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venerdì 5 febbraio 2016

Lo Sapevate Che: Gli italiani secondo Scola e Flaiano...



La Morte Di Ettore Scola è stata motivo di grande tristezza perché con lui abbiamo perso una parte consistente della nostra anima lieve. Sapere che i padri calpestano ancora questa terra è rassicurante. Avere la consapevolezza che resta che resta di loro ciò che hanno fatto – che poi per la stragrande maggioranza delle persone è la cosa più importante – appesantisce, invece, il passo: non possiamo più fare domande, tutto resta alla nostra interpretazione e alla nostra capacità di leggere e attualizzare ciò che non è stato creato ora. Non c’entra direttamente, ma leggendo sui social le risposte violente ai miei post sullo stato della legge 194 – legge disattesa, prova di un diritto negato – non sono riuscito a trattenermi dal pensare che le nonne di molti ragazzi contrari all’aborto oggi, devono essere scese in piazza per manifestare affinché abortire diventasse un diritto e legale.(..). Non ho potuto fare a meno di immaginare alcune di quelle nonne nelle sale d’attesa fredde e fatiscenti di ambulatori clandestini per la necessità (che comunque implica una scelta) di interrompere una gravidanza. Cosa centra Ettore Scola? L’incapacità di contestualizzare ciò che accade e quindi l’incapacità di riconoscere cosa per noi è davvero importante conservare, implica una perdita maggiore della morte stessa. Scola è stato, come gli attori che con lui hanno lavorato e come moltissimi suoi  colleghi, la parte più divertente della tragedia, quella malinconica e irrinunciabile. O magari potremmo dire la parte più italiana. Ennio Flaiano, lo stesso che diceva che la situazione era grave ma non seria, scrisse sul “Corriere della Sera”; L’italiano, nella sua qualità di personaggio comico è un tentativo della natura di smitizzare se stessa”. Quindi ecco che anche quando lo struggimento è il sentimento più adatto a descrivere ciò che si muove dentro, anche in quel momento la comicità è lì che strizza l’occhio, mai discreta. (..). Una comicità che il secolo scorso ha vissuto in ogni sua gradazione ( da Totò a “Drive In” passando per Scola e Sordi), abbandonandosi senza sentimenti: una comicità che noi oggi proviamo sempre a riempire d’altro per giustificare il tempo speso a goderne. (..). “Questi Stracci E Questi Cessi” ci diffamano di fronte al mondo”, sono parole che porto con me da sempre, da quando so che scrivere vuol dire occuparsi di stracci e di cessi. Ricordate in “C’eravamo tanto amati” la scena della proiezione di “Ladri di biciclette”? Siamo ancora tutti lì, in quel  cineforum di Nocera Inferiore, dove il professor Caprigno, disgustato dopo aver visto il film di De Sica, si alza e dichiara: “Opere siffatte offendono la grazia, la poesia, il bello. Questi stracci e questi cessi ci diffamano di fronte al mondo. Di questi filmacci bene ha detto un giovane cattolico di grande avvenire, vicino a De Gasperi (ovvero Andreotti): i panni sporchi si lavano in famiglia” (..). E Penso A Flaiano che sempre sul “Corriere” scriveva: “Quando due italiani si incontrano per caso all’estero la loro reazione è un gran ridere”. E rivedo quelle pacche sulle spalle e quelle strette di mano dei nostri politici all’estero raramente seri in volto, ma sempre abbastanza giullari, perché il sorriso porta consenso e il consenso si tramuta in voti. Ettore Scola ci ha lasciati, eppure noi siamo ancora tutti lì, dentro quel piccolo cinema di paese, rafforzati nell’idea che si vuol scrivere non si può prescindere da “questi stracci e questi cessi”. E se la nostra cifra è l’ironia, non facciamola diventare un ghigno.
Roberto Saviano – L’antitaliano www.lespresso.it – L’Espresso – 4 febbraio 2016 -

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