Niente Da Fare. Non le fermi. Non sono bastate finora
le intemerate di Matteo Renzi, non c’è riuscito Pier Carlo Padoan, nulla ha
potuto nemmeno Super Mario Draghi. Le vendite continuano ad abbattersi sul
comparto bancario, anche dopo i giorni neri della Borsa. Tra lunedì 18 e
mercoledì 20 gennaio, il povero Monte Paschi ha lasciato sul campo il 16 per
cento, e così l’ambizioso Banco Popolare e la martoriata Carige. Anche per gli
altri, bollettino di guerra: ubi meno 15, Unicredit meno 9, Popolare di Milano
meno 5, perfino la solida Intesa San Paolo segnava meno 3,1. Fuggi fuggi. Se
poi si spulciano i dati dall’inizio dell’anno, la fotografia è impietosa: Ubi e
Unicredit hanno visto erodere il loro valore di Borsa più o meno di un quarto,
Banca Popolare di un terzo, Carige del 40 per cento; su tutti spicca Mps:
quotazione dimezzata.(..). Eppure, anche a questi prezzi le banche italiane non
fanno gola. Perché? Mentre i titoli andavano giù, Renzi – comme il faut – difese
il sistema e ne confermò la solidità, ma confessò anche i suoi sospetti su una
oscura manovra. Subito dopo, ricostruzioni giornalistiche la addebitarono a tre
fondi americani decisi a mettere le mani sulle banche italiane in modalità
svendita. (..). Poi, passati pochi giorni, Padoan annunciò da Bruxelles
l’accordo con la commissione europea sulla bad bank destinata a liberare le
banche dei creditori più difficili. La Borsa ebbe un sussulto, le quotazioni si
ripresero un po’, sembrò che il peggio fosse passato. E invece, studiate le
carte, gli operatori (o i manovrieri di cui sopra?) sembrano essersi convinti
che le cose non sono cambiate granché, e i raid sono ricominciati. Dieci giorni
dopo il primo tonfo, giù di nuovo i titoli, quotazioni scontatissime. Ma ancora
nessuno si fa avanti: perché? Certo, l’ondata di realizzi ha colpito mezza
Europa e può acidamente consolarci che in sei mesi anche la Deutsche Bank abbia
perso il 40 per cento. Ma la vicenda italiana ha, come al solito, specialità
tutte sue. (..). Mali Antichi, si dirà. Appunto. E in più
aggravati dall’arrivo del bail-in che scaricherà eventuali crac futuri su
azionisti e obbligazionisti (e magari
anche ai correntisti). Questione sulla quale i soci forti dell’Europa ci hanno
aiutato davvero poco. Secondo ricostruzioni recenti, furono proprio loro a
bocciare la proposta italiana di correggere e graduare l’introduzione della
nuova norma avvertendoci che tal perplessità sarebbero state lette come il veto
alla Vigilanza della Bce di mettere il naso nelle nostre banche. Come dire: che
cosa volete nascondere? Del resto, gli azionisti di riferimento della Ue
pensano da sempre che poco debba essere concesso a chi ha un debito pubblico
delle dimensioni di quello italiano, che nessuno è riuscito a scalfire o a
contenere. Cosa c’entra? Be’, non sono proprio le banche di casa nostra a
conservare in pancia 400 miliardi di titoli del debito pubblico? Ai loro
occhi non sono crediti deteriorati, ma
eterni.
Bruno Manfellotto – Questa settimana www.lespresso.it - @bmanfellotto – 11
febbraio 2016
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