LA MISTERIOSA SCOMPARSA DI MAURO DE MAURO Un giornalista che indagava
Nel 1970, otto anni dopo la scomparsa del presidente dell’ENI,
il “caso Mattei” torna alla ribalta, grazie ad un libro molto discusso scritto
da Bellini e Previdi. Il primo è un curioso personaggio, un ex comunista
passato nelle fila del gruppo di destra “Pace libertà”, consulente di piccoli
azionisti della Montedison. Pubblicato a spese dei due autori, che non erano
riusciti a trovare alcun editore, il libro, nel sostenere la tesi del
sabotaggio dell’aereo da parte degli estremisti anti-algerini dell’OAS e della
CIA, contiene alcune notizie inedite.
La più importante racconta che il pilota Irnerio Bertuzzi, in
attesa di partire da Catania con a bordo Mattei e il giornalista americano, non
si era mai mosso dalla zona in cui era parcheggiato il velivolo, in contrasto
con quanto affermato dalla commissione d’inchiesta, secondo la quale invece il
pilota aveva pranzato nel ristorante dell’aeroporto.
I due autori affermano che il pilota venne allontanato
dall’aereo con una telefonata. In questo frangente al “Morane Saulnier” si
erano avvicinati tre individui, due in tuta da meccanico e il terzo in divisa
da ufficiale dei carabinieri. Più tardi una persona che aveva assistito alla
scena aveva avvisato la polizia che, nel fermare i tre uomini, aveva
identificato l’ufficiale come il capitano Grillo. I tre avevano così potuto
allontanarsi indisturbati.
Il bello – lo confermeranno i dirigenti della squadra mobile di
Palermo – è che un ufficiale dei carabinieri di nome Glauco Grillo esisteva
davvero: era un tenente di stanza a Monopoli, in provincia di Bari, in procinto
di essere promosso capitano, che però non aveva mai messo piede in Sicilia.
IL FILM DI FRANCESCO ROSI
Chi, in quel lontano giorno dei 27 ottobre 1962, l’ultima
giornata di vita di Mattei, aveva usato quel nome conosceva questi particolari.
Il libro di Bellini e Previdi ebbe comunque un merito: quello di
attirare l’attenzione di un famoso regista come Francesco Rosi, che decise di
fare un film politico sulla scomparsa di Mattei.
Per avere l’esatta e minuziosa ricostruzione degli ultimi due
giorni di vita di Mattei in Sicilia, Rosi alla fine di luglio dei 1970 dette
l’incarico a Mauro De Mauro, un giornalista dei quotidiano di Palermo “L’Ora”,
che aveva già collaborato alla realizzazione del film, dello stesso Rosi,
“Salvatore Giuliano”.
Quello delle ultime ore di Mattei era (e resta) infatti un buco
nero nella approssimativa inchiesta che fino a quel momento era stata condotta
dalla magistratura sulla sua scomparsa.
De Mauro, ricevuto l’incarico da Rosi, si mette al lavoro di
buona lena; d’altronde otto anni prima, appena appresa la notizia della morte
di Mattei, il giornalista si era precipitato a Gagliano, il piccolo paese in
provincia di Enna, dove il presidente dell’ENI aveva trascorso la sua ultima
mattinata.
Per Rosi e De Mauro il primo punto da chiarire è perché Mattei
era tornato in Sicilia, dopo esserci stato appena una settimana prima?
Il motivo ufficiale era dipeso dal fatto che vicino a Gagliano,
tempo prima, era stata scoperta una vena di metano. Mattei vi era tornato per
tranquillizzare la popolazione. Si era infatti sparsa la voce che quella
insperata ricchezza, trovata nel sottosuolo di una delle zone più povere
d’Italia, non sarebbe stata sfruttata a vantaggio anche degli abitanti di
Gagliano.
Nel suo discorso alla gente del paese, invece, Mattei aveva dato
assicurazione che proprio lì l’ENI avrebbe costruito una raffineria capace di
dar lavoro a oltre 400 persone.
Il giorno successivo alla morte di Mattei, quindi, De Mauro era
già stato a Gagliano. Visto che il servizio per “L’Ora” doveva scriverlo un
collega, De Mauro aveva raccolto notizie per due testate a cui collaborava da
tempo, guarda caso due testate di proprietà dell’ENI, il quotidiano “Il Giorno”
e l'”Agi”, un’agenzia di stampa.
