“Abbiano coscienza dei loro doveri verso se stessi.”
Giorgio Ambrosoli
Il senso del dovere,
l'esempio e il sacrificio
Giorgio Ambrosoli nasce il 17 ottobre del 1933 a
Milano da una famiglia borghese conservatrice e dalla evidente matrice
cattolica: la madre è Piera Agostoni, mentre il padre è Riccardo Ambrosoli,
avvocato impiegato presso la Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde
nell'ufficio legale.
Gli studi
Cresciuto ricevendo un'educazione fortemente
cattolica, Giorgio frequenta il liceo classico "Manzoni" della sua
città; poco dopo, si avvicina a un gruppo di studenti monarchici, che lo
inducono a militare nell'Unione monarchica italiana.
Nel 1952, concluso il liceo, decide di seguire le orme
del padre e di iscriversi alla facoltà di Giurisprudenza; laureatosi nel 1958
alla Statale con una tesi sul Consiglio Superiore della Magistratura e l'esame
da procuratore (in diritto costituzionale), comincia a fare pratica nello studio
legale Cetti Serbelloni.
Le prime esperienze da
avvocato
All'inizio degli anni Sessanta si sposa con Anna Lori,
nella chiesa di San Babila. A partire dal 1964, si specializza in ambito
fallimentare, e in particolare nelle liquidazioni coatte amministrative; per
questo viene scelto per cooperare con i commissari liquidatori che si occupano
della Società Finanziaria Italiana.
La Banca Privata Italiana
Nel 1968 diventa padre di Francesca, mentre l'anno
successivo nasce Filippo; nel 1971, arriva anche il terzo figlio, Umberto. Nel
settembre del 1974 Giorgio Ambrosoli viene nominato da
Guido Carli - governatore della Banca d'Italia - commissario liquidatore della
Banca Privata Italiana, che il banchiere siciliano Michele Sindona aveva
portato a rischiare il crack finanziario: compito dell'avvocato milanese è
quello di analizzare la situazione economica derivante dagli intrecci tra
finanza, politica, criminalità organizzata siciliana e massoneria.
Giorgio Ambrosoli riceve
una relazione sulle condizioni della banca da Giovanbattista Fignon, direttore
centrale del Banco di Roma a cui era stato assegnato il compito di garantire un
prestito a Sindona e che era diventato amministratore delegato
e vicepresidente della Banca Privata Italiana, che riuniva gli istituti di
credito del banchiere siciliano.
Le indagini di Ambrosoli
La relazione di Fignon è tutt'altro che rassicurante,
vista la gravità della situazione, e ricostruisce le numerose operazioni che
avevano contribuito alla nascita e all'espansione del sistema societario di
Sindona. Nominato quindi commissario liquidatore, Ambrosoli riceve
l'incarico di dirigere la banca, e ha l'opportunità di scoprire e analizzare da
vicino le intricate operazioni intessute dal finanziare di Patti, a partire
dalla Fasco, la società controllante che rappresenta l'interfaccia tra le
attività nascoste e quelle conosciute del gruppo.
L'avvocato lombardo si accorge delle numerose e gravi
irregolarità commesse da Sindona, e soprattutto delle molte falsità che
compaiono nelle scritturazioni contabili; si rende conto, inoltre, delle
connivenze e dei tradimenti compiuti da vari pubblici ufficiali.
La resistenza alla corruzione
Nel frattempo, Ambrosoli inizia a subire tentativi di
corruzione e pressioni che mirano a indurlo ad avallare documenti che
testimonino la buona fede di Sindona, in modo da evitargli qualsiasi
coinvolgimento sia civile che penale. Ambrosoli, pur essendo conscio dei rischi
a cui sta andando incontro, non cede: nel febbraio del 1975, in una lettera
indirizzata alla moglie Anna, le comunica di essere in procinto di effettuare
il deposito dello stato passivo della Banca Privata Italiana, spiegandole di
non avere timori nonostante i problemi che tale atto causerà a molte persone.
