Amato (Dalla Grande
Maggioranza di chi
l’ha frequentato) e odiato (da una minoranza). Capace, come poche altre
“istituzioni”, di suscitare passioni forti, positive o negative. E,
soprattutto, italianissimo. Se ci allontaniamo dai grandi racconti, risulta
possibile individuare nel liceo una sorta di mito di fondazione di questa
nostra nazione. Il liceo è stato a lungo – almeno fino a che è stato risparmiato dalla inesauribile
frenesia riformatrice o contro riformatrice di certi ministeri della Pubblica
istruzione e dei loro tecnici – strutturato secondo una precisa formula
pedagogica (sistematizzata da Giovanni Gentile, ma in verità disegnata nel suo
impianto liberale in età giolittiana). Mettiamo tra parentesi la guerra “di
religione” tra liceo classico e liceo scientifico di antico ordinamento, come
pure la visione conflittuale che oppone un modello rigido di cultura umanistica
a uno di cultura scientifica, ambedue vetusti nella sua assolutezza e bisognosi
di contaminazioni reciproche, anche se dalle nostre parti si sconta ancora una
radicata diffidenza nei confronti dei saperi tecnici ed empirici. Facciamo,
quindi, una forzatura e adottiamo una prospettiva unitaria, spalmando questa
“condizione liceale” lungo decenni, fino ai giorni nostri. Ci accorgeremo così
agevolmente del fatto che, passano gli
anni e si accavallano le “riforme”, ma il suo fascino resiste
sostanzialmente intatto. D’accordo, si tratta do un mito “minore” e “in
seconda” rispetto ad altre mitopoiesi più solenni, ma assolutamente trasversale
a quel che resta delle ideologie e ai credi, e ben presente a tutti quanti gli
italiani e le italiane, specie coloro che l’hanno vissuto in prima persona:
Palestra di studio e, ancor più, luogo dell’anima e forma di apprendistato alla
vita che, non a caso e a vario titolo, ritorna ciclicamente nei prodotti
dell’industria culturale nazionale e nell’immaginario collettivo. Con un
elenco, anche in questi ultimi tempi, che si è rivelato nutrito, tra fiction
cinematografiche e e serial televisivi, partendo dall’archetipo più recente di
questo filone, Notte prima degli esami,
capostipite di un genere e all’origine di vari sequel e spin off. Perché
l’italiano, alla fin fine, è sempre (o molto spesso) quel Compagno di scuola cantato da Antonello Venditti; e, gira e rigira,
sovente proprio lì ritornano la sua memoria e auto percezione, come ci racconta
il fiorire di mille “cene di classe” (scolastica, appunto, non certo sociale…)
coi ritrovamenti propiziati, a distanze ultradecennali, da Facebook e dai
social. (..). In buona sostanza, il liceo rappresenta una solida pietra miliare
nel mare sempre tempestoso di quella cosa sfuggente e problematica, controversa
e mai davvero pacificata, che è la nostra identità collettiva. Del loro liceo
gli italiani si fidano e vi si aggrappano nel naufragio generale di questi
anni. Perché il suo progetto educativo prevede, fondamentalmente, due pilastri
–studiare sodo e cercare di sviluppare il pensione critico – cui oggi potremmo
aggiungere: provare a far sollevare ai ragazzi lo sguardo dai loro schermi
digitali. E scusate se è poco in un sistema-Paese nel quale, troppo spesso, a
farla da padrone sono la scorciatoia “fancazzista” e l’ossequio conformista.
Insomma, un’isola di civiltà (alfabetica) nella fittissima giungla
dell’egemonia sotto culturale e dell’incultura dilagante. E’ un tassello del
made in Italy di cui essere orgogliosi, che nel resto d’Occidente, non per
caso, guardano con ammirazione. E sarebbe bene che la politica lo tenesse nel
dovuto conto. Insieme al dato di fatto che non esiste un avvenire migliore per
una comunità senza il riconoscimento (coi fatti, non solo a parole) della
centralità dell’istruzione e della scuola.
Massimiliano Panarari – Opinioni – Donna di Repubblica – 22
Ottobre 2016 -
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