UN INTERO BLOC NOTES DI APPUNTI
Il giornalista, in quell’occasione, aveva riempito un intero
bloc-notes di appunti, in pratica la trascrizione sintetica di un nastro che un
cittadino di Gagliano aveva registrato quella mattinata. Un nastro che De Mauro
si era fatto consegnare e che conteneva il discorso dei presidente dell’ENI e
quelli degli oratori che lo avevano preceduto. Nel suo blocco per appunti il
giornalista aveva aggiunto un particolare, lì per lì del tutto insignificante:
“Primo tempo arrivo ore 15, poi ultimo momento anticipato ore 10 perché notizia
Tremelloni”.
Tremelloni è il ministro dei Tesoro in carica che Mattei avrebbe
dovuto incontrare il 28 ottobre, il giorno seguente alla sua morte.
La manifestazione di Gagliano è stata invece anticipata dalle 15
alle 10, perché durante la notte, mentre dormiva in una stanza dei Motel AGIP
di Gela, Mattei era stato raggiunto da una misteriosa telefonata che lo
invitava a far rientro a Milano con urgenza, entro le 20. Dovendo decollare da
Catania verso le 17, per essere a Milano in tempo, il presidente non aveva avuto
altra possibilità che anticipare di qualche ora l’incontro con la gente di
Gagliano.
E’ molto probabile che, proprio riascoltando quel nastro otto
anni dopo, Mauro De Mauro dia più importanza a questo particolare. Che è un
particolare decisivo.
Mattei aveva infatti l’abitudine, per motivi di sicurezza, di
non comunicare mai a nessuno gli orari dei suoi spostamenti, se non al suo
pilota.
Quella strana telefonata notturna, che non si è mai saputo da
chi fosse partita, aveva per forze di cose svelato l’ora della partenza di
Mattei dall’aeroporto di Catania. Nessuno avrebbe potuto organizzare un
sabotaggio senza sapere con certezza quando l’aereo dell’ENI sarebbe decollato.
Nell’indagare per conto di Rosi su gli ultimi giorni di Mattei,
De Mauro riempie un altro blocco di appunti. Sono i resoconti, stringati ed
essenziali, degli incontri che ha con alcuni personaggi all’epoca molto
influenti in Sicilia, tra cui Graziano Verzotto, al momento della morte di
Mattei segretario della DC siciliana e stretto collaboratore dell’ENI, che
diverrà in seguito presidente dell’EMS, L’Ente minerario siciliano, e Vito
Guarrasi, un avvocato, tra gli uomini più potenti dell’intera regione.
De Mauro raccoglie anche le testimonianze di due deputati: il
comunista Pompeo Colajanni e lo psiuppino Michele Russo. Rientrato a Palermo
per preparare la documentazione per il film, il giornalista basa quindi il suo
lavoro su tre tipi di materiale: il nastro registrato, gli appunti tratti
dall’ascolto di quel nastro, che riguardano entrambi l’ultimo giorno di vita di
Mattei, e un blocco di altre annotazioni in cui ha riportato i colloqui avuti
con i personaggi sopra menzionati durante il mese di agosto del 1970.
DE MAURO SCOMPARE NEL NULLA
Ai primi di settembre De Mauro trascorre molte ore in casa e,
secondo la moglie Elda, non fa che riascoltare ossessivamente quel nastro,
bloccando e facendo ripartire il registratore su alcune frasi precise.
In quel nastro, a distanza di otto anni, il giornalista ha forse
scoperto un particolare che getta nuova luce sulla fine di Mattei?
Mercoledi 16 settembre 1970 sono appena passate le 21, quando
Mauro De Mauro scompare nel nulla.
Sta per rientrare nella sua abitazione di via delle Magnolie a
Palermo, quando viene visto da una delle figlie: tre uomini salgono sulla sua
Bmw che si allontana.
Del giornalista non si avrà mai più alcuna notizia.
Le ricerche di polizia e carabinieri partono, come sempre, in
tutte le direzioni.
In uno scomparto interno della vettura di De Mauro, ritrovata a
poche centinaia di metri da casa sua, viene recuperato un bigliettino di
appunti scritto di suo pugno su una speculazione edilizia. Sono naturalmente le
inchieste e i servizi di cui potrebbe essersi occupato che attraggono
l’attenzione degli investigatori.
Intanto, nel tentativo di trovare la pista giusta che porti al
suoi rapitori, si ricostruisce, a tratti in modo impietoso, la personalità e la
vita di Mauro De Mauro.
CHI E’ MAURO DE MAURO?
49 anni, originario di Foggia, trasferitosi a Palermo nel,
dopoguerra, De Mauro comincia a collaborare prima al “Tempo di Sicilia” e poi
al “Mattino di Sicilia”.
