Chi Crede Nel
Matrimonio non ha
paura del divorzio. Lui, la sposa, è vestita rigorosamente in bianco.Lui lo
sposo, in abito scuro d’ordinanza. Sorridono felici al futuro da un enorme
manifesto elettorale. E invitano a votare No all’abolizione del divorzio.
Perché – è sottinteso – i nostri doveri non possono limitare i diritti di chi
la pensa diversamente. Anzi, la difesa dei propri convincimenti è la maggior
garanzia di tutela dei comportamenti altrui. Maggio 1974, Italia in bianco e
nero. I rapporti uomo-donna stanno cambiando, faticosamente. Il maschio-padrone
trova argine a uno strapotere secolare. E’ la stagione dei diritti civili. Del
primo referendum al quale gli italiani partecipano per abrogare o confermare
una legge dello Stato: quella del divorzio ì, appunto.(..) Nell’ottobre 1972,
quando il referendum viene minacciato dalla Democrazia Cristiana per cancellare
una conquista realizzata appena due anni prima, Nilde Iotti, influente
dirigente del Pci, rilascia un’intervista al nostro settimanale: “Meglio mezzo
divorzio che un referendum intero”, il titolo che sintetizza la titubanza e la
prudenza del Partito comunista di Enrico Berlinguer. Nonostante ciò, il
referendum fu vinto e il divorzio salvo. E i comunisti impararono a scoprire la
laicità. Non è paragonabile l’Italia di allora con quella odierna. Se non nel
tatticismo spinto dalle forze parlamentari. Mentre il sentimento della nazione
è più avanti rispetto ai calcoli elettorali. Ecco perché la legge sulle unioni
civili, da giovedì 28 gennaio all’esame del Senato, non è più rinviabile.(..). Matteo Renzi Ipotizzava un percorso meno accidentato per raggiungere una riforma
attesa da troppo tempo. Che ha il vantaggio, tra l’altro di essere a costo
zero; senza incidere sui delicati conti pubblici. E sufficientemente di
sinistra, ma non sgradita a una parte di elettorato che fu berlusconiano.
L’insidia inaspettata è spuntata all’interno del Pd, tra alcuni deputati di
formazione cattolica, dubbiosi innanzitutto sulla “stepchild adoption” (pessima
abitudine usare l’inglese per indicare questioni complesse che meriterebbero di
essere spiegate con chiarezza a tutti i cittadini). Si parla cioè della
possibilità, per una coppia gay, di adottare il figlio di uno dei due. Opzione,
contro cui si è schierata con forza la Conferenza episcopale guidata dal
cardinale Angelo Bagnasco. Eppure, rassicura il renziano direttore de “l’Unità”
Erasmo D’Angelis, il disegno di legge che porta il nome della senatrice dem
Monica Cirinnà è da considerarsi moderato nei contenuti rispetto alle leggi di
altri paesi europei, “un buon compromesso tra posizioni più avanzate e quelle
più tradizionaliste”. E Già, Perché L’Italia rispetto agli altri partner europei,
è maledettamente indietro nel campo dei diritti civili.(..). Ecco: pur nel
rispetto delle sensibilità di ciascuno, vien voglia di parafrasare quel
fortunato manifesto elettorale di 42 anni fa, per sostenere che chi crede nella
famiglia non ha paura della famiglia altrui. Non si può aver paura
dell’ampliamento dell’area dei diritti individuali e collettivi, paura della
libertà.
Luigi Vicinanza – Editoriale www.lespresso.it
– vicinanzal – L’Espresso - 4 febbraio
2016 -
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