Etichette

mercoledì 26 ottobre 2016

Lo Sapevate Che: Quando Dario Fo insegnava agli studenti l'Arte di cambiare il Mondo



I fascisti di San Babila lanciavano sassi, organizz<v<no spedizioni e sfasciavano vetri della Palazzina Liberty, quasi ogni settimana. Gruppi di ragazzi volontari si mettevano a lavoro all’uscita da scuola e riparavano i danni. Così ho conosciuto Franca Rame e Dario Fo. Sempre affettuosi, gentili, allegri. La ricompensa per il lavoro era di poter assister agli spettacoli  in posti buoni, nella bolgia della palazzina. Era la Milano degli anni Settanta, dura e bellissima, appassionata di tutto, non soltanto di politica, ma di teatro, di cinema, pittura, architettura, design, editoria, giornalismo. Dario Fo ne incarnava l’anima come nessun altro. Era un uomo rinascimentale, innamorato di qualsiasi forma di espressione artistica, dal canto alla pittura, dal teatro alla letteratura, e la palazzina era la sua bottega. Quello che Giorgio Bocca chiamava l’eterno fascismo italiano, che si alimenta di di un antico risentimento servile, odiava in Fo proprio questa curiosità e libertà assoluta, assai più delle prese di posizione politiche. Che poi non erano politiche, almeno nel senso corrente del termine. Dario era un utopista e ha creduto che il proprio bisogno di utopia si potesse  identificare in un progetto politico, uscendone ogni volta deluso, prima dal partito comunista, poi dalla sinistra radicale, infine dal Movimento  5 Stelle. In realtà l’unico luogo dove la sua utopia poteva realizzarsi davvero era la scena. Il teatro, la satira, la sua irresistibile risata che reinventava il mondo. Parlare di politica con Fo, anche quando viaggiava per i novanta, era parlare di progetti. Come rendere vivibili le periferie metropolitane, organizzare il futuro energetico, come ricucire il magnifico territorio devastato dalle speculazioni, quali nuovi lavori creare per i giovani che non hanno lavoro. Lui aveva un progetto per tutto. Era insomma una vacanza dalla politica  vera, professionale, che ormai non ha un progetto per nulla. Si limita ad approvare quello che accade, oppure a rimpiangere il passato, cancellando un poco alla volta diritti che sembravano acquisiti, con la pretesa per giunta di far passare queste regressioni per una luccicante modernità. Massì, basta scuola e sanità pubbliche, diritti garantite, salari adeguati, conquiste ottenute con secoli di lotte. Meglio ancora prendere posto nel buio di una sala di teatro, uno dei pochi luoghi dove ancora si possa sognare di cambiare il mondo.
Curzio Maltese – Contromano – Il Venerdì di Repubblica – 21 Ottobre 2016 -

Nessun commento:

Posta un commento