Per lui, che è stato nella Decima Mas di Junio Valerio Borghese
e che dopo l’armistizio ha aderito alla Repubblica di Salò, lavorando anche
all’ufficio stampa e propaganda del piccolo Stato di Mussolini, non è facile
ricostruirsi una vita a Palermo.
Di certo De Mauro ha rotto con il suo passato , anche se gli
rimane qualche nostalgia che gli fa chiamare le figlie Junia e Valeria, come il
suo vecchio comandante Borghese.
Cronista di ottimo livello, dopo aver fatto la gavetta per anni
senza un contratto, sul finire degli anni Cinquanta De Mauro viene assunto dal
quotidiano di sinistra “L’Ora”, dove si specializza nelle inchieste più
scottanti sui fatti di mafia.
Ma prima di scomparire il giornalista sta attraversando un
momento professionalmente difficile. Da un paio d’anni non si occupa più di
mafia. Ha cercato di trasferirsi a Roma, a “Paese Sera”, ma senza riuscirci.
Da poco ha anche perduto la collaborazione con “Il Giorno”.
Inoltre “L’Ora” aveva deciso di mandarlo prima a Messina, per organizzare la
redazione locale dei giornale, e poi lo aveva trasferito come capo-servizio
alle pagine sportive, argomento che De Mauro detestava apertamente.
Forse è anche per questo che nei giorni precedenti la sua fine
il giornalista a più di una persona dice di aver per le mani “qualcosa di
grosso” che lo rilancerà.
“FARO’ TREMARE L’ITALIA”
Quel “qualcosa” riguarda le sue indagini sugli ultimi due di
vita di Enrico Mattei. Lo riferisce all’editore e libraio Fausto Fiaccovio, lo
confida a un’amica architetto, ne accenna alla figlia Junia, ne parla con il
collega dell’ANSA Lucio Galluzzo a cui dice che si sta occupando “di un
soggetto per un film di Rosi”. E poi aggiunge: “E’ una cosa grossa, molto grossa.
Roba da far tremare l’Italia”.
Le piste sulla scomparsa di De Mauro che carabinieri e polizia
seguono sono assolutamente divergenti.
E’ singolare che delle indagini si interessino tre investigatori
di primo piano che verranno tutti uccisi tra il 1979 e il 1982: il capitano dei
carabinieri Giuseppe Russo, il commissario della mobile Boris Giuliano e il
comandante della legione dell’Arma Carlo Alberto dalla Chiesa.
Secondo i carabinieri, il giornalista nel suo lavoro sarebbe
incappato in un grosso traffico di droga e per questo sarebbe stato eliminato
dalla mafia. Ed è questa l’ipotesi sostenuta di recente anche dal pentito
Gaspare Mutolo, il quale ha riferito ai magistrati che De Mauro venne
strangolato da killer di Stefano Bontate, il capo della “mafia perdente”,
ucciso dai Corleonesi di Totò Riina nel corso della “guerra di mafia” esplosa
agli inizi degli anni Ottanta.
La polizia punta invece, anche se con molta prudenza, sulla
“pista Mattei”.
Ci sono infatti tre sparizioni tra il materiale che il giornalista
conservava per il suo lavoro che appaiono allarmanti: nel cassetto della sua
scrivania in redazione, che appare forzato, non si trovano più il nastro
magnetico con la registrazione della manifestazione di Gagliano cui Mattei
partecipò, mentre dal bloc-notes con gli appunti sono state strappate due
pagine e mancano anche altri fogli di appunti più recenti, quelli che
riguardano gli incontri avuti nella preparazione dei lavoro per Rosi.
C’è un sospetto forte, un’ipotesi che non sarà mai approfondita.
In quel nastro e in quei fogli di appunti spariti potrebbe esserci la soluzione
di due gialli: la morte di Mattei e la stessa scomparsa di De Mauro.
E’ probabile che nella sua inchiesta sulle ultime ore del
presidente dell’ENI, De Mauro abbia colto una sfumatura, un quid sfuggito a
tutti, qualcosa che poteva dare sostanza all’idea dei sabotaggio subito dal
“Morane Saulnier”, qualcosa che poteva far capire chi aveva interesse a che De
Mauro non parlasse o scrivesse mai più.
UNO STRANO PERSONAGGIO
Nelle ore immediatamente successive alla sua scomparsa c’è uno
strano personaggio che si interessa della sorte dei giornalista e che finirà
anche in manette, prima di essere scagionato. E’ il cavalier Nino Buttafuoco,
un commercialista molto conosciuto a Palermo.
