la dittatura. Fu Grazie A Miloud Oukili, un clown franco-algerino capitato
per caso in Romania, che lo scandalo venne alla luce. Letteralmente. Scoprì che
quegli adolescenti, talvolta persino bambini, maschi e femmine, vivevano nelle
fogne della capitale. Si vendevano per non morire di fame, e poi dalle botole
attorno alla stazione si inabissavano nelle viscere del sottosuolo. Sniffavano
colla (l’Aurolac) per stordirsi e avevano creato una comunità delle tenebre con
regole da branco. (..). Ma Le Convulsioni di un pianeta ribollente scaricano
adesso su Roma i derelitti e gli esclusi. Nel tour d’Europa su rotaia è la
stazione Termini l’epicentro dell’orrore, più simile alla Romania che alla
Germania. E’ qui accorrono i pedofili (..) attratti dal tam-tam che segnala il
nostro Paese come luogo possibile dove esercitare la loro depravazione. E’ qui
che fanciulli espulsi dalle loro terre per guerra e carestie si inventano la
vita nei cunicoli e sotto gli alberi. Confusi tra viaggiatori distratti e
pellegrini arrivati in treno per il Giubileo di Francesco. Il prefetto
Gabrielli promette adesso (..) una vigilanza nell’area ridotta a girone
dantesco “sei giorni su sette, da mattina a sera”. Perché non sette giorni su
sette e anche di notte, se non riposa mai il bisogno delle migliaia di minori
arrivati da noi senza famiglia e scomparsi dai radar del pubblico controllo?
“Sono partito dall’Egitto e ho trovato l’Egitto”, ha commentato uno di loro. E
nella frase innocente c’è il nostro sprofondare, la deriva della nostra
capitale verso il sud del Mediterraneo. Lontano
da quell’Europa a cui vorremmo assomigliare. C’è solo da sperare che,
svelato lo scandalo, non si abbia bisogno di eroi, ma sappia trovare nelle sue
istituzioni la forza, il coraggio e l’impegno civile per non voltare la faccia
davanti allo specchio del nostro fallimento.
Gigi Riva –Senza frontiere www.lespresso.it
– g.riva@espressoedit.it - 25 febbraio 2016
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