All'origine del disastro, la fuoriuscita di olio
bollente, utilizzato per raffreddare i laminati. Inutili i tentativi di
circoscrivere le prime fiamme con gli estintori. Al contrario, il getto d'acqua
a contatto con l'idrogeno liquido e l'olio provoca una spaventosa fiammata che
trasforma in torce umane alcuni operai.
Un inferno che non lascia scampo al 36enne Antonio Schiavone (padre
di due figli), riducendo in fin di vita altri sei: Roberto Scola,
Angelo Laurino, Bruno Santino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò, Giuseppe Demasi.
Moriranno anche loro nel giro di un mese, disegnando un drammatico bilancio che
fa montare l'indignazione e la protesta del mondo dei lavoratori, cui
seguiranno scioperi e manifestazioni in tutta Italia.
Il dramma delle morti bianche conosce un'altra brutta pagina
di uomini esposti a rischi enormi, per le troppe ore di lavoro consecutive (i
sindacati parlano di 12 ore per alcuni in servizio alla linea 5) e per le
precarie condizioni di sicurezza (tra cui 3 estintori scarichi su 5).
Scatteranno immediatamente le indagini della magistratura e nei confronti
dell'amministratore delegato della Thyssen, Herald Espenhahn, verrà contestato
il reato di omicidio volontario con dolo eventuale e incendio doloso, mentre
sulla testa di altri cinque dirigenti penderà l'accusa di omicidio colposo ed
incendio doloso.
Nel corso delle indagini, emergerà che un incidente simile si era verificato
nel 2003 e c'erano voluti quattro giorni per spegnere l'incendio,
fortunatamente senza conseguenze per gli operai. Anche per questo la proprietà
tedesca aveva da tempo deciso di chiudere la fabbrica torinese e trasferire
tutta la produzione presso lo stabilimento di Terni. Chiusura poi slittata a
giugno 2008.
L'accordo tra l'azienda e i familiari delle vittime (cui sarà riconosciuto un
risarcimento di circa 13 milioni di euro) non fermerà il processo. Si arriverà,
nell'aprile del 2011, alla sentenza di primo grado della seconda Corte d'Assise
di Torino, che condannerà Espenhahn a 16 anni e 6 mesi di reclusione. Pene
comprese tra 10 e 13 anni saranno comminate agli altri cinque imputati.
Nel febbraio 2013 la Corte d'Appello modificherà il giudizio di I grado,
derubricando il reato da omicidio volontario a colposo e riducendo le pene a
tutti i manager, sentenza confermata dalla Cassazione nell'aprile del 2014, che
però richiede una ridefinizione delle pene, che non potranno essere superiori a
quelle comminate nel 2013. Con la sentenza della Corte d'Appello del 2015,
confermata dalla Cassazione nel 2016, si chiude la vicenda giudiziaria.
http://www.mondi.it/almanacco/voce/19158
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