La repressione
nazista in risposta alle azioni partigiane aveva fatto registrare le
pagine più truci dalla primavera del 1944, in particolare dall'eccidio delle
Fosse Ardeatine, toccando il culmine con la strage di Marzabotto (29
settembre). Nella memoria dei milanesi rimasero indelebili le numerose
esecuzioni di ferrovieri e operai, consumate nell'estate dello stesso anno; su
tutte quella del 10 agosto a piazzale Loreto con la fucilazione di 15
partigiani, i cui corpi vennero lasciati sul selciato per giorni.
A queste si erano aggiunte le distruzioni provocate dai bombardamenti alleati,
uno dei quali, il 20 ottobre del '44, colpì per sbaglio la scuola
elementare "Francesco Crispi", nel quartiere di Gorla, provocando
la morte di 184 bambini e dei loro insegnanti. Il risentimento popolare, acuito
dalla fame, era sul punto di esplodere e sempre più persone s'impegnavano in
prima persona nella guerra contro l'occupante tedesco e contro la Repubblica di
Salò formata dai fascisti.
Dopo il successo dell'offensiva alleata nella pianura padana,
iniziata il 9 aprile, il giorno dopo il Partito Comunista diramò a tutte le
organizzazioni locali l'ordine di scatenare l'attacco definitivo, con
l'obiettivo di liberare i grandi centri prima dell'arrivo delle truppe alleate.
La direttiva venne recepita dal CLNAI (Comitato di Liberazione
Nazionale Alta Italia, che riuniva i gruppi partigiani di ogni colore
politico), che il 16 aprile diede il via all'insurrezione generale.
La prima azione interessò la città di Bologna estendendosi poi a Modena, Reggio
Emilia e Parma, dove gli alleati al loro arrivo trovarono la strada in parte
spianata dai resistenti. Ricacciati i tedeschi al di là del Po, l'offensiva
puntò sul capoluogo lombardo e su quello piemontese. In entrambe, dalle prime
ore del 24 aprile, scattarono le operazioni di sabotaggio e di occupazione
delle caserme.
La mattina del 25, via radio, Sandro Pertini (futuro
Presidente della Repubblica, 1978-85) diede l'ordine a operai e lavoratori di
occupare fabbriche, negozi e scuole, inscenando uno sciopero generale nel
tentativo di difendere quei luoghi dagli attacchi nemici: dalla FIAT Mirafiori
di Torino alla Innocenti di Milano, sventolavano bandiere rosse con la
sigla CLNAI. Lo stesso comitato si riunì presso il collegio dei
salesiani di via Copernico, a Milano, per adottare tre decreti che segnarono
gli ultimi sviluppi del conflitto.
Con il primo decreto il CLNAI nazionale e i comitati regionali assunsero tutti
i poteri, civili e militari. Con il secondo si nominarono le commissioni di
giustizia per la funzione inquirente, i tribunali di guerra e
le corti d'assise popolari per quella giudicante. Nell'ultimo si stabilì che «i
membri del governo fascista e i gerarchi del fascismo colpevoli di aver
contribuito alla soppressione delle garanzie costituzionali, di aver distrutto
le libertà popolari, creato il regime fascista, compromesso e tradito le sorti
del paese e di averlo condotto all'attuale catastrofe, sono puniti con la pena
di morte e nei casi meno gravi con l'ergastolo».
Mentre per le strade venivano distribuiti volantini per annunciare la
Liberazione, la radio milanese, che prima trasmetteva il notiziario fascista,
annunciò alle 22.05 che l'Alto Milanese era stato liberato dai patrioti
italiani. Nelle stesse ore Benito Mussolini insieme alla
compagna Clara Petacci si lanciò in una fuga disperata verso la Svizzera,
travestito da soldato tedesco. Catturati a Dongo, nel comasco, entrambi vennero
giustiziati il 28 aprile e i loro corpi esposti a piazzale Loreto (Milano), per
tutta la giornata del 29 aprile.
Nella primavera dell'anno seguente, il governo provvisorio dichiarò "festa
nazionale" il 25 aprile, soltanto per l'anno in corso. Con la legge
n. 260 del maggio 1949, presentata da Alcide De Gasperi,
divenne a tutti gli effetti un giorno festivo da dedicare al ricordo della
lotta di Liberazione dal nazifascismo.
https://www.mondi.it/almanacco/voce/636005
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