Con l'Italia ancora ferita dalla drammatica
guerra di resistenza al nazifascismo, un commediografo semisconosciuto,
originario di Pozzuoli, si fece portavoce del malcontento generale per lo
scenario di distruzione prodotto dal conflitto, veicolandolo in un nuovo
movimento d'opinione che prese il nome di qualunquismo.
Alla base di questa nuova ideologia la convinzione che tutti i politici fossero
uguali, nel difendere soltanto la propria poltrona e nel litigare sterilmente
tra loro, e che il Paese avesse più bisogno di buoni amministratori che di
politici "sfruttatori" e "vociatori". Vittime di questo
sistema, e di uno Stato impegnato solo a spremerli con tasse esose, erano i
cittadini, chiamati dal nuovo settimanale a partecipare attivamente alla
gestione della cosa pubblica.
Contraddistinto da una satira feroce e dal ricorso all'insulto (in particolare
nello storpiare i cognomi degli avversari politici), il movimento si costituì
in partito nell'estate del 1946, facendo eleggere 30 deputati all'Assemblea
Costituente.
Debolmente strutturato al suo interno, con il potere decisionale concentrato
nelle mani del solo Giannini, e accusato di non avere un preciso programma
politico (si cercarono alleanze con tutti, dal PCI al MSI, passando per la DC),
l'Uomo Qualunque si avviò a un rapido declino, accelerato dalle numerose
epurazioni di esponenti in dissenso con la gestione del partito, fino alla definitiva
chiusura nel 1949.
http://www.mondi.it/almanacco/voce/8200
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