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sabato 23 dicembre 2023

Lo Sapevate Che: 1913 - Istituita la Federal Reserve (109 anni fa): All'indomani della grave crisi finanziaria del 1907, che mise in ginocchio il sistema bancario americano, un gruppo di finanzieri, noto come Club di Jeckyll Island


La situazione Finanziaria

Nel 2008 l’economia in tutto il mondo subì la crisi più grave dai tempi della Grande Depressione del 1929. Alle origini di questa crisi, che come nel 1929 scoppiò negli Stati Uniti, c’erano stati una serie di cambiamenti nel sistema finanziario, ma il vero e proprio evento scatenante fu un enorme calo nei prezzi delle case. Questo calo danneggiò il sistema finanziario americano (banche, compagnie di assicurazioni, società che emettono mutui, etc.), ma anche numerose industrie che dipendevano dai crediti delle banche, che nel frattempo smisero di prestare denaro.

La crisi portò alla recessione le economie di tutto il mondo, che in qualche modo sono collegate a quella degli Stati Uniti, e nonostante i tentativi di salvataggio messi in atto dalla politica in tutto il mondo, le conseguenze della crisi furono piuttosto gravi e per molti versi continuano tuttora.

Alle origini della crisi ci fu (e c’è ancora) un forte squilibrio, tipico dei nostri giorni, tra il mondo della finanza e la vera e propria economia del mondo - quella che si basa sui beni e sui servizi. In un solo giorno il valore generato dagli scambi finanziari era di circa 60 volte superiore al valore generato dal commercio di beni reali in un anno. E nel 2006, un anno prima dell’inizio della grande crisi, il 40% dei profitti nel mercato degli Stati Uniti derivavano dalle attività finanziarie: insomma, il denaro in circolazione aveva (ed ha tutt’ora) un valore molto alto rispetto ai veri e propri beni in circolazione nel mondo. Questa tendenza non era nuova, ma a renderla più forte che mai furono una serie di riforme al sistema finanziario degli Stati Uniti fatte negli anni ‘90.      

Gli Stati Uniti decisero di ridurre le regole della finanza per rendere il sistema più libero ed efficiente, abolendo alcune autorità di regolazione e di vigilanza che risalivano addirittura agli anni ‘30. Il momento più importante fu nel 1999, quando il presidente degli Stati Uniti Bill Clinton liberalizzò gli scambi finanziari tramite la Gramm-Leach-Bliley act, anche conosciuta come legge di modernizzazione dei servizi finanziari.    

Allo scopo di facilitare la speculazione, in particolare per quanto riguarda le materie prime, questa legge introduceva le holding bancarieveri e propri ‘giganti finanziari’ in grado di riunire diverse banche e compagnie di assicurazioni, per offrire qualunque tipo di servizio finanziario. Prima di allora soltanto le banche ‘commerciali’ avevano potuto raccogliere e custodire i conti delle famiglie americane, mentre gli investimenti più azzardati dovevano essere fatti da un altro tipo di banche: le banche di investimento.

Questi due tipi di banche non potevano fondersi in una holding. La principale conseguenza della legge di modernizzazione del 1999 fu che i risparmi delle famiglie iniziarono ad essere utilizzati per operazioni finanziarie piuttosto rischiose: le banche potevano indebitarsi a dismisura e allo stesso tempo prestare denaro senza sufficienti garanzie di riaverlo indietro. Tutto questo metteva a rischio, come vedremo, l’economia di tutto il mondo.  

Le cause della crisi

All’origine della crisi ci sono i mutui casa. Chi voleva ottenere un mutuo per acquistare una casa negli Stati Uniti, esattamente come in Italia, doveva garantire alla banca almeno due cose: un reddito costante, ed un bene patrimoniale (possibilmente un’altra casa su cui mettere un’ipoteca).    

Negli anni ‘90, la liberalizzazione del settore finanziario americano stava cambiando le cose rapidamente. L’ultima novità sul mercato era un tipo particolare di mutuo per la casa, accessibile anche a chi è privo di patrimonio o di un reddito costante: i mutui subprime. Con i mutui subprime moltissime persone possono comprare una casa, ma a condizioni molto svantaggioseSpesso questi mutui appaiono molto convenienti, ma contengono clausole che potevano gonfiarli a dismisura dopo qualche anno: negli anni ‘90, e 2000 molti americani ottennero mutui subprime e si indebitarono in modo piuttosto gravoso.   

Le banche che concedevano questi mutui non si limitavano a ricevere i pagamenti mensili da parte dei debitori: il più delle volte mettevano il proprio credito verso le famiglie sul mercato, liberandosi così dei rischi. se una famiglia non fosse riuscita a pagare il proprio mutuo, il problema sarebbe stato delle istituzioni (come la Fannie Mae) che acquistavano il credito. A loro volta, chi acquistava i mutui poteva spesso rivenderli ancora ad altri investitori per generare titoli che possono essere collocati sul mercato, come i ‘mortgage-backed security’ (MBS). In altre parole, i mutui delle famiglie venivano ‘impacchettati’ in titoli finanziari venduti ed acquistati sul mercato.  Il risultato erano dei titoli venduti in borsa, il cui valore dipendeva dai mutui e dal prezzo delle case.  

All’epoca si contava sul fatto che, tranne rari casi, la maggior parte delle famiglie avrebbero comunque ripagato i propri mutui. A comprare questi titoli erano moltissimi soggetti: banche, assicurazioni, fondi pensione e persino risparmiatori privati. I titoli generati dai mutui circolavano, generavano ricchezza e crescevano di valore, mentre le banche scaricavano al di fuori il rischio di mutui non pagati.  

