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lunedì 3 agosto 2020

Lo Sapevate Che: Inaugurata la Scala di Milano (241 anni fa)


La storia del Teatro alla Scala
Oggi Google celebra l'inagurazione del Teatro alla Scala, avvenuta il 3 agosto 1778, 238 anni fa. Ecco la storia di un tempio della lirica che tutto il mondo ci invidia.
Il Teatro alla Scala (per tutti semplicemente La Scala) è nato da un incendio. Fino al 26 febbraio del 1776, il teatro dei milanesi era il Regio Ducale, che si trovava più o meno dove oggi è Palazzo Reale. Quando fu distrutto, l’imperatrice Maria Teresa d’Austria decise di farne edificare uno nuovo sull’area della chiesa trecentesca di Santa Maria della Scala (così chiamata in onore di Regina della Scala, moglie di Bernabò Visconti). Nel 1778 l’architetto Giuseppe Piermarini portò a termine il teatro, che fu inaugurato il 3 agosto con un’opera di Antonio Salieri, L’Europa riconosciuta.

DOPPIA ANIMA. Marie-Henri Beyle Stendhal rimase a bocca aperta per essersi trovato di fronte, scrisse, «al più bel teatro del mondo, quello che dà il massimo godimento musicale. È impossibile immaginare nulla di più grande, più solenne e nuovo». Come lo scrittore francese, anche noi oggi siamo indotti a considerare la Scala immutabile nel tempo. Ma le cose non stanno proprio così. Il teatro di Milano ha cambiato varie volte pelle, come un gigante della cultura che si è adattato alle epoche. Cedendo anche alle frivolezze.

Se vi fossimo entrati fra il 1778 e il 1786, avremmo trovato addirittura milanesi alle prese con il gioco d’azzardo. Anche quando si svolgevano gli spettacoli, che vedevano impegnati famosi soprani e contralti castrati, si giocava nei palchi e nei retroparchi, tra il fumo aspro dei sigari e qualche imprecazione favorita dall’alcool.

I palchi avevano proprietari e affittuari che facevano quello che volevano: si potevano scegliere anche arredi e ornamenti, ciascuno doveva provvedere in proprio al riscaldamento e all’illuminazione a olio. C’erano anche botteghe e un affollato ristorante. Sul palco e in platea si svolgevano riunioni mondane, danze e spettacoli leggeri. Si potevano tenere anche chiassose feste. Era, insomma, un centro cittadino aperto, anche se quasi esclusivamente destinato all’aristocrazia e alla borghesia. Ma come era nato il tempio in cui stelle come Gioachino Rossini, Giuseppe Verdi, Giacomo Puccini e Arturo Toscanini, Maria Callas ed Herbert von Karajan e più avanti Claudio Abbado hanno celebrato il rito della musica?
LA STORIA. Come detto, il Teatro alla Scala venne realizzato per decreto di Maria Teresa d’Austria. Doveva essere il più grande e la stessa Opera di Vienna venne poi costruita sul suo esempio. Nacque dalle ceneri del Teatro Regio di Villa Reale, distrutto da un incendio il 23 febbraio del 1776. E dalle macerie della chiesa pericolante di Santa Maria della Scala, demolita per fargli posto, da cui prese il nome.

Il progetto dell’architetto Giuseppe Piermarini fu realizzato con il contributo dei 90 proprietari di palchi del Regio andato in fumo. All’epoca non esisteva la piazza davanti alla facciata (oggi Piazza della Scala) e dato che l’area era angusta per la presenza di vecchi palazzi, Piermarini studiò il porticato ad archi per dividere il passaggio delle carrozze da quello dei pedoni. Il 3 agosto 1778 avvenne l’inaugurazione: in scena L’Europa riconosciuta, di Antonio Salieri.

RIVOLUZIONARIA. Appena un anno dopo i tempi sono già cambiati. Con la costituzione della Repubblica Cisalpina vengono tolti tutti gli stemmi nobiliari dai palchi. Con l’arrivo di Napoleone è abolito il palco reale. Nel 1807 il teatro viene rinnovato con decorazioni sulla volta e i palchi: medaglioni, leoni alati, suonatori di flauto che si affacciano sui saloni ancora oggi. Nel 1813 viene allargato il palcoscenico a spese di alcuni edifici demoliti nell’attuale via Verdi.

Ma è nel 1858 che il teatro inizia a troneggiare visivamente: vengono demolite tutte le costruzioni fra la facciata e Palazzo Marino, dove attualmente risiede il consiglio del Comune di Milano. La ditta Ricordi apre i suoi uffici a sud del teatro. E non è un caso. A quel tempo, tutti gli aspetti della produzione artistica erano sotto il controllo di quella che oggi è una casa discografica, ma allora era un gigante nel settore degli spartiti musicali. Non c’era corda che suonasse alla Scala se Ricordi non voleva. I compositori vendevano alla premiata ditta i diritti delle loro musiche, che venivano poi rivendute sotto forma di spartiti per essere eseguite da studenti e musicisti in tutta Europa. Due anni dopo la Scala si accende di illuminazione a gas. L’energia elettrica fa il suo ingresso in teatro nel 1883.

