Credevo che dopo la
guerra non avrei più vissuto tempi tanto terribili. Invece a87 anni mi ritrovo
in tempi ancora più tristi e pericolosi. Crisi economica, politica, sociale,
religiosa. Guerre in tutto il globo, terrorismo, delinquenza, miseria, fame.
Tanta sofferenza per qualcosa che non vale niente: il denaro. E’ assurdo che
miliardi di persone soffrano per fame, per malattie solo perché non hanno
denaro, mentre l’1% ne possiede per cento altre generazioni.
Annibale Mirolo annibale.mirolo@virgilio.it
Che Cos’è Il Denaro? Aristotele diceva che con esso non si
può costruire una ricchezza, perché il denaro non è un bene, ma il simbolo di
un bene, e con i simboli non ci si arricchisce. I greci antichi chiamavano il
denaro “nòmisma” e “nòmos” la legge. Il denaro non ha infatti un valore in sé,
ma in virtù di una legge ch lo istituisce, in forza della quale il denaro ha una
circolazione e un “corso legale”. Oggi la finanza scambiando denaro con denaro,
produce una ricchezza decisamente superiore a quella che si può ottenere
lavorando con i beni prodotti dalla terra o dall’industria. Il denaro, simbolo
del bene, diventa più importante dei beni. Nel Vangelo di Luca (6,35) leggiamo:
“ Mutuum date nihil inde sperantes”, date in prestito senza sperare niente.
Nell’Occidente cristiano, ditelo alle banche, molte delle quali, tra l’altro,
portano nomi di Santi…Eppure, durante la sua storia, il denaro è stato anche
uno strumento di liberazione perché, nel regime feudale, dove il servo doveva
consegnare l’intero suo tempo e l’intera sua esistenza la signore,
l’introduzione del denaro ha reso possibile oggettivare i rapporti personali:
il servo non doveva più mettere a disposizione del signore l’intera sua vita,
ma solo la sua prestazione in cambio di una remunerazione. (..). A partire dal
denaro, divenuto il generatore simbolico di tutti i valori, si cominciò a
considerare le persone esclusivamente in quanto produttori e consumatori,
annodati in un circolo viziosissimo per cui se non si consuma non si produce e
se non si produce crescono la disoccupazione e la povertà in generale. (..) .
Se la moda incentiva i consumi, la pubblicità incentiva la produzione non solo
di merci, di cui siamo più o meno saturi, ma di bisogni. Perché anche i
bisogni, veri o fittizi che siano, sono soggetto di produzione, come dimostra
il fatto che la pubblicità prima induce il bisogno e poi offre la merce per
soddisfare il bisogno che ha indotto. Ma non è sufficiente. E’ necessario che i
prodotti si consumino il più rapidamente possibile, al punto che la data di
scadenza non l’hanno solo gli alimentari, ma tutte le cose. In due modi: il
primo, quando un pezzo si rompe e ti dicono che non vale la pena di ripararlo
perché ti costa più o meno come un apparecchio nuovo; il secondo con i prodotti
elettronici, che hanno inserito il principio di autodistruzione e si estinguono
da soli dopo un certo tempo. C’è chi se la prende con i filosofi nichilisti
senza accorgersi che in pieno nichilismo viviamo, se il rapporto di
produzione-consumo che regge il mercato prevede che tutte le cose siano portate
al nulla nel tempo più rapido possibile. E tutto questo per produrre denaro
che, da mezzo, è diventato il fine di ogni nostro agire, al punto che anche le
cose più eccelse, più sublimi, più spirituali, come possono essere le opere
d’arte, anche loro diventano tali solo se entrano nel mercato. Il quale, al
pari di un dio, le carica di quel valore di scambio, che, spiegava Marx, a
differenza del valore d’uso, è in grado
di produrre denaro. Altri valori in circolazione non se ne vedono, per cui
anche la nostra percezione del mondo cambia, perché più non riusciamo a
riconoscere che cosa è giusto, che cosa è buono, che cosa è vero, che cosa è
santo, ma solo che cosa è utile. E non solo la nostra percezione, ma anche il
nostro pensiero subisce una pesante limitazione, riducendosi, come scrive
Heidegger, al pensiero che “sa fare solo di conto” (“Denken als rechmen”).
umbertogalimberti@repubblica.it
– Donna di Repubblica – 15 Ottobre 2016
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