Il sodalizio tra il re dei Franchi e la Chiesa di Roma aveva portato il primo a
condurre una decisa opera di evangelizzazione nei territori del nord Europa,
che via via aveva annesso ai propri domini. Grazie alle vittoriose campagne
contro Sassoni, Avari, Longobardi e i musulmani di al-Andalus,
aveva posto sotto la corona dei Franchi i territori di quello che era un tempo
l'Impero Romano d'Occidente (comprensivo delle odierne Francia,
Belgio, Olanda, Germania, Spagna, Italia settentrionale, Toscana, Dalmazia e di
parte della regione danubiana).
In qualità di defensor fidei e per la fedeltà giurata a Roma,
Carlo Magno intervenne a difesa di Leone III, quando questi restò
vittima di un'aggressione maturata nell'ambito delle lotte intestine per la
successione al precedente pontefice Adriano I. Secondo alcune fonti, è
probabile che per ricambiare il gesto d'aiuto il Papa propose all'allora re dei
Franchi e dei Longobardi l'incoronazione imperiale. Altri studiosi, sulla base
della testimonianza di Eginardo (biografo personale di Carlo),
sostengono che l'iniziativa colse di sorpresa Carlo, rimasto addirittura
contrariato della cosa.
Fatto sta che nel corso della messa di Natale ebbe luogo la solenne cerimonia
dell'incoronazione. Solitamente vestito di braghe di lino, mantello di pelliccia
e stivali annodati a stringhe (tipico costume franco), Carlo si presentò
indossando l'abbigliamento romano (tunica bianca e calzari ai piedi), a
simboleggiare la continuità con il mito di Roma. Dopo aver posto
sul suo capo la corona, il Pontefice s'inginocchiò in segno di rispetto,
secondo l'uso bizantino della proskynesis.
Ma ciò che influì profondamente sui destini dell'impero e sul potere temporale
di Roma, fu il gesto dell'incoronazione ricevuta dalle mani del Papa, che
sanciva la superiorità dell'autorità papale su qualsiasi
altra. Un atto che ruppe con la tradizione inaugurata da Costantino (dov'era
l'imperatore che nominava il successore al soglio pontificio) e che venne
sconfessato da Napoleone (che si autoincoronò nella cattedrale di Notre-Dame).
Quell'evento segnò tuttavia l'inizio di una fioritura culturale e politica,
ricordata con l'espressione di rinascita carolingia. Centro
propulsore di questa nuova stagione fu la schola palatina, un
cenacolo di intellettuali che si riunivano ad Aquisgrana (dimora reale di
Carlo), sotto la direzione del monaco e filosofo Alcuino di York.
Morto all'età di 71 anni per un incidente di caccia, il corpo di Carlo riposa
nel sarcofago custodito insieme al trono nella cattedrale di Aquisgrana,
dov'è venerato come una reliquia sacra (la canonizzazione di Carlo fu decisa
dall'antipapa Pasquale III e non è riconosciuta dalla Chiesa ufficiale).
Sul merito di Carlo quale padre dell’Europa in molti
continuano a interrogarsi, dividendosi tra quanti sostengono che in quella
stagione si gettarono le basi della futura geografia del vecchio continente e
altrettanti che disconoscono tale tesi, puntando sul fatto che il nuovo
soggetto politico guardava più ai passati fasti romani che al futuro.
Eppure, casualità o meno, i centri di potere dell'Europa di oggi (come Maastricht,
sede dell'omonimo trattato che ha dato vita all’Unione Europea, e Bruxelles che
ospita parte del Parlamento e due delle più importanti istituzioni europee) si
trovano in quell'area che un tempo rappresentava il fulcro dell'impero
carolingio (Aquisgrana è a pochi chilometri dalle suddette città).
http://www.mondi.it/almanacco/voce/15174
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