IMMORTALE. La storia della Scala è come quella di un “grande organismo”, dalla definizione del biologo-evoluzionista Edward Wilson. Un grande organismo che è frutto della collaborazione di molti individui. Ma, mentre gli individui muoiono, lui continua nel tempo. Se è un’istituzione umana, a restare vivi nei secoli non sono tanto i “geni” (Dna) dei vari Piermarini, Verdi o Rossini, ma i loro “memi” (così definiti dall’evoluzionista Richard Dawkins), cioè unità di pensiero (idee o note musicali). Ma un grande organismo si adatta all’ambiente. E così il Teatro alla Scala da istituzione austriaca (che pure aveva battezzato fra gli altri l’esordio di Giuseppe Verdi nel 1839 con l’opera Oberto Conte di San Bonifacio) diventa un’istituzione culturale italiana.

Il 9 agosto del 1859, davanti al re Vittorio Emanuele II, va in scena Lucia di Lammermoor di Donizetti. Anche Verdi ritornò alla Scala e vi presentò ad esempio la prima europea de l’Aida. Poi tempi duri, di crisi: nel 1897 la Scala venne chiusa dal Comune di Milano su pressione dei socialisti, a causa della forte crisi sociale. I soldi per riaprirla, un anno dopo, li mise il facoltoso patriota Guido Visconti di Modrone, la direzione artistica fu affidata ad Arturo Toscanini. Il 21 aprile 1889 fece il suo esordio Giacomo Puccini, con Edgar. Due anni dopo, dai palchi più alti si ricavò la struttura del Loggione, l’ambiente “popolare” da cui ancora oggi si decretano i successi o gli insuccessi delle prime e dei debuttanti.

TRA LE GUERRE. Finita la Prima guerra mondiale, i palchettisti rinunciano ai diritti di proprietà e nasce un ente autonomo di gestione. Lo aiuta una sottoscrizione di cittadini lanciata dal Corriere della Sera. Sfilano i migliori cantanti dell’epoca, da Magda Oliviero a Giacomo Lauri Volpi, a Beniamino Gigli.

Nel 1929 sull’Italia e la Scala cala il fascismo. Il presidente dell’Ente Scala dovrà essere nominato da Mussolini in persona e il ministero dell’Educazione impone un suo rappresentante nel consiglio. Toscanini lascia la direzione e se ne va a New York. Ritorna in Italia ma, schiaffeggiato dai fascisti davanti al Teatro comunale di Bologna dopo essersi rifiutato di eseguire Giovinezza, decide di lasciare il Paese nel 1931.

Il fascismo regala alla Scala il primo palco a ponte mobile, ma la guerra la ferisce duramente. Il 16 agosto del 1943 un bombardamento colpisce Milano. Della Scala rimangono distrutti il tetto, la volta e lunghi tratti dei quattro ordini dei palchi, i magazzini dei costumi, i camerini, le sale di studio del coro e di ballo e i laboratori scenici. Dal ‘45 al ‘46 la ricostruzione. E il ritorno a grande richiesta di Toscanini, con un’opera inaugurale, La gazza ladra, l’11 maggio del 1946. Fu lo spettacolo simbolo della rinascita. Erano presenti 5 mila persone all’interno del teatro e diverse migliaia in Piazza della Scala e nelle vie adiacenti, attrezzate con altoparlanti. Erano ancora i tempi in cui la gente comune canticchiava i motivi dell’opera, conosceva bene i suoi protagonisti, come oggi conosce i cantanti di musica leggera e gli attori. Seguì il boom economico degli anni ‘50-‘60. Ma la Scala fu testimone soprattutto delle contestazioni del decennio seguente.
CONTESTATA. Nel 1968 uno dei leader della protesta giovanile, Mario Capanna, guidò una sorta di biblica “cacciata dei mercanti dal tempio”: con uova marce e vernice, i giovani contestatori attaccarono signori in smoking e signore in pelliccia giunti alla Scala per la prima della stagione. Gli slogan li accusavano di essere “borghesi” e “sfruttatori”. E l’appuntamento con le manifestazioni di piazza si è perpetuato di anno in anno, nell’evento del 7 dicembre. Ma poi fu lo yuppismo ad andare per la maggiore. Claudio Abbado e Riccardo Muti furono rispettivamente direttore artistico e direttore musicale negli anni della “Milano da bere” del sindaco Pillitteri, cognato di Bettino Craxi. Vennero risistemati tutti gli arredi anche in base alle nuove norme di sicurezza. Con la gestione di Carlo Fontana iniziarono le tournée della Scala all’estero, come nel caso del Requiem di Verdi, portato nella cattedrale di Notre-Dame, a Parigi.

Il grande organismo musicale si è molto evoluto fra il 2002 e il 2004, con un restauro conservativo, nuovi ambienti per gli artisti e un’articolata macchina scenica. È stata rimossa la moquette rossa e sistemato un pavimento a base di legno altrettanto acustico. Sono state restaurate pitture alle pareti e intarsi dorati. Ben 3 mila metri aggiuntivi di damasco rosso hanno ravvivato il tempio della musica.

Ma ha fatto discutere il progetto dell’architetto Mario Botta che ha creato una torre scenica e una ovale, due massicci volumi che hanno in parte cambiato il volto originario dell’edificio. L’architetto l’ha spiegato così: «Oggi, rispetto ai tempi di Piermarini, c’è più profondità visiva, dovuta allo spazio ricavato per Piazza della Scala. I nuovi volumi sono arretrati rispetto alla costruzione originale, con l’intento di evidenziare le facciate storiche nel rapporto figurativo con il tessuto urbano e il linguaggio astratto delle nuove costruzioni, in modo da separare i due diversi periodi storici». Una nuova storia ha inizio. Franco Capone

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