Durante un viaggio la quindicenne
Laura (nome di fantasia) viene quasi soffocata da una caramella gommosa. La
sensazione di avere qualcosa in gola la perseguita per ore, ma l’incidente
sembra finire lì. Nei mesi successivi però inizia ad evitare sempre più
alimenti, perché teme la soffochino, e finisce di nutrirsi solo di latte, perde
peso e non ha più una vita sociale: impossibile stare con gli amici e non
condividere con loro cene e spuntini. “A quel punto i genitori ce l’hanno
portata, per una sospetta anoressia” racconta il nutrizionista Stefano
Erzegovesi, dell’Ospedale San Raffaele di Milano, “ma non si trattava di
quello. Era un altro disturbo alimentare descritto negli Stati Uniti solo nel
2013 chiamato Arfid. Avoidant restrictive food intake disorder, ovvero disturbo
evitante-restrittivo dell’assunzione del cibo: un rifiuto di sempre più tipi di
alimenti. Da allora abbiamo cominciato a riconoscere casi di Arfid anche in
Italia e oggi possiamo dire che circa un caso di anoressia su 40 è in realtà
Arfid”. Visto che i casi di anoressia in Italia sono circa un milione, 25mila
potrebbero quindi essere Arfid. A differenziare i due disturbi il fatto chi
soffre di Arfid non si preoccupa della propria immagine corporea, ma evita il
cibo per ragioni interne, non legate al
giudizio degli altri. E mentre l’anoressia è molto più femminile che maschile.
l’Arfid colpisce ugualmente i due sessi. Ma non si tratterà di un altro tentativo
di trasformare in malattia un comportamento “deviante”, come fare i capricci a
tavola? “L’Arfid è una cosa molto seria: il bambino schizzinoso non perde peso,
perché poi mangia “schifezze” con gli amici o viene ammansito dandogli quello
che gli piace. Nel caso dell’Arfid il rifiuto di nutrirsi è crescente e
assoluto, non si risolve con qualcosa di più stuzzicante o uscendo dalla
famiglia. Chi ne soffre può subire le stesse gravi conseguenze dell’anoressia:
quando ce l’hanno portata Laura pesava 30 chili”. Ci sono tre tipi di Arfid. Il
primo è legato a un’esperienza traumatica con il cibo, che porta ad averpaura
di sempre più alimenti. Il secondo al fastidio provocato da certe
caratteristiche del cibo, come consistenza, sapore, odore, che, di nuovo, si
estende a macchia d’olio. Il terzo, e più bizzarro, è la perdita di interesse
per il nutrirsi: si mangia sempre di meno in quantità e varietà, perché il cibo
non dà piacere. “Alla base di tutto c’è una componente ansiosa: può essere indotta dall’ambiente
familiare, con genitori molto apprensivi
che soffrono di disturbi alimentari, oppure accompagnarsi a preesistenti
disturbi autistici, ossessivi o di attenzione. E’ chiaro quindi perché sia
importante differenziare anoressia e Arfid: la terapia psicologica di
quest’ultimo disturbo punta soprattutto alla cura dell’ansia”. Se un bambino mostra problemi costanti col cibo,
che si estendono a sempre più alimenti,
è fondamentale portarlo da un pediatra per una valutazione della sua crescita
in base alle curve standard. “Mai fidarsi solo del proprio giudizio. Se si
scopre un arresto di crescita andare
subito da un nutrizionista, che, se ritiene sia Arfid, prescriverà integratori
alimentari, per evitare danni alla salute, e indirizzerà a uno psicologo per
una terapia, sia individuale che familiare”.
Alex Saragosa – Scienze – Il Venerdì di Repubblica – 30
settembre 2016 -
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