Nello specifico, l'intesa di Dayton stabilì
l'intangibilità delle frontiere tra i diversi paesi e la creazione di due
entità interne allo stato di Bosnia ed Erzegovina (la Federazione
Croato-Musulmana e la Repubblica Serba), riunite sotto una presidenza
collegiale e ciascuna dotata di un parlamento locale.
Ai colloqui di pace furono convocati i rappresentanti delle nuove repubbliche
jugoslave – Slobodan Milošević (presidente della Serbia),
Franjo Tuđman (presidente della Croazia), Alija Izetbegović (presidente della
Bosnia ed Erzegovina) – sotto la mediazione di Richard Holbrooke (Vice
Segretario di Stato americano), Carl Bildt (inviato speciale dell'Unione
Europea) e Igor Ivanov (viceministro degli esteri della Federazione Russa).
Dopo quarantasette anni finiva così la storia della più grande nazione della
penisola balcanica e di quella più multietnica d'Europa, nata alla fine della
Seconda guerra mondiale su iniziativa del maresciallo Tito, che ne
fece una dittatura di stampo comunista. La fine della guerra fredda e
la caduta dei regimi comunisti avevano messo in crisi l'unità slava, favorendo
l'ascesa di leadership nazionaliste che miravano all'autonomia politica delle
singole repubbliche federate.
Le prime a raggiungerla furono Croazia e Slovenia nel 1991. L'anno dopo ci
provò anche la Bosnia Erzegovina con un referendum, che aveva
finito con lo spaccare il paese in due: da una parte le comunità musulmana e
croata, dall'altra i serbo bosniaci. Il conflitto che ne derivò in tutta la
penisola provocò oltre 250mila vittime e milioni di sfollati, segnalandosi per
crimini efferati paragonabili a quelli compiuti dalla ferocia nazista.
La pagina più terribile fu scritta con il genocidio perpetrato
nella città di Srebrenica, dove vennero aperti campi di
concentramento per non-serbi (cui vennero limitati i diritti civili) e furono
distrutti i luoghi di culto musulmani. Non meno cruento fu l'assedio della
città di Sarajevo, in cui morirono 10mila persone. L'intervento della Nato fu
risolutivo per la fine delle ostilità e l'apertura dei colloqui di pace
concretizzatisi a Dayton.
Ciononostante lo scenario balcanico rimase precario, al punto che un anno dopo
scoppiò un violento conflitto in Kosovo, provincia della Serbia cui
il presidente Milosevic aveva revocato lo status di autonomia, conclusosi nel
1999 con il riconoscimento dell'autonomia kosovara (trasformata in indipendenza
nel febbraio 2008) e l'arresto dello stesso Milosevic per crimini contro
l'umanità.
http://www.mondi.it/almanacco/voce/23122
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