La musica era un aspetto predominante della
quotidianità della famiglia modenese dei Pavarotti. Il padre Fernando, fornaio
di professione, nutriva una sconfinata passione per il canto, che aveva
trasmesso al figlio Luciano. Le spiccate doti del giovane erano emerse
attraverso gli studi con il tenore Arrigo Pola e il Maestro Ettore
Campogalliani. Nel frattempo, allenava l'udito con i dischi dei grandi di allora,
sperando un giorno di imitarne le gesta.
Dopo la vittoria al concorso intitolato alla
memoria del celebre compositore emiliano Achille Peri, per Pavarotti si
spalancarono le porte del debutto su un palcoscenico importante. Nella
primavera del 1961 venne scritturato per la parte di Rodolfo ne La
Bohème di Giacomo Puccini, sotto la direzione di Francesco
Molinari Pradelli. La rappresentazione era prevista per sabato 29 aprile al
Teatro Municipale "Romolo Valli" di Reggio Emilia.
Il nervosismo manifestato alle prove della
vigilia svanì durante l'esibizione in pubblico, che si spellò le mani dopo la
magistrale interpretazione della celebre aria «Che gelida manina».
Fu una serata memorabile per il 25enne di Modena, che conservò per sempre un
legame speciale con l'opera di Puccini. Acclamato in tutti i teatri italiani,
quattro anni più tardi Pavarotti affrontò la prima tappa di un trionfale tour
negli Stati Uniti d'America.
All'esordio di Miami nel 1965, seguirono altre
performance a San Francisco e Philadelphia, fino alla definitiva consacrazione
del 17 febbraio 1972: quel giorno mise in scena la Fille du Regiment di
Donizetti al Metropolitan di New York, stregando la platea con
nove Do di petto. La gente gli tributò 17 chiamate ed ovazioni al
sipario, un record mai raggiunto (e tuttora imbattuto) nella storia della
lirica.
Gli anni Novanta lo videro impegnato in
indimenticabili concerti all'aperto, tenuti nei luoghi simbolo delle principali
capitali del mondo: dall'Hyde Park di Londra al Central Park di New
York nel 1993 (davanti a oltre mezzo milione di persone e a milioni di
telespettatori collegati da ogni parte), fino all'esibizione parigina all'ombra
della Torre Eiffel. Negli stessi anni rimasero indelebili nella memoria i
concerti dei «Tre Tenori» con Placido Domingo e José
Carreras.
Il forte legame con la terra natia lo spinse a
fare di Modena il cuore di un evento di respiro internazionale e animato da
scopi benefici. Dal 1992 al 2003 "Pavarotti & Friends" portò
nella città emiliana le grandi star del pop e del rock internazionale, da Bono
Vox ai Deep Purple, protagonisti di suggestivi duetti con Big Luciano. Al
termine della carriera nel 2006, Pavarotti poteva vantare numeri da capogiro:
331 concerti e 315 recital, per un totale di 1.266 rappresentazioni in più di
60 Paesi nel mondo.
https://www.mondi.it/almanacco/voce/675001
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