“Le priorità sono altre” ha affermato
il cardinal Bagnasco in merito al ddl Cirinnà sulle unioni civili, stepchild adoption inclusa. Quando ho
letto questo titolo, ho pensato subito: “Giusto, bravo, era ora, ben detto”.
Poi ho letto meglio il nome di colui che aveva rilasciato ai microfoni una tale
condivisibile ovvietà e ho capito niente. Mi sono rifiutato di indagare quali
fossero per Bagnasco le vere priorità, priorità che comunque non saranno mai
alternative a quelle di una coppia che reclama il proprio diritto di vivere
felice senza per questo ledere diritti altrui. Nella maggior parte dei Paesi
occidentali ai quali ci pregiamo di voler somigliare, la priorità dei diritti
delle persone di vivere sentimentalmente e affettivamente nella maniera ad
ognuno più consona, per lo più l’hanno archiviata. Unioni civili e matrimoni
gay, in Europa, sono realtà ovunque fuorché in Italia, Grecia, Cipro, Lituania,
Lettonia, Polonia, Slovacchia, Bulgaria e Romania. Delle sei nazioni fondatrici
dell’Unione Europea ci siamo rimasti solo noi a non aver archiviato questa
“priorità”. A guardare la mappa dei diritti appena descritta, imbarazza non poco
il pensiero di chi pretende di risultare credibile quando azzarda confronti tra
noi, i “civilizzati”, e i mondi che per vari motivi non si ritengono tali o
comunque alla nostra presunta altezza. In un Paese dove si celebra ancora il
Family Day come momento politico aggregante e rilevante anziché folcloristico e
ultrareazionario, verrebbe automatico pensare che la classe politica, di destra
e non solo (il Pd, sul tema, è ovviamente diviso), sia irrimediabilmente
indietro rispetto ai comportamenti e alle esigenze del popolo che dovrebbe
rappresentare. E però, quella che potrebbe essere comunque una parziale
consolazione, cioè il sapere che c’è un mondo che va avanti a prescindere da
Bagnasco e dal Family Day, in Italia non mi dà certezza alcuna. Non sono
convinto che qui possa succedere quanto successo meno di un anno fa nella
cattolicissima Irlanda. Un referendum, da noi, porterebbe alla clamorosa
vittoria dei matrimoni gay, approvati col voto di elettori tanto di sinistra
quanto di destra? Non lo so, ne dubito. La sensazione che la classe politica
italiana di oggi, a differenza di quella dei costituenti, invece di portare il
Paese se non nel futuro almeno nel presente, sia fatta esattamente a immagine e
somiglianza di chi la elegge, purtroppo è sempre più forte. Essere smentito
significherebbe rivedere le priorità di questo Paese, finalmente.
Diego Bianchi – Il Sogno di Zoro – Il Venerdì di Repubblica –
29 gennaio 2016
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