Buttafuoco fa visita alla moglie e alle figlie del giornalista,
che sono in compagnia di Tullio De Mauro, noto filologo, fratello di Mauro. Il
comportamento del cavaliere è circospetto, fa credere di avere notizie sulla
scomparsa dei loro congiunto, ma in realtà è come se si volesse accertare che
il giornalista non abbia lasciato documenti delicati, compromettenti.
Qualche giorno dopo lo stesso Buttafuoco dirà ai familiari di De
Mauro: “Mauro ritorna al 98 per cento. C’è solo un due per cento di incertezza:
ENI”.
Chi ha fatto sparire Mauro De Mauro ?
La mafia per le inchieste che ormai da due anni il giornalista
non seguiva più?
Oppure agenti di poteri occulti internazionali, magari grazie
alla manodopera della mafia, l’interessamento dimostrato dal giornalista sulla
morte di Enrico Mattei?
Forse non lo sapremo mai.
Ma c’è un particolare su cui nessuno ha mai indagato e che
costituisce una delle tante coincidenze di cui è infarcita la storia dei
misteri d’Italia: i responsabili del servizio d’ordine nei giorni della visita
di Mattei in Sicilia erano il questore di Enna Ferdinando Li Donni e il
vicequestore Antonio Savoia, commissario capo di Gela. Stranamente li
ritroviamo entrambi a Palermo, entrambi ad occuparsi della scomparsa del
giornalista dell'”Ora”.
UN CASO ANCORA APERTO
Il caso De Mauro, almeno formalmente, non è ancora chiuso.
Dopo che il pubblico ministero di Palermo Giusto Sciacchitano
aveva proposto l’archiviazione dell’inchiesta, il giudice istruttore dello
stesso tribunale, Giacomo Conte, l’8 aprile 1991, ha chiesto alla Procura della
Repubblica un supplemento di indagine allo scopo di appurare “il ruolo della
mafia e i suoi collegamenti con i poteri occulti, l’estremismo di destra, i
servizi segreti e la massoneria”.
Cosa c’entra la massoneria nella scomparsa di De Mauro?
Secondo il giudice palermitano, “ci sono elementi di prova che
portano a Giuseppe Di Cristina e Giuseppe Calderone quali autori del sequestro
De Mauro nell’ipotesi che il sequestro sia stato fatto da qualcuno per bloccare
l’inchiesta dei giornalista sulla fine di Mattei”.
Di Cristina e Calderone, entrambi boss mafiosi di spicco,
entrambi morti ammazzati, avevano stretti rapporti con ambienti della
massoneria siciliana. E massone era pure il cavaliere Nino Buttafuoco.
Del “caso De Mauro” ha anche parlato il superpentito Tommaso
Buscetta, che al giudice Giovanni Falcone ha detto: “Della morte dei
giornalista Mauro De Mauro non so nulla. Non è faccenda di mafia. Quando ne
parlavo con i miei interlocutori, questi sembravano stupiti. Ho sentito dire in
giro che la sua scomparsa è legata alla morte di un noto politico italiano,
credo che si chiamasse Enrico Mattei”.
Il giudice Conte ha anche stabilito un parallelo inquietante,
proponendo di verificare l’ipotesi di coinvolgimento della struttura
clandestina Gladio – creata dai servizi segreti italiani, in accordo
con quelli americani, all’inizio degli anni Cinquanta – nell’omicidio De Mauro.
E proprio sulla presenza di Gladio in Sicilia – è bene
ricordarlo – voleva indagare proprio il giudice Giovanni Falcone. Ma, lo
afferma lui stesso nei suoi appunti, gli fu impedito.
Sul finire del 1995 spunta di nuovo il nome del boss Giuseppe
Calderone. A farlo è un “pentito” della mafia catanese, Domenico Farina, che si
autoaccusa dell’omicidio di De Mauro, ma si rifuta di fornire particolari sulla
dinamica del delitto, cosa che lo rende poco credibile agli occhi dei
magistrati.
Accusato di aver partecipato all’eccidio delle Fosse Ardeatine,
Mauro De Mauro nel 1948 viene assolto dalla Corte di Assise di Bologna. La
motivazione della sentenza (“per insufficienza di prove”) venne trasformata
l’anno dopo dalla Cassazione in quella “per non aver commesso il fatto”.
2 L’episodio è ricordato in R. De Sanctis, Delitto al Potere,
Savelli, Roma 1972, p. 102.
(tratto, con aggiornamenti, da “Misteri d’Italia”, Laterza,
1993).
http://www.misteriditalia.it/cn/?page_id=4450
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