Nella missiva, l'avvocato Giorgio Ambrosoli dimostra
di essere consapevole che tale incarico sarà pagato "a molto caro
prezzo: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perché
per me è stata un'occasione unica di fare qualcosa per il paese".
Quindi, Ambrosoli sottolinea come questo compito gli abbia creato solo dei nemici,
che "cercheranno in ogni modo di farmi scivolare su qualche fesseria".
Il coinvolgimento dell'Fbi
americana
Durante le sue indagini, l'avvocato scopre anche le
responsabilità di Michele Sindona verso
la Franklin National Bank, un istituto statunitense che versa in pessime
condizioni economiche: per questo motivo le indagini non coinvolgono unicamente
la magistratura italiana, ma addirittura l'Fbi.
Nuove minacce
Nei mesi successivi Ambrosoli, oltre ai consueti
tentativi di corruzione, deve fare i conti con vere e proprie minacce
esplicite: ciò non lo distoglie, in ogni caso, dall'intenzione di riconoscere
la responsabilità penale di Sindona e di liquidare la banca. Avvalendosi del
supporto politico di Ugo La Malfa e di Silvio Novembre (un maresciallo della
Guardia di Finanza) come guardia del corpo, però non ottiene alcuna
protezione dallo Stato, a dispetto delle minacce di morte ricevute.
Ambrosoli ha anche il sostegno del governatore di
Bankitalia Paolo Baffi e del capo dell'Ufficio Vigilanza Mario Sarcinelli, ma
entrambi nella primavera del 1979 vengono incriminati per interesse privato in
atti d'ufficio e favoreggiamento personale nell'ambito della vicenda Banco
Ambrosiano - Roberto Calvi.
In questo stesso periodo Giorgio Ambrosoli riceve
numerose telefonate anonime di carattere intimidatorio da parte di un
interlocutore dal forte accento siciliano, che gli ordina, in maniera sempre
più esplicita, di ritrattare la testimonianza che aveva fornito ai giudici
statunitensi che stavano indagando sul fallimento del Banco Ambrosiano (nel
1997, in occasione del processo a Giulio Andreotti,
sarà rivelato che l'autore di quelle telefonate, che includevano anche minacce
di morte, era il massone Giacomo Vitale, cognato del boss di mafia Stefano
Bontate).
L'omicidio di Giorgio
Ambrosoli
Nonostante il clima di tensione sempre più
rischioso, Giorgio Ambrosoli continua a condurre la propria
inchiesta, pur osteggiato da pressioni politiche evidenti. Tale ostinazione,
però, gli costa cara.
La sera dell'11 luglio del 1979, mentre sta tornando a
casa dopo avere passato qualche ora in compagnia degli amici, l'avvocato
milanese viene avvicinato da uno sconosciuto davanti al portone di casa: l'uomo
(William Joseph Aricò, un malavitoso americano pagato 115mila dollari da
Sindona), dopo essersi scusato, gli spara quattro colpi 357 Magnum, che lo
uccidono.
Ai funerali di Giorgio Ambrosoli non
parteciperà nessuna autorità pubblica, a parte alcuni esponenti di secondo
piano della Banca d'Italia. Venti anni più tardi, nel luglio del 1999 lo Stato
si rifarà assegnandogli la Medaglia d'oro al valor civile in quanto "splendido
esempio di altissimo senso del dovere e assoluta integrità morale, spinti sino
all'estremo sacrificio".
Il ricordo
Negli anni sono stati numerosi i luoghi pubblici a lui
intitolati, tra cui biblioteche e scuole. Nel 2014 Rai Uno trasmette una
mini-serie tv in due puntate dal titolo "Qualunque cosa succeda. Giorgio
Ambrosoli, una storia vera" (regia di Alberto Negrin), con Pierfrancesco
Favino nel ruolo del protagonista.
https://biografieonline.it/biografia-giorgio-ambrosoli
Nessun commento:
Posta un commento