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sabato 13 febbraio 2016

Lo Sapevate Che: E' allarme Zika ma la più pericolosa resta l'influenza...



Dengue, H5N1 (influenza aviaria), Sars, Chicungunya, Ebola, H1N1 (suina), Mers e ora Zika. Le cronache mondiali si riempiono sempre più spesso di nomi e sigle dietro ai quali si nascondono virus patogeni minacciosi. L’ultimo arrivato è un virus di origine africana di cui da qualche settimana seguiamo gli spostamenti fra America Latina ed Europa: relativamente innocuo per gli adulti, se infetta le donne in gravidanza nelle prime settimane è in grado di provocare microcefalia nel feto, una grave malformazione che porta a disabilità o morte. Nel Nordest brasiliano Zika avrebbe fatto ammalare un milione circa di persone e causato 3.582 casi di microcefalia, contro i 167 del 2014. “Da qualche anno assistiamo a un’accelerazione nella diffusione di arbovirus, virus trasmessi da insetti come le zanzare” dice Gianna Rezza, virologo dell’Istituto superiore di sanità, “Zika è il quarto virus africano che arriva in Sudamerica. Il primo fu la dengue, diffusasi fino negli Usa, poi, nel 2013, l’analogo Chikungunya, e oggi Zika. Alla base c’è il movimento di massa di persone, la presenza ormai globale di zanzare di genere Aedes, favorita dal cambiamento climatico, e la scarsa resistenza immunitaria dei sudamericani, che non erano mai stati esposti a questi patogeni”. Caso diverso è quello di malattie virali emorragiche, come Ebola: “ Si tratta di zoonosi, cioè virus di animali selvatici che passano nell’uomo” spiega Antonio Mastino, microbiologo dell’Istituto di farmacologia transazionale del Cnr. “Vista la rapidità con cui rendono il malato incapace di muoversi, un tempo restavano confinate nei villaggi. Il trasporto dei malati nelle città ha moltiplicatole possibilità di diffusione”. “Dovessi però dire di cosa dovremmo preoccuparci di più, non indicherei né gli arbovirus, né le zoonosi” avverte Rezza. “ Le prime possono diffondersi tramite la zanzara tigre, ma l’inverno ne stronca comunque il ciclo. Virus tipo Ebola, invece, possono essere contenuti se si segue la regola di non toccare i malati senza protezioni. Il vero cruccio sono i virus che si diffondono con il respiro”.  La Sars e la Mers, per esempio, sono coronavirus asiatici, spesso mortali, che si sono spostati in pochi giorni a migliaia di chilometri di distanza grazie ai viaggi aerei. “Però i coronavirus raggiungono il picco del contagio sette giorni dopo l’apparizione dei sintomi, quando il paziente in genere è già in ospedale. Più pericolosi sono i virus influenzali, contagiosi fin da prima che una persona si metta a letto, e infatti c’è grande attività di sorveglianza globale sull’emersione di ceppi influenzali, di cui oggi possiamo ricostruire il genoma in pochi giorni.
Alex Saragosa – Scienze – Il Venerdì di Repubblica – 5 febbraio 2016 -

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