Per scongiurare il rischio dei mutui non pagati, si ricorse poi ai credit default swaps (CDS): contratti attraverso cui gli assicuratori si assumevano il rischio del fallimento (default) per conto delle banche in cambio di importi periodici. Proprio come succede con un’assicurazione, chi comprava un CDS avrebbe ricevuto una somma molto alta in caso di fallimento. Molto presto anche i CDS, teoricamente uno strumento di assicurazione, vennero comprati e venduti da istituzioni finanziarie in pacchetti. Ancora una volta, si pensava che i mutui fossero un investimento sicurissimo.      

Nel 2008 il credito ‘assicurato’ in questo modo ammontava a 6200 miliardi di dollari: una cifra da capogiro. Finché i prezzi delle case continuavano a salire, tutto andò bene. Ma questo sistema poggiava su una base relativamente fragile: il mercato immobiliare.      

L’evoluzione

Alla fine di settembre del 2007, il numero di persone in ritardo con il pagamento dei mutui iniziava ad aumentare in modo preoccupante, insieme ai processi esecutivi da parte dei creditori: chi non riusciva a pagare i mutui subiva pignoramenti e vendite forzate. I prezzi delle case erano in caduta libera, e quindi gli americani avevano paura di investire. Tutto questo causò una vera e propria ‘crisi del credito’: le banche, in forte perdita, potevano erogare meno denaro alle imprese e alle famiglie. Senza prestiti, molte imprese non potevano più investire, e per questo dovevano ridurre la produzione, e spesso persino chiudere. Questo causò immediatamente un calo delle occupazioni ed anche dei consumi. La crisi finanziaria aveva provocato immensi problemi nel mercato reale.    

Per di più, con il crollare dei prezzi delle case, i titoli garantiti dai mutui, spezzettati poi in ulteriori titoli derivati, perdevano quelle solide basi su cui si era fondata la finanza degli ultimi anni. Il 15 settembre del 2008 la Lehman Brothers, una delle più importanti banche d’affari di questi anni, fallì. Come molte altre società simili, la Lehman Brothers aveva acquistato mutui emessi da piccole società finanziarie per farne titoli derivati e generare denaro su basi molti rischiose. Stavolta però il Congresso degli Stati Uniti non intervenì, come aveva già fatto per altre banche negli scorsi mesi, per salvare la società dalla bancarotta: la scelta sarebbe stata troppo impopolare. Con la Lehman Brothers crollava il mondo dei titoli basati sui mutui.  

Presto la crisi divenne un fenomeno globale, perché molte imprese, famiglie e governi in tutto il mondo investono nella borsa americana, subendo forti perdite nel caso di crolli della borsa americana. Anche le banche multinazionali subivano il contagio a causa del delevaraging: per far fronte alle perdite le banche vendono molte attività per limitare le perdite e per avere denaro liquido da restituire a clienti e creditori. Con la grande crisi internazionale, moltissime banche iniziarono a vendere titoli nello stesso momento, provocando un crollo della fiducia a livello internazionale. 

Un’altra importante conseguenza fu un enorme calo delle esportazioni di beni e di servizi da tutto il mondo verso gli Stati Uniti, i più grandi importatori del mondo. Nel 2009 il commercio internazionale era crollato in modo impressionante, e la crisi era ormai globale. 

Gli effetti della crisi

Quando c’è una crisi finanziaria, i soldi depositati ed investiti dalle persone sono in pericolo, e chi ha del denaro in banca cerca di recuperarlo. Questo spiega le file di persone di fronte alle banche in un periodo di crisi. Una banca raccoglie i soldi di migliaia, se non milioni di persone, e per questo motivo i governi misero in pratica una serie di interventi per salvare le banche. In alcuni casi i governi diventano azionisti delle banche, assumendo su di sé il debito, che in questo caso diventa debito pubblico. In altri casi ci sono stati interventi diretti sull’economia, rinforzandola con prestiti delle banche centrali che ammontano a milioni di dollari: così fece il neoeletto presidente Obama all’inizio del 2009.       

In Europa una serie di banche vennero comprate dagli stati (i casi più importanti sono stati in Germania, Gran Bretagna e Paesi Bassi) o finanziate da investitori privati per essere salvate dalla crisi. In Grecia nel dicembre del 2008 la stagnazione economica ha causato una serie di tumulti. Anche paesi come l’Irlanda, la Spagna, il Portogallo e l’Italia hanno dovuto ricorrere a misure di austerity per far fronte alla crisi, causando una serie di problemi politici, oltre che economici. L’Islanda si ritrovava praticamente in bancarotta, con le tre maggiori banche del paese in fallimento. In Asia le maggiori economie soffrirono gli effetti della crisi in modo per lo più indiretto, ma non per questo indolore: Asia e Giappone, due grandi importatori, subirono le dure conseguenze di un enorme calo della domanda da parte dei consumatori europei e americani.     

Al di fuori del settore finanziario, l’industria che soffrì maggiormente la crisi fu quella automobilistica sia negli Stati Uniti che in Asia ed in Europa. La pressione della crisi finanziaria spinse gli stati a collaborare di più: i venti paesi più ricchi del mondo si riunirono nel G-20 (Gruppo 20) alla fine del 2008 a Washington per iniziare a trovare una soluzione collettiva alla crisi. Gli effetti della crisi, tuttavia, si sarebbero protratti per almeno altri 4 anni, ma secondo molti economisti non sono ancora del tutto finiti.   

https://www.studenti.it/la-crisi-finanziaria-spiegazione-e-